Inchiostro

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  1. hatter in chains
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    Inchiostro


    Una notte qualunque.
    Una notte inutile.
    Di quelle con una strada, un’insegna ed un motel.
    L’originalità non era mai stata assidua frequentatrice del deserto.
    Una notte a cui anche la luna aveva disertato.
    I coyote, in ossequio alla loro grande madre, rimanevano immobili e inquieti nelle loro tane.
    Sabbia e polvere celebravano il loro matrimonio inseguendo avidamente un vento senza nome mentre l’oscurità osservava con maligna indifferenza i suoi avventori, intervenuti in una nuova rappresentazione delle loro effimere esistenze notturne.
    L’auto entrò nel parcheggio, lacerando il silenzio che vi aveva preso dimora; il conducente ispezionò rapidamente la zona con lo sguardo, annuì e spense il motore.
    Il piccolo spiazzo poteva contenere circa una decina di auto, oltre alla sua se ne contavano altre quattro, tutte senza nessuno a bordo, tutte con l’aria di non muoversi da giorni.
    Il motel rimaneva avvolto nell’oscurità.
    Gli unici lampioni assegnati a quei metri quadri di cemento sembravano bruciati, l’alternativa era che nessuno si fosse preso la briga di premere l’interruttore giusto per quella notte; le veci le facevano le incerte e tremolanti luci al neon dell’insegna: uno spettrale verde fosforescente che ricordava da vicino il colore di buffe fughe radioattive viste in un cartone animato alla tv via cavo.
    L’uomo si diresse rapidamente verso la porta d’entrata, la sua voglia di fumare aumentava ad ogni passo, ma era per lui indispensabile essere certo di cosa si sarebbe trovato davanti.
    I suoi stivali, che da tempo avevano smesso di ricordare il loro colore originario, lo annunciarono all’interno della stanza meglio di qualunque campanello tintinnante, rompendo nuovamente la tregua con il silenzio.
    La reception era deserta, tranne che per quello che rimaneva dell’uomo che in tempi piuttosto recenti doveva aver lavorato dietro il bancone.
    Era stato stipato nei ripiani sotto la grande scrivania.
    La prima cosa che saltava all’occhio era che a quel corpo mancavano almeno un paio di braccia ed un paio di gambe.
    Il lavoro sembrava essere stato eseguito in tempi piuttosto recenti, forse proprio dagli stessi proprietari delle auto posteggiate di fuori, che a quanto pareva non sentivano il bisogno di nascondere le proprie tracce.
    Il corpo era stato letteralmente masticato.
    Aveva proprio voglia di una sigaretta. Il pacchetto sul suo cruscotto doveva essere ancora pieno per metà. Stava cercando disperatamente di smettere, dove poteva portarlo un vizio del genere?
    Alla tomba? Pessimo esempio.
    Il cigolio di un cardine fu un ottimo diversivo per porre fine alla questione; arrivava dal piano superiore, dove erano sistemate le stanze da letto di quella piccola oasi in mezzo al deserto.
    Mentre saliva le scale, iniziò mentalmente la conta di quanti proiettili gli rimanevano dopo i suoi ultimi incontri…cercare di recuperare quelli in macchina era fuori discussione, dalle ombre che riusciva a intravedere dalla finestra doveva già essere stato fiutato dai nuovi proprietari del motel…e pensare che in macchina c’erano pure le sigarette…
    “Il fumo nuoce gravemente alla salute.”
    “Il fumo provoca tumori.”
    “Il fumo uccide.”
    Tutti ottimi argomenti, degni della massima attenzione per una persona responsabile.
    Era davvero inutile negarlo.
    In quel cruscotto c’era un vero e proprio tesoro.
    Quando tutto era cominciato aveva sempre pensato che per quel tipo di lavoro servissero munizioni e armi speciali, del genere che vedi in un bel B-movie zeppo di sangue e cadaveri a fiumi, in mano all’eroe mangiamerda di turno; l’esperienza gli aveva insegnato che occorreva soltanto una buona mira, e decisamente nemmeno la migliore delle pistole.
    Le porte delle stanze erano tutte chiuse meno l’ultima, quella in fondo al corridoio.
    Chiunque stesse sceneggiando quegli istanti della sua vita non doveva aver lavorato molto di fantasia nell’aggiornare il copione.
    Sentiva che la calma apparente presto sarebbe stata sgretolata da ciò che si nascondeva in quella camera con la porta socchiusa.
    Il corridoio puzzava di muffa e fiori appassiti, la polvere nei mobili stava ormai vincendo la sua battaglia contro ogni superficie, ma quello per cui valeva davvero la pena di compilare un modulo di reclamo per il personale delle pulizie era il sangue che riempiva le pareti, letteralmente imbevute e possedute da un lisergico arazzo di schizzi e fiotti impazziti, opera di un pittore con una selvaggia follia come unica fonte di ispirazione.
    Ormai poteva sentirli respirare, un respiro affannoso, martellante, convulso, il respiro di belve feroci incapaci di dominare i propri istinti di fronte a sanguinari e primordiali desideri resi incontrollabili da un’atavica e cieca maledizione.
    Dentro la stanza.
    Riversi sopra un corpo ormai a brandelli.
    Quelle che un tempo erano state persone, normali esseri umani capaci di provare sentimenti, emozioni, di avere una coscienza, si voltarono rapidamente verso quella che per loro rappresentava una nuova preda: ora lo stavano fissando con occhi in cui era morta ogni espressione, con gli sguardi sfigurati dal sangue e dalla pelle della loro ultima vittima…

