Racconto Fantasy-L'Ultima Guerra

Lunghetto ma spero piaccia ^^

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  1. Zellos
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    Sto per aprire un blog per la serie di racconti (brevi o a puntate) che scribacchio per passare il tempo ma già che ci sono posto anche qua il primo capitolo ^^

    Il rumore di un mercato, i suoi odori e i suoi sapori erano la prima cosa ad averla svegliata: sentì distintamente una lingua a lei incomprensibile giungerle all'orecchio, mentre veniva trasportata.
    Cercò di fare mente locale, ricordare dove fosse e perché qualcuno stesse portandola in quel modo: niente, non ricordava nulla, neppure il suo nome.
    Eppure molti altri ricordi gli si affacciavano alla mente: era un’esperta scassinatrice, l’esploratrice perfetta per i dungeon pieni di ricchezze e pericoli. Ricordava perfino la geografia di Kuween.
    Ricordava perfettamente di avere i capelli biondi e gli occhi verdi, così come di essere una mezz'elfa. Ricordava di essere una bellissima donna, oltre ad essere un po' troppo esagerata sull'argomento.
    Eppure, chi fosse e come si chiamasse le sfuggiva completamente; oltretutto un forte mal di testa non la aiutava certamente nei suoi pensieri. Aprì leggermente gli occhi, cercando di non farsi vedere, per osservare meglio colui che la stava trasportando in spalla e la persona con cui stava discutendo.
    Entrambi, a differenza di molti dei mercanti, stavano parlando nella lingua comune, anche se quello che la stava trasportando aveva una pesante inflessione del Nord; l'altro invece parlava senza accenti di sorta, con una voce calma e bassa: se il ghiaccio avesse avuto una voce, probabilmente sarebbe stata quella.
    Aprì ancora un poco di più gli occhi con circospezione, notando che la figura accanto a quella dell'energumeno tutto schiena che la portava indossava uno strano mantello a scaglie sul verde scuro, con delle strane decorazioni che non riuscì a inquadrare bene, visto la posizione da cui guardava, oltre al modo in cui lo faceva.
    Nel mare dei pensieri che le turbinava nella testa in quel momento, le venne in mente di controllare se fosse ferita o legata: per prima cosa provò a muovere leggermente le gambe e i polsi, capendo oltre ogni dubbio di esser priva di ceppi, manette o altri tipi di impedimenti; chiusi nuovamente gli occhi inspirò ed espirò più profondamente per alcuni secondi, serrando contemporaneamente i muscoli dell'addome: nonostante continuasse a essere un poco intontita a causa dell'emicrania, sembrava non aver subito alcuna ferita o percossa.
    Proprio mentre stava iniziando a pensare di compiere un balzo e scappare in mezzo alla folla, l'energumeno che la teneva si fermò improvvisamente.
    <<dovrebbe essersi già svegliata... Forse la pozione dello gnomo agisce diversamente a seconda della tempra di colui che la ingerisce. >>
    La voce fredda aveva nuovamente parlato: chiuse gli occhi e cercò di respirare nella maniera più calma possibile, come se stesse dormendo.
    Poco dopo, un freddo guanto d'arme le toccò prima una guancia, poi le afferrò il mento. Poi, con poca cavalleria la prese a schiaffi non forte, ma con fermezza, come quando si cerca di far rinvenire una persona svenuta.
    La rudezza dell'approccio la fece uscir fuori dai gangheri: spalancò gli occhi e iniziò a urlare infuriata muovendo sia le braccia che le gambe, sperando di essere lasciata andare.
    Di lì a poco, venne fatta cadere per terra poco cavallerescamente.
    <<pare che ti sia svegliata alla fine. Ricordi il tuo nome?>>
    Presa in contropiede dalla domanda che le giunse come una brusca secchiata d'acqua gelida, si calmò e fece un cenno negativo del capo, a enfatizzare la sua risposta negativa.
    <<non sai neppure perché sei qui nel Alrathy, vero?>>
    Il sapere dove fosse finita per qualche attimo le fu d'aiuto a pensare in maniera più calma, anche se a pensarci meglio non era stata parecchio fortunata.
