Trilogia del Lupo

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  1. Ryakar
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    Buongiorno a tutti :) sono un cosiddetto utente disperso di questo forum, dopo un po' di tempo infatti ho iniziato a riguardare le discussioni senza però prendervi parte.
    Per farmi perdonare vorrei proporvi una piccola trilogia di racconti che ho scritto da poco. Essendo la prima volta che mi cimento in qualcosa di questo tipo apprezzerei una vostra critica pesante e violenta così da potermi migliorare.

    Ho ripreso qualche spunto da vari albi di Dampyr che spero si riescano a cogliere :)

    Vi ringrazio per qualunque vostro commento.

    Caccia Notturna

    Il sole ormai era tramontato. Dopo un pomeriggio trascorso nella
    foresta a seguire le tracce di un cervo scorsi una radura. Era uno spiazzo
    completamente ricoperto d'erba e attraversato da un torrente che
    placidamente scorreva verso il bosco. Alla vista dell'acqua mi resi conto
    di essere assetato e ricordai che la scorta nella borraccia era quasi
    esaurita. Mi avvicinai quindi alla riva per bere e rinfrescarmi. Mi guardai
    intorno e rimasi stupito dalla tranquillità che quel luogo emanava. Il
    silenzio era pressochè assoluto e gli unici rumori che si sentivano erano
    il frinire delle cicale e il gracidare delle rane. Quello era a tutti gli effetti
    il luogo migliore in cui fermarsi a mangiare e a preparare il bivacco per
    la notte. Dopo aver appoggiato l'arco e la faretra per terra mi sedetti e
    presi dalla bisaccia alcune fette di carne secca, del pane e un pezzo di
    formaggio. Durante il pasto mi ritrovai a fare il resoconto della giornata.
    Sì, è vero, il cervo era riuscito a sfuggirmi, ma mi ritenevo comunque
    soddisfatto per il risultato della caccia mattutina con il resto del gruppo.
    Sicuramente gli altri erano intenti a festeggiare alla locanda con boccali
    di birra fresca e del buon stufato di cinghiale, ridendo della mia
    testardaggine che mi aveva spinto a continuare la caccia ad un singolo
    animale.
    Era una splendida serata. Il cielo limpido e stellato rilasciava una
    piacevole luce. L'unica ombra era data da un banco di nuvole che
    copriva la luna. Decisi che avrei approfittato della luce notturna per
    continuare la caccia. Il ruscello era il luogo ideale in cui aspettare una
    preda.
    Prima però era necessario riposare, così mi sdraiai a guardare il cielo,
    in particolare ad osservare il movimento di quel banco di nubi dal quale
    lentamente si iniziava ad intravedere la luna. Quando la vidi luminosa e
    completa mi si gelò il sangue.
    Era una notte di luna piena, ormai da molto tempo nessuno si
    avventurava nella foresta durante una notte di quel tipo. Anni prima
    alcune persone erano scomparse mentre altre erano state ritrovate
    divorate da un gigantesco lupo che vagava per i boschi della zona.
    Per cercare di porre fine a quella minaccia era stata organizzata una
    caccia alla bestia, ma dei tredici volontari che erano partiti solo quattro
    erano tornati vivi. Il racconto di ciò che avevano visto e di ciò che
    avevano affrontato faceva accapponare la pelle. Avevano trovato
    qualcosa che non si aspettavano. Non si trattava solo di un lupo di
    dimensioni elevate ma di una creatura delle tenebre
    provvista di una forza disumana in grado di strappare la testa di un uomo
    con un solo morso. Il combattimento era stato cruento e senza tregua, ma
    alla fine i cacciatori erano riusciti a ferire gravemente la bestia, che si
    diede alla fuga. La paura dei superstiti era, però, troppo grande e non se
    l'erano sentiti di continuare l'inseguimento. Tutt'ora, in alcune notti di
    questo tipo, al villaggio giunge l'eco di un potente ululato. Dopo quella
    caccia, però, gli attacchi nei dintorni del paese erano finiti e le poche
    persone che si erano avventurate nella zona erano tutte tornate a casa
    incolumi.
    Io, però, sbadatamente, mi ero spinto troppo oltre. La
    paura si impadronì di me; il cuore iniziò a battere all'improvviso. Capii
    che non c'era un minuto da perdere e che dovevo tornare di corsa al
    villaggio, il più in fretta possibile. Mi alzai di scatto prendendo la bisaccia e
    sistemandola in vita, raccolsi arco e faretra e mi diressi di corsa verso il
    bosco.
    Fu in quel momento che sentii il primo ululato. Giunse dal margine
    del bosco a sinistra della radura. Non sembrava vicino, ma quel suono
    mi incutè un terrore così profondo che per una manciata di secondi mi
    paralizzò. Fu la stessa paura a riscuotermi dall'immobilità e mi diede la
    spinta per iniziare a correre.
    Appena entrato nel bosco sentii altri ululati alzarsi verso la luna. La
    creatura non era più sola ed era affamata. Bisognava assolutamente
    correre al villaggio per dare l'allarme. Non ne andava più solo della
    mia vita, ma anche di quella di tutte le persone che conoscevo.