    Tutto era cominciato un bel giorno di qualche anno prima, quando una fetta considerevole di popolazione mondiale aveva iniziato letteralmente a dare i numeri: il cannibalismo e la violenza erano dilagati come una qualsiasi malattia infettiva: la popolazione rimasta immune a quel contagio si era rifugiata nelle grandi città, abbandonando i piccoli centri abitati, abbandonando i propri simili “impazziti” nelle zone più isolate, come branchi di animali selvaggi e imbizzarriti da tenere a rigorosa distanza di sicurezza…
    I governi, come spesso accade nella realtà di tutti i giorni, si erano mossi con notevole ritardo e in maniera totalmente inadeguata per affrontare ciò che stava accadendo: le associazioni umanitarie si batterono per contrastare il fenomeno della “caccia ai contagiati”, che venivano fatti oggetto di spietate esecuzioni da parte dell’esercito per tentare di arginare il fenomeno e limitarne il raggio d’azione. Per gli scienziati lo studio di quest’ultimo divenne una priorità assoluta e fu così che nacquero i cacciatori di teste: uomini disposti ad accettare ingaggi che prevedessero l’uso della forza contro altri esseri umani, al solo scopo di fornire alla scienza il materiale per trovare la chiave ai tanti interrogativi…nacquero così mercati sotterranei di schiavi dove tutto era in vendita: braccia, teste, mani, piedi, organi…qualunque parte del corpo di un contagiato veniva pagata bene da chi cercava risposte…

    Aveva abbattuto facilmente i primi tre, quelli dentro la stanza, ma la situazione ora si era complicata. Gli spari avevano attirato gli zombie che stazionavano fuori dal motel, il gruppo aveva appena sfondato la porta d’ingresso e stava ora cercando di raggiungerlo in cima alle scale; l’uomo raccolse rapidamente da terra la sacca con i suoi trofei: le tre teste che aveva appena tagliato avevano un prezzo di mercato che stava rapidamente salendo e con quelle che aveva messo da parte negli ultimi mesi poteva dirsi quasi pronto per andare in pensione…
    Sparò altri colpi ai primi bersagli che spuntarono dalle scale; ormai era chiaro che in quel motel c’era un vero insediamento, sembravano ne stessero salendo a decine, la porta d’ingresso era compromessa e non era il caso di fermarsi ancora per un censimento più approfondito…
    La finestra della stanza dava sul retro, era l’unica salvezza; il salto dal primo piano non lo spaventava, l’alternativa che lo aspettava in corridoio era ben peggiore, il passo successivo sarebbe stato raggiungere la sua auto…fu allora che scopr