    <<nell’Alrathy?Fra tutti i buchi in cui potevo finire, proprio in questo posto dimenticato dagli dei?!>>
    L’uomo in armatura sembrò far poco caso alle sue parole, mentre si guardava intorno: sembrava assorto nei suoi pensieri.
    Per lei poteva essere l'occasione della sua vita per lasciare i due strani individui e scappare per riordinare le idee. Come se l'uomo in pesante armatura avesse letto i suoi pensieri, si voltò verso di lei per parlarle.
    <<come ho già detto anche a lui, vi ho comprato da uno schiavista gnomo che ha il suo serraglio di avventurieri poco più avanti... >>
    Iniziò così, indicando l'enorme uomo che finora l'aveva trasportata come un sacco di patate.
    Un maremoto di pensieri attanagliò la sua mente, mentre iniziava a ricordare confusamente di esser stata catturata da alcuni uomini, ma non ricordava né dove, né quando. Mentre parlava, l'elmo con una serie di strani schiocchi si aprì seguendo un’invisibile linea mediana e poi fluì dentro il resto della scura armatura completa. Adesso poteva guardare meglio entrambi.
    Quello che l'aveva trasportata era un uomo immensamente alto, con una muscolatura possente; i capelli erano completamente rasati, così come il volto; un sorriso, a una prima analisi un poco stupido, incorniciava il volto non certo bellissimo: sembrava il tipico barbaro delle tribù della Dorsale del Mondo, o persino più a nord. Forse aveva una trentina d'anni, ma era difficile determinarlo perché il clima duro dei gelidi ghiacciai da un lato invecchiava, ma d'altra parte manteneva in forze anche i vecchi.
    L'altro invece era molto particolare: sempre molto alto, anche se non quanto l'altro, nonostante indossasse un’armatura completa finemente (e macabramente) ornata aveva più l'aspetto di uno studioso di qualche tipo, forse un mago, rispetto a quello di un guerriero.
    Il volto era ricoperto di molteplici tatuaggi, uno sinuoso e disegnato secondo l'arte di decorazione magica Alrathyana, gli altri invece in uno stile diverso, spiraleggiante e più ordinato. Portava i baffi e il pizzetto, ben fatti e ben tenuti, e i lunghi capelli corvini e lisci erano tenuti liberi senza acconciature particolari e gli arrivavano sino alla base della spina dorsale.
    La cosa che però la colpì maggiormente furono gli occhi: di un verde cupo, erano freddi e molto anziani, nonostante il giovane uomo apparisse meno che trentenne. Inoltre, anche se inizialmente le parve di avere le traveggole, sembrava che intorno alla pupilla, nel color smeraldo si potessero scorgere alcuni glifi di un giallo ben poco naturale, come se anche i suoi occhi fossero inscritti fittamente.
    Era forse uno degli uomini più belli che avesse mai visto, anche se sottilmente inquietante. Si era persa in quei pensieri ormai da qualche minuto, quando vide che l'altro aveva smesso di parlare ed era la osserva come lei stava facendo con loro.
    Per qualche secondo si fissarono, poi lei abbassò lo sguardo.
    <<come stavo dicendo, vi ho comprato e questo mi rende il vostro padrone. Sappiate innanzitutto che non potete allontanarvi da me più di trenta metri, altrimenti una scarica di dolore lancinante vi colpirà, potendo arrivare persino a uccidervi. >>
    <<a me lo avevi già detto. >> affermò il barbaro con voce potente, anche se non proprio brillantissima.
    Lei guardò un attimo il giovane attentamente, poi si guardò: addosso non portava i suoi vestiti, ne fu assolutamente certa, anche se non ricordava perfettamente come fossero, bensì una sottospecie di armatura di cuoio fatta più per mostrare le sue grazie che per proteggere. Dopo guardò nuovamente l'uomo in armatura
    <<non so che idee tu ti sia fatto quando mi hai comprata... >> l'intonazione sull'ultima parola era di disgusto neppure minimamente velato <<... ma io non faccio quelle cose neppure se costretta, piuttosto la morte.>>
    << Cavolo, col culo ti ritrovi io un pensierino lo avevo fatto!>> disse il barbaro per poi scoppiare in una grassa risata. Lei lo guardò male, mentre l'altro apparve semplicemente indifferente.