    La caccia era iniziata e noi uomini eravamo appena ritornati ad
    essere la preda.
    Mentre correvo di albero in albero, mi accorsi che la foresta si era
    animata. Vidi molti altri animali che, percepito il pericolo costituito dai
    nuovi predatori, andavano a cercare un riparo in cui potersi salvare.
    Davanti a me scorsi un gufo ghermire un coniglio tra i suoi artigli e in
    cuor mio pregai di non fare la stessa fine.
    Durante la corsa percepii un distinto rumore provenire dalla mia
    sinistra. Non ero più solo; la bestia mi inseguiva e il suo ansimare si
    faceva sempre più vicino. Non c'era altra possibilità che continuare
    quella gara contro il tempo. Fermarmi ed affrontare il mostro non era
    certo un'opzione valida.
    Deviai verso destra sperando di aumentare così il distacco tra me e
    l'animale, ma fu il più grande errore che feci, perchè anche da quel lato,
    con la coda dell'occhio, vidi muoversi un'ombra e finii per inciampare
    nella radice di un albero.
    Nella caduta persi l'arco e la maggior parte delle frecce della faretra.
    Mi sentii perduto. Riuscii a stento a girarmi per osservare quell'orrenda
    figura che veniva verso di me. Era un enorme lupo che camminava su
    due zampe. Il suo pelo era nero come la notte più buia e in alcuni punti,
    colpiti dalla luce della luna, si intravedevano dei bagliori argentei. Gli
    occhi erano neri con venature rosso sangue; le zampe anteriori erano
    lunghe e lasciavano intravedere una muscolatura possente, così come le
    zampe posteriori, ma la cosa che più di tutte attirò la mia attenzione
    furono gli artigli. Lame nere ricurve in grado di straziare il legno degli
    alberi su cui si andavano posando. Quel terribile animale avanzava
    lentamente, ormai convinto della cattura della sua vittima. Si avvicinò
    ancora di più e ululò il suo trionfo. Il ricordo di quell'urlo riesce ancora
    adesso a farmi rabbrividire, nonostante tutto il tempo che è passato da
    quel giorno. Alla vista di quella creatura immensa che, eretta su due
    zampe, mi sovrastava, capii che noi uomini, per quanto abili cacciatori,
    non eravamo altro che cibo.
    Non so come, chiamatelo istinto di sopravvivenza, ma riuscii ad
    estrarre il coltello.
    L'animale abbassò i suoi occhi su di me e mi osservò attentamente.
    Aprì le fauci, pronto ad attaccare, ma in quel momento accadde
    l'impensabile. Un forte ringhio giunse dalla mia destra e la bestia si voltò
    in quella direzione con evidente irritazione. Vidi arrivare un'altra di
    quelle creature, molto più grossa e probabilmente più vecchia di quella
    che mi aveva catturato.Ringhiò verso la più giovane e realizzai che
    quello doveva essere il capobranco, che a quanto pare voleva il primo
    assaggio della preda. Il più giovane tuttavia si oppose e in pronta
    risposta scattò, lanciandosi con gli artigli protesi per attaccare il lupo più
    vecchio. Questo schivò e si abbattè con la sua mole sul giovane ribelle,
    così da bloccarlo e protendendo le fauci verso il suo collo.
    Ridestandomi da quell'ipnotica visione, mi rialzai e ripresi a correre
    lasciandomi alle spalle quello scontro titanico. Non so per quanto
    continuai a sostenere quel ritmo, ma alla fine riuscii ad arrivare in cima
    alla collina dalla quale si vedeva il villaggio. Stavo per tirare un sospiro
    di sollievo, quando sentii nuovamente il ringhio della bestia più anziana
    che correva dietro di me.
    Nonostante non avessi più le forze, mi costrinsi a correre giù per la
    collina, sperando di raggiungere il villaggio, riuscire a dare l'allarme e
    permettere alla popolzaione di chiudersi in casa, così da difendersi
    dall'attacco delle creature. Arrivato a pochi metri dalla strada principale,
    tuttavia, mi ritrovai di fronte ad uno spettacolo raccapricciante. Ovunque
    si vedevano sangue e brandelli di carne. I corpi degli abitanti, amici e
    conoscenti erano sparsi per tutto il paese, con profonde ferite, lasciate da
    artigli e zanne.
    Caddi sulle ginocchia in preda alla disperazione e alle lacrime.
    Dall'inizio della strada sentii provenire un nuovo e più potente ululato.
    Mi volsi e vidi avanzare il capobranco. Dai suoi occhi si poteva
    percepire tutta la fame e l'eccitazione che la caccia gli avevano
    procurato. Mi si avvicinò guardandomi fisso negli occhi, si inginocchiò,
    e quando aprì la bocca mostrandomi le zanne ormai ero pronto, in attesa
    che sferrasse il colpo fatale. Si avvicinò e mi sussurrò all'orecchio:
    <<non trovi sia più facile catturare una preda quando è nella sua tana?>>
    Detto questo, mi guardò nuovamente negli occhi per compiacersi del
    mio stupore e solo dopo straziò con i suoi artigli il mio petto, dal quale
    estrasse il cuore che gettò sprezzantemente a terra.
    Ma questa ferita la potete vedere voi stessi, amici miei. Noi che ci
    siamo ritrovati qui, dopo aver trovato la morte in quella notte di luna
    piena.


