ALBO 248 - IL LICANTROPO DI MATERA

Novembre 2020

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  1. Gallowmere
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    Un altro albo Giusfredi "doc", tanta (troppa) carne al fuoco, belle idee e belle scene non del tutto amalgamate, ritmo sbilenco tra una prima parte che impiega troppo a ingranare (bisogna aspettare pagina 50 solo per far arrivare Harlan & Co. sul posto) e una seconda dove si accalcano troppe svolte.

    Parto dalle cose che non mi sono piaciute: in un racconto così affollato di spunti, l'inclusione di Stuart con i suoi incubi toglie spazio vitale e non ha la minima attinenza col resto del contenuto (oltre a non aggiungere nulla). Ci sarà tempo un giorno, forse, per esplorare il lutto di Stuart per Duncan, ma non era questo l'albo giusto. L'impressione è che sia stato incluso solo perché era presente in "Mal di luna" (altrimenti perché fargli fare un tour che capitava proprio da quelle parti proprio in quel momento quando c'erano mille altri modi per portare Harlan dentro alla storia? Non ultimo il fatto che, sorpresa, ci sono di mezzo pure i vampiri).

    Per quanto riguarda il punto tra parentesi, mi ha sorpreso l'inclusione dei vampiri in una storia che altrimenti rischiava di risultare una sorta di remake di "Mal di luna" e basta, e ho apprezzato che fossero collegati a Vrana (è raro vedere ripresi Maestri non creati da Boselli o Colombo). Però anche qui, da un certo punto in poi, per me gli eventi si avvicendano in maniera troppo trafelata.
    E prima salta fuori la backstory del padre di Mosé che diventa una specie di Joker vendicativo che forse è l'assassino, ma no, invece sta dormendo e si sveglierà solo col sangue, anzi no, si sveglia anche senza il sangue quindi forse è lui l'assassino, poi Kurjak colpisce proprio il pendaglio che chiude la porta quindi Stuart deve tornare apposta solo per portare l'altro pendaglio per aprire una porta, mentre nel frattempo il padre di Mosé non è l'assassino (ma la suspense a riguardo dura lo spazio di 5 pagine). Senza contare il finale ultra-rapido in cui muoiono in un lampo padre, figlio e manate del figlio.

    Per quanto riguarda i punti positivi: mi piace la "poetica" freak di Giusfredi (già rilevabile nel trattare il personaggio del non-morto Gabo nelle storie di Henzig), mi piace come ha delineato il personaggio di Mosé (la cui origin story mi ha ricordato quella del Pinguino in versione di Tim Burton) ed è di sicuro impatto la sua storia nei flashback, soprattutto la scena con il nazista. E mi piace che voglia provare ad insegnare a Giulia a controllare la bestia che è in lei. Anche se questo aspetto è sacrificato al voler mantenere il """mistero""" fino all'ultimo, quando forse sarebbe stato pure più interessante, almeno per me, sviluppare maggiormente questo rapporto tra "mostri".
    Anche il finale in cui muoiono tutti , specie Mosé abbracciato a Giulia, ha un suo perché, limitato però dalla frettolosità dell'esecuzione (lo stesso appunto lo avevo fatto per la morte di Gabo).

    Un paio di cose generali, non riferite nello specifico a quest'albo.

    Dovrei rivedere in sequenza i volumi disegnati da Fortunato, ma mi sembra che col tempo abbia smussato quel suo caratteristico modo di disegnare gli occhi.

    Poi, forse è solo un'impressione, ma mi sembra di aver notato, forse nell'ultima ventina di volumi (forse un po' di più) una maggior disinvoltura nell'usare parolacce nei dialoghi. Non so se sia un caso o se sia invece un consapevole cambio di rotta.
    Ma nel secondo caso sarebbe un "suggerimento" editoriale o forse prima di una certa data c'era una certa politica a riguardo che poi è venuta ufficialmente meno garantendo agli sceneggiatori un po' più di libertà in tal senso?
     
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24 replies since 3/10/2020, 17:31   1127 views
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