    <<per quello che possa esser utile, non ti ho comprato per quel motivo. Comunque, il mio nome è Zellos Na'Terim, soprannominato Scaglia Nera.>>
    La mezz'elfa sbuffò, per poi fare un’esagerata riverenza, quasi inchinandosi.
    <<peccato che io non sappia il mio nome, altrimenti vi saluterei come sarebbe confacente... >> disse, con tono falsamente educato, mentre il barbaro alle sue spalle si iniziò a grattare un poco la nuca.
    <<non lo ricordo neppure io il mio nome. Evidentemente non è importante!>> disse, per poi ridere. La ragazza lo guardò nuovamente male, ma non gli disse nulla. Era troppo indaffarata a cercar di capire in che guaio si fosse cacciata.
    <<a questo punto, fino al momento in cui non ricorderete i vostri, sarò io a darvi dei nomi...>> disse Zellos, rimanendo poi in silenzio per qualche secondo, giusto il tempo di pensarne due <<... Il tuo nome sarà Kursk, mentre il tuo Helena.>>
    E col tono di chi non ammette repliche, si voltò iniziando a incamminarsi verso le bancarelle, evitandone alcune e rimanendo attirato da altre.
    Per alcuni minuti il gruppetto rimase silente, ma alla fine fu la mezz'elfa a iniziare una nuova conversazione.
    <<ci hai detto il tuo nome, ma non perché ci hai comprato!>> disse, tutto di un fiato, come se temesse una qualche punizione al semplice pronunciare la domanda.
    Il mago non si voltò per risponderle, mentre esaminava alcune componenti alchemiche con attenzione, maneggiandole da esperto.
    <<ho bisogno di ogni aiuto possibile e mi é sembrata una scelta opportuna comprarne.>>
    Disse, mentre iniziava a passare ciò che desiderava comprare nelle mani del commesso della bancarella che iniziò a metterglielo sul piatto di una bilancia, posizionando strani pesi sull'altro.
    La risposta alquanto evasiva fece innervosire non poco Helena che, fissandolo in malo modo, iniziò a battere il piede ritmicamente. Dopo qualche altro minuto di silenzio, Zellos si voltò.
    <<che cosa vuoi ancora?>>
    Se fosse stato possibile creare magicamente un corpo simulacro dell'antipatia come emozione primigena, sicuramente quell'uomo sarebbe stato il risultato di tale esperimento arcano.
    Cercando di evitare di dargli soddisfazione arrabbiandosi, la mezz'elfa si morse un labbro e poi gli rispose. <<prima non mi hai risposto...per cosa ti serviamo? Se talmente antipatico che per formare un gruppo di avventurieri hai bisogno di comprarlo?>>
    Le ultime parole della frase sprezzante risultarono le uscirono titubanti dalla bocca perché sentì la cifra da pagare per le sostanze alchemiche, qualche centinaio di migliaia di monete d'oro: si aspettava prontamente che il mago iniziasse a vagliare cosa togliere dalla bilancia, quando questo, senza chiedere sconti o qualsivoglia incentivo all'acquisto, da un mantello che portava sul braccio estrasse un lingotto d'oro, poi un altro, un'altro ancora, finché i piatti della bilancia non furono pari.
    Con molti ringraziamenti ossequiosi il mercante iniziò a intascare i lingotti d'oro, rimirandoli attentamente, mentre Zellos iniziò a mettere i suoi acquisti in una piccola borsa tenuta aperta da Kursk.
    Non le aveva ancora risposto e stava cercando di riempire una borsa minuscola con talmente tanta roba che probabilmente sarebbe esplosa da lì a poco: il tempo però passò e la borsa continuava a essere riempita quasi non avesse fine o fondo.
    <<una borsa conservante...>> mormorò Helena quando si ricordò di cosa fosse quell'oggetto particolare, capace di trasportare persino un quintale di qualsiasi materiale o merce non pesando inoltre neppure più di un chilo.
    <<il mio aiuto gli serve perché sta per organizzare una guerra... Non é vero capo?>>
    A parlare fu il barbaro, che sembrava non aver intuito per come si comportava cosa volesse dire essere uno schiavo. All'espressione interrogativa e spaventata della mezz'elfa, Kursk le sorrise, come se le avesse dato una splendida notizia, cosa che la convinse ancor di più di aver di fronte a se uno sciocco.