    La nascita del Lupo

    Quando nel villaggio non sembrava più esserci anima viva, Lebur, il
    capobranco, richiamò gli altri lupi che erano con lui e ordinò loro di
    ritornare alla caverna situata vicino al luogo in cui avevano allestito il loro
    rifugio.
    Lui invece continuò a girare per il paese alla ricerca di qualche superstite
    che potesse essere sfuggito al massacro. La ricerca tuttavia era resa
    difficoltosa dall'odore del sangue e della carne che gli distraevano i sensi,
    mentre una fame insaziabile lo spingeva nelle case dove era più facile
    trovare ancora qualcuno di cui nutrirsi. Alla fine vinto da questi istinti entrò
    in una delle abitazioni.
    All' interno trovò un uomo riverso sul pavimento che, con le mani premute
    su una profonda ferita sull'addome, cercava in tutti i modi di contenere il
    sangue e le viscere, là dove gli artigli avevano straziato la carne. Alla vista
    della creatura l'uomo cercò, con una mano, di recuperare un'ascia caduta
    poco distante, il dolore tuttavia gli impedì di completare il movimento
    lasciandolo così inerme alla mercè dell'animale.
    Alla vista di quella scena la creatura si fermò, provava rispetto per
    quell'uomo che continuava a combattere strenuamente contro la morte,
    decise quindi di salvarlo e di trasformarlo in un membro del branco. Con un
    artiglio si lacerò parte dell' avambraccio per far uscire il sangue che, una
    volta ingerito, avrebbe permesso la trasformazione, si inginocchiò di fianco
    al cacciatore e mentre gli faceva cadere nella bocca diverse gocce di sangue
    gli disse: <<bevi e sopravvivi uomo, avrai la forza per sconfiggere la morte
    e diventerai parte del mio branco>>. In tutta risposta il cacciatore sputò, il
    fiotto di sangue colpì il lupo sul muso che inferocitosi lo afferrò per
    entrambe le braccia e iniziò a tirare fino a strapparle. Le urla di dolore e il
    sangue del cacciatore acuirono maggiormente la rabbia dell'animale che
    solo a quel punto affondò le zanne nella gola dell'uomo e iniziò a nutrirsi.
    Nel frattempo in una stalla poco fuori dal villaggio una ragazza, Akire, che
    aveva assistito al massacro dei propri familiari e dei propri amici, aveva
    sellato il suo destriero e si accingeva a partire alla volta del castello del re
    per avvertirlo dell'accaduto, così che mandasse dei soldati per eliminare
    quella pericolosa minaccia che aveva distrutto tutto ciò che a lei era caro.
    La giovane, poco più che adolescente, dopo aver indossato un abito da
    caccia e dopo aver recuperato un arco con una faretra piena di frecce,
    regalatele dal padre affinchè imparasse a combattere, salì a cavallo e si
    lanciò al galoppo verso la strada principale.
    Il lupo, sentito il nitrito del cavallo in corsa, abbandonò il pasto e uscì dalla
    casa per lanciarsi all'inseguimento della nuova preda, non poteva permettere
    di lasciar fuggire nemmeno un solo abitante perchè se questi fosse riuscito a
    dare l'allarme sarebbe stata la fine per lui e la sua nuova famiglia. Il cavallo
    tuttavia era fresco e veloce e riuscì in poco tempo a seminare quella terribile