    Depose la penna sopra il foglio e si accese una sigaretta.
    Alla radio l’inconfondibile voce di Johnny Cash stava cantando qualcosa a proposito di fiumi e di vite pericolose, accompagnata soltanto dalle corde di una chitarra antica.
    Il suo romanzo stava venendo piuttosto bene; aveva trovato una certa regolarità nello scrivere, riusciva a sentire dentro di sé le parole che prendevano forma, nitide e pulsanti, passando rapidamente dalla sua penna alla carta.
    Laika, la piccola cagnolina che apparteneva alla padrona della casa, se ne stava placidamente distesa sul tappeto del soggiorno; alzò soltanto per un attimo il muso, annusò l’aria e si rimise a dormire.
    Non era male quel posto. Di giorno si rilassava sul bordo della piscina del piccolo B&B, leggendo qualche tascabile e ascoltando dei vecchi successi alla radio, di notte combatteva l’insonnia lavorando alla sua piccola opera incompiuta.
    Dalla sua finestra poteva vedere tutte le montagne che circondavano la vallata, rischiarate dall’opalescente riflesso della luna piena.
    Sapeva di non avere particolare talento. Per certe cose costanza e applicazione non bastano; molti tra i suoi scrittori preferiti avevano fatto tesoro delle loro esperienze, soprattutto di traumi e tragedie che avevano costellato la loro vita traendone ispirazione per i loro lavori…La sua era stata una vita felice, fatta di semplicità e piccole gioie quotidiane, tanto che a volte, pensando a questo, quasi se ne dispiaceva…
    La sua vacanza in ogni caso stava per finire.
    Si alzò e uscì in veranda.
    Osservando le montagne fu colto da una punta di velata malinconia; una birra era quello che serviva per respingerla in maniera adeguata.
    Rientrò, scese in cantina, si avvicinò al congelatore e lo aprì: accanto alle birre giacevano immobili anche i suoi trofei, sedici teste umane avvolte in pellicola trasparente.
    Oggi si era procurato il camion per effettuare il trasporto.
    La città era vicina ormai, presto sarebbe stato tempo di riscuotere.
     
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  2. CarDestroyer
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    Dunque, temo di aver superato la deadline per leggere i lavori più vecchi, ormai :D , ma di questo mi sono imposto di leggere l'incipit, e poi il resto è venuto da sé, per cui posso già dirti che mi è piaciuto, che scorre e invita a scoprire cosa accadrà dopo.
    Dubbioso il colpo di scena finale:
    SPOILER (click to view)
    Non sono sicuro di aver apprezzato l'interruzione a metà scena e metà parola, grazie all'espediente dello scrittore. Tuttavia, a una seconda analisi credo dipenda dal fatto che non capisco come funziona la scena finale. Cioè: lui si trova in un B&B presumibilmente abitato e funzionante, ma ha ben 16 teste pronte, e dice di dover arrivare in città per riscuotere :wacko: Credo sarebbe, sebbene tecnicamente spiacevole, spiegare meglio questo particolare, perché io ho il dubbio che il tipo sia un normale killer.

    La tua prosa è asciutta e funzionale, non ci sono descrizioni ridondanti (Fantasy style :sick: , per intendersi), il lessico è adeguato, il personaggio ben delineato, c'è pathos e sense-of-wonder. L'unico appunto che ti faccio è di rivedere meglio gli aggettivi, meglio se li riduci un po'.
    Il giudizio finale (leggi inizio post) è ben più che positivo! :)
     
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  3. hatter in chains
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    Dunque, l'idea di base del il colpo di scena finale è che
    SPOILER (click to view)
    scopriamo solo alla fine che il tizio sta raccontando fatti realmente accaduti a sé stesso dopo che l'interruzione lasciava intendere che stesse semplicemente inventandosi la scena, nella parte in cui scrivo "Per gli scienziati lo studio di quest’ultimo divenne una priorità assoluta e fu così che nacquero i cacciatori di teste: uomini disposti ad accettare ingaggi che prevedessero l’uso della forza contro altri esseri umani, al solo scopo di fornire alla scienza il materiale per trovare la chiave ai tanti interrogativi…nacquero così mercati sotterranei di schiavi dove tutto era in vendita: braccia, teste, mani, piedi, organi…qualunque parte del corpo di un contagiato veniva pagata bene da chi cercava risposte…" motivo le teste nel freezer, lui è in un B&B funzionante, ma sostanzialmente deserto in quanto "la popolazione rimasta immune a quel contagio si era rifugiata nelle grandi città, abbandonando i piccoli centri abitati, abbandonando i propri simili “impazziti” nelle zone più isolate, come branchi di animali selvaggi e imbizzarriti da tenere a rigorosa distanza di sicurezza…" quindi lui si troverebbe in sostanza in una zona "di caccia", effettivamente si potrebbe chiarire meglio, forse allungando il tutto...grazie della pazienza e del commento, ora aspetto anche l'altro racconto... ;) :D
     
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2 replies since 21/3/2010, 17:41   85 views
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