    E forse anche un pazzo.
    <<una...una guerra?>>
    <<esatto, la più grande che si sia mai vista e combattuta su Kuween.>>
    La risposta del mago la spiazzò completamente per il tono: sembrava stesse parlando di andare ad acquistare al mercato qualche carabattola magica, come quella che stava maneggiando mentre le parlava, non di qualcosa di terribile come un conflitto armato in piena regola.
    <<mi stai prendendo in giro, o sei uno di quei maghi malvagi dei racconti dei bardi che vogliono conquistare il mondo perché hanno subito qualche torto o cavolate simili?>>
    Zellos si voltò per guardarla fisso negli occhi, la prima volta da quando erano parlati.
    <<non devo conquistare alcunché. Kuween è stata invasa dal signore del Zhang Jin, l'Imperatore Shang Fu Leng. Il suo esercito è pressoché infinito, forse è inarrestabile, inoltre vanta alleati molto potenti. Ma nonostante tutto deve essere fermato ad ogni costo...e io devo ucciderlo.>>
    La serietà delle parole lasciava pochi dubbi riguardo alla veridicità di quello che stava dicendo. Eppure sentiva che c'era qualcosa sotto, ma non riusciva a capire che cosa fosse: non avvertiva odio nelle parole del ragazzo, forse solo rimpianto.
    <<ma per quale motivo combatti? È per vendetta, o per altro?>>
    <<per la mia vita... E forse anche perché non voglio che quanto abbia fatto tre anni fa vada sprecato: non ho salvato il mondo perché venga conquistato e dominato da lui.>>
    Helena inarcò un sopracciglio a sentire quelle parole, stupita: aveva ricevuto troppe informazioni tutte insieme e alcune erano assurde.
    <<salvato il mondo? Poi, non lo so, sei anche un Dio in forma mortale magari.>>
    L'aria di strafottenza non gli mancava di certo, come neppure la battuta pronta: ancora una volta, il mago sembrò non cogliere l'insulto.
    <<tre anni fa, io e i miei compagni salvammo il mondo dall'Abominio, un essere che cacciava gli avventurieri per assorbirne le facoltà per diventare una creatura superiore. Nella decina d'anni in cui sono stato morto era riuscito così bene nella sua opera da portare al periodo conosciuto come il Crepuscolo degli Eroi.>>
    La situazione non andava certo a migliorare con questo, eppure il tono serio con cui diceva le sue follie le faceva quasi sembrare reali.
    Ma non poteva essere vero.
    <<così non solo hai salvato il mondo, ma sei anche ritornato dalla morte. Non diciamo assurdità.>>
    Si intromise a questo punto anche il barbaro, che si batté un pugno sul petto per dar maggior risalto alle proprie parole.
    <<sono fiero di poter combattere al fianco di un eroe.>>
    La mezz'elfa si sbatté la mano sulla fronte, sonoramente.
    <<non mi dire che credi a queste assurdità, sono solo stupidaggini!!!>>
    <<i suoi occhi non mentono.>>
    Lo sguardo e il tono serio di Kursk, di quelli che non ammettono repliche, furono come una doccia gelata per Helena che ne rimase interdetta: avrebbe voluto rispondere o controbattere, ma era senza parole. Per qualche secondo boccheggiò come se fosse priva d'aria e infine si riprese. Alzó le mani, come quando si fa vedere di essere disarmati e alzò le spalle.
    <<mi arrendo a questa follia. Sappi però che io non sono assolutamente utile in una battaglia: non ho mai usato un' arma in tutta la mia vita.>>
    <<e dire che con quel davanzale dovresti averne colpiti di uomini...>>
    <<kursk!!!>>
    La risata del barbaro risuonò di nuovo nel mercato, mentre il mago continuava incessantemente a cercare oggetti e quant'altro, comprando occasionalmente quelle che per la mezz'elfa erano semplicemente carabattole o cianfrusaglie.
    <<lo gnomo però mi ha detto che sei una maestra nelle arti dell'infiltrazione e dell'esplorazione... Mi ha forse mentito?>>
    Per un attimo la mezz'elfa rimase in silenzio, indecisa su come rispondere alla domanda: poteva negare, ma così forse lui l'avrebbe riportata dallo schiavista, che probabilmente l'avrebbe messa in ceppi, o drogata nuovamente.