    creatura che lo inseguiva.
    Lebur, questo era il nome della creatura, non era sempre stato così, un
    tempo era stato un predone che con suo fratello aveva riunito una banda
    composta da una ventina di uomini dediti a saccheggio, rapine e omicidi. La
    banda con l'aumentare delle scorrerie era diventata via via più grande, tanto
    che un giorno, forti del loro numero, avevano deciso di attaccare Salmar,
    una delle cittadine più ricche del reame. Erano giunti con il buio, dopo aver
    eliminato le sentinelle e annientato la guarnigione, erano entrati casa per
    casa massacrando parte della popolazione e derubandola di qualunque
    oggetto di valore.
    Più di trecento persone erano morte quella notte, macellate come bestie
    nelle loro case, mentre altre invece erano state orribilmente torturate per
    ottenere informazioni su eventuali tesori.
    Appena saputo quanto era successo nella cittadina di Salmar, Re Haran
    aveva mandato le sue truppe migliori a caccia dei banditi. Dopo
    innumerevoli ricerche e inseguimenti i soldati del re avevano trovato
    l'accampamento dei predoni su una collina vicina al fiume Arnor e
    nottetempo avevano trucidato e catturato tutti i componenti della banda.
    L'unico di cui erano state perse le tracce era Lebur che, mentre cercava di
    salvare il proprio fratello, era caduto nel fiume dopo esser stato ferito da un
    colpo di spada. Da lì dopo essere stato trascinato dalla corrente era riuscito a
    trovare riparo lungo un'ansa del fiume dove in preda al dolore aveva giurato
    vendetta verso Re Haran che con il suo esercito aveva fatto uccidere il
    fratello e numerosi suoi compagni.
    Il suo odio era così intenso che aveva risvegliato un'antica presenza; questa
    aveva iniziato a chiamarlo e a tentarlo promettendogli di salvarlo e di
    donargli la forza per potersi vendicare dei suoi nemici. Lebur, anche se con
    diffidenza, aveva accettato l'offerta, la ferita era grave e lui non aveva altra
    scelta se non fidarsi di quella voce.
    Questa lo aveva condotto fino all'entrata di una grotta in cui Lebur, che
    sfinito a causa della ferita e della caduta nel fiume, si era accasciato a terra e
    si era addormentato.
    Nella sua testa però i sogni erano diventati nitidi e come ricordi di un tempo
    passato gli avevano mostrato ciò che nei tempi antichi avveniva in quella
    grotta.
    In quelle visioni aveva visto guerrieri inginocchiarsi di fronte ad un altare
    recando in offerta i cuori dei nemici uccisi, aveva assistito alla
    trasformazione di uomini in mostruose creature di cui aveva percepito la
    forza e la brama di sangue, si era inebriato così tanto di quel potere da
    sentirsi invincibile. Infine si era ritrovato a partecipare ad un rituale di
    sangue durante il quale un sacerdote aveva iniziato alcuni giovani al culto di
    quella divinità.
    Lebur si era risvegliato il pomeriggio seguente, la ferita aveva smesso di
    sanguinare ma lo aveva lasciato affaticato e febbricitante. La gola arsa dalla
    sete lo aveva spinto ad alzarsi in