    Alla fine, gli rispose, quasi con un sospiro triste.
    <<no, non ti ha mentito...>>
    <<allora non c'è alcun problema.>>
    Stavano ancora parlando, quando Helena sbatté contro una persona e per poco non perse l'equilibrio per l'impatto: quello che l'aveva colpita era un uomo abbastanza alto, sui sei piedi, vestito di un’armatura di cuoio borchiato e di un mantello di un verde scuro, pareva incrostato dal fango e dallo sporco.
    Dietro di lui c'erano altri quattro uomini, abbigliati similmente, ma in maniera ancor più povera: a differenza di lui, che pareva una persona poco raccomandabile unicamente per i capelli lunghi scarmigliati, i tratti affilati del volto e il sorriso sprezzante, quelli che lo seguivano parevano degli avanzi delle galere e dei mercati degli schiavi.
    <<stai attenta a dove metti i piedi, sgualdrina. Sai chi hai urtato?>>
    Pareva essere un maleducato non solo per il comportamento da prepotente.
    Helena sbarrò gli occhi a quelle parole: quel giorno era decisamente iniziato male e sembrava continuare peggio.
    Non aveva comunque voglia di litigare, visto che era disarmata, mentre i brutti ceffi parevano andare in giro con un'armeria visto l’ingente quantità di pugnali e spade corte che tenevano addosso. Fece finta di nulla, ma il capo di quei bravacci la afferrò per un braccio rudemente.
    <<devi chiedermi scusa. Basta un bacio bella e io,Razor , comandante della miglior unità mercenaria di stanza qui...>> disse, facendo un inchino mal fatto e goliardico ai suoi uomini <<...ti perdonerò immediatamente>>
    Detto questo avvicino lentamente le sue labbra alle sue, cercando di strapparle il bacio che le chiedeva. Non riuscì a divincolarsi, nonostante cercasse di farlo con tutte le sue forze e proprio nel momento in cui avrebbe iniziato a urlare, l'uomo si fermò.
    <<ma che cazz!>>
    Kursk afferró per la testa e alzò il mercenario da terra, tenendolo ben stretto: quest'ultimo immediatamente portò entrambe le braccia ad afferrare quelle del barbaro, per liberarsi dalla sua stretta, ma inutilmente. Così facendo liberò Helena, che immediatamente sgattaiolò dietro Kursk e poi dietro Zellos, allontanandosi da eventuali pericoli.
    Razor però, perse evidentemente le speranze di liberarsi da solo, iniziò a urlare ordini ai suoi sottoposti, imprecando prima e dopo.
    << Muovetevi, idioti che non siete altro, aiutatemi!>>
    Gli altri quattro estrassero immediatamente le armi, avvicinandosi minacciosamente.
    <<quattro contro uno con un braccio impegnato non è leale!>> iniziò a dire il barbaro, che finì per sorridere in maniera inquietante <<...sareste dovuti venire in di più per farcela.>>
    I quattro rimasero interdetti per un attimo, mentre lui fletteva il braccio libero assumendo una posizione difensiva: l'imponente bicipite guizzò pronto alla battaglia.
    Ma non ce ne fu bisogno perché alzando il braccio destro con aria imperiosa, Zellos si fece avanti: il guanto d'arme, di fattura diversa dell'armatura ebbe modo di notare la mezz'elfa, iniziò a essere percorso da inquietanti saette e folgori di un verde cupo, mentre un sinistro occhio si aprì sul guanto, posizionato sul dorso della mano, iniziando a scrutare i presenti.
    <<forse prima che vi uccida tutti è il caso di calmarsi, no?>>
    Furono le sue uniche parole e per quanto veloce i mercenari rinfoderarono le lame, parve di veder una scolaresca terrorizzata dalle ritorsioni di un precettore severo e crudele. Poi si voltò verso Kursk facendogli cenno di lasciar andare il prigioniero, che lui fece cadere immediatamente, per poi sputarsi sulla mano e strusciarla sulla tela di una bancarella di un mervato
    Il mercenario cadde pesantemente sull'osso sacro e imprecò sonoramente. Il mago avanzò di qualche passo, avvicinando il suo volto a quello di Razor, fissandolo negli occhi.
    <<ora che stai comodo, vorrei chiederti due cose: per prima cosa dimmi dove si trovino le compagnie mercenarie qui ad Shazarith...>>
    Razor resistette allo sguardo per qualche secondo, poi l'abbassò. Pochi secondi e sputò per terra.
    <<le altre compagnie mercenaria stanno fuori le mura... Ad alcune è stato impedito di entrare, altre invece si sono direttamente accampate fuori perché troppo numerose...o con troppo la puzza sotto il naso. Qual è l'altra domanda?>>
    Sembrava avere fretta il mercenario e quando si alzò in piedi sembrò essere anche nervoso, Kursk ogni tanto lo fissava, ma forse non era per quello.
    <<la seconda domanda è molto semplice: tu e la tua compagnia cosa sapete fare?>>
    La domanda prese alla sprovvista Razor, che riacquistò un poco di baldanza, gonfiando persino un poco il petto.
    <<siamo esploratori sopraffini, perfetti infiltratori: in pratica, se vuoi tendere agguati o scoprire come si muove qualcuno, facciamo al caso tuo!>>
    Aveva ancora il suo sorriso sprezzante sulla faccia, quando Helena iniziò a parlare con parole dure come la pietra pronte a demolirglielo.
    <<che sonora cavolata! E dire che sono bugiarda anche io. Non gli credere, é un buono a nulla... >> disse e mentre l'altro, rosso di rabbia, stava quasi per iniziare a urlargli contro, fece vedere che dietro la schiena aveva una delle sue spade: gliela aveva rubata quando il mercenario l' aveva afferrata per rubarle un bacio.
    <<...uno che non si accorge di non aver neppure più una delle sue armi è solo un incapace.>>
    Alla conclusione della mezz'elfa parve quasi che sarebbe seguito il crollo per colpo apoplettico del mercenario, che era talmente furibondo da non riuscire più a parlare.
    Il barbaro inoltre scoppiò a ridere, una profonda risata che lo costrinse a dover appoggiarsi a un muro per quanto durò.
    Alla fine il mago, dopo aver guardato i suoi due schiavi, mise una mano nella tasca interna del mantello e poi gettò a terra delle monete d'oro.
    <<grazie delle informazioni>> fu l'unica cosa che disse, poi si voltò incamminandosi per i cancelli cittadini, mentre Razor e i suoi uomini si gettavano a terra quasi prendendosi a botte per le monete lanciategli.
    Si allontanarono velocemente, incamminandosi per alcune stradine gremite di mercanti di spezie o d'abbigliamento. Nell'aria si poteva sentire l'odore dolciastro e malsano dei fumi droganti che le taverne migliori offrivano al pari dei vini e alcolici più pregiati ai loro clienti più danarosi. Sorpassarono più volte alcuni sparuti drappelli di guardie recanti varie insegne: molti erano soldati privati, pagati da influenti società di mercanti o da qualcuno di loro particolarmente influente. Poi, incrociarono anche alcune delle guardie scelte dei Signori di Zaffiro, i cavalieri Alrathyani: armature scure e pesanti, scudi torre lamati e spade bastarde erano i segni distintivi, al pari del tatuaggio che ognuno di loro recava sulla metà del cranio rasata.
    Helena ebbe un brivido freddo guardando una di questi cavalieri, una donna molto bella se non fosse stato per una tremenda cicatrice da ustione che le sfigurava esattamente la parte sinistra del volto: solo il tatuaggio, pregno di energie magiche era illeso da tale bruciatura, anche l'occhio pareva cieco.
    Alla fine giunsero ai grandi portali della città e li attraversarono: le guardie parvero completamente indifferenti alla loro uscita, talmente erano impegnati a controllare coloro che entravano nella città.
    Non ci volle molto per comprendere che Razor non gli aveva assolutamente mentito: fuori dalle fortificazioni cittadine vi erano diverse decine di accampamenti, ognuno contrassegnato da un’insegna differente dalle altre.
    Alcuni sembravano più ordinati degli altri, ma la cosa che si comprendeva semplicemente col colpo d'occhio era la quantità di soldati provenienti dalle più diverse parti di Kuween.
    Fra lo stupore di Helena e la felicità di Kursk, Zellos arruolò molti dei mercenari presenti, sia fra quelli più esperti nell'arte della guerra, sia fra i più feroci: arruolò le Lame di Lamarin, un gruppo di soldati ben organizzato dotato di cerusici, fabbri e costruttori, capitanati da colui che dava il nome all’unità,un mercenario che aveva accumulato così tanto denaro da aver comprato alla nobiltà mercantile di Wenith il titolo di Duca delle Yaas; gli Squartatori di Yunjir, sanguinari ogri che pretesero come parte del compenso colli di birra a cui abbeverarsi durante la campagna; lo Scettro del Drago,maghi guerrieri del regno del Lesherax,maestri nelle arti arcane e in quelle della guerra; ultimo ma non ultimo Gromag,un ciclope guerriero, alto più di un gigante e egualmente possente.
    Inutile dire il prezzo pagato non fu misero, anche se certamente più basso di alcuni degli oggetti magici comprati all'interno delle mura cittadine, dove aveva, in effetti, speso e sparso in vario modo.
    <<adesso mi manca soltanto un luogo da visitare... a parte ovviamente un’armeria per voi due.>> disse il mago, mentre con velocità camminava verso il centro della città, di ritorno dopo la contrattazione con i vari mercenari. Giunsero in breve nel pieno di Shazarith, della sua più grande e caotica piazza, innanzi al Tempio del Despota d’Ossidiana, Xassar: immenso nella sua tetra bellezza, era la perfetta sintesi fra una cattedrale, slanciata e perfetta, e una caserma.
    Per qualche secondo indugiarono lungo la scalinata di marmo nero che portava all'alto portale, le cui immense porte in ebano e adamantio erano spalancate verso l'interno.
    Due guardie, ricoperte da pesanti armature complete e impugnanti due grandi alabarde, sorvegliavano l'ingresso scrutando coloro che passavano lungo la strada. Alla vista del mago alzarono entrambi il braccio per fermarlo, ma egli mostrò loro uno dei simboli sacri del Dio, il pugno di ferro, e allora senza alcun problema lo fecero entrare. Non fu permesso né a Kursk né a Helena l'ingresso, anche se non fu assolutamente un problema per lei, anzi.
    Quando però il mago fu a colloquio con il capo della congregazione Alrathyana del Culto che accadde qualcosa di inaspettato: urlando concitatamente nella lingua del luogo, il Gran Sacerdote ordinò prima ai fedeli di uscire, poi alle guardie di chiudere le immense porte.
    Per più di mezz'ora attesero fuori dalla porta, parlando poco o nulla, senza che accedesse alcunché; per qualche minuto Helena provò un lancinante dolore alla testa, avvertito poi anche da Kursk, ma poi più niente.
    Infine, le porte si aprirono nuovamente, aperte dai cosiddetti Cavalieri della Tirannia, i prescelti di Xassar, che fungevano da scorta per il Gran Maestro e, strani a dirsi, anche per il mago.
    Il Sommo Pontefice di Shazarith salutò all'uscita Zellos, che lo ricambiò con un cenno del capo e un saluto ossequioso in comune. Si allontanarono un poco, tornando nella piazza antistante al tempio e fu allora che Helena riprese a parlare, quasi si fosse trattenuta dal farlo perché erano troppo vicini ai membri del clero.
    <<cosa dovevi fare in un tempio, oltretutto in quello di Xassar?!>> chiese parlando a voce bassa.
    Inizialmente non le arrivò altra risposta che uno sguardo tagliente, poi il mago rispose.
    <<sono mancato tre anni da Kuween, volevo avere delle informazioni accurate ed affidabili. Inoltre, ho chiesto se conoscessero un generale per la mia armata di mercenari... oltre al loro aiuto nella guerra pura e semplice.>>
    <<e che ti hanno risposto?>>
    <<diciamo solo che la risposta è stata una sola: il Gran Maestro conosceva un generale adatto, dotato di grande intelligenza e competenza nell'arte della guerra: ma imprigionato nel Thinnish, in una chiesa dedicata a Kavaran: se riusciremo a liberare Lord Harokas allora mi fornirà dell'aiuto di cui ho urgente bisogno.>>
    Helena lo guardò per un attimo attentamente.
    <<temo di sapere Kursk quale sarà il nostro primo lavoro da schiavi...>>
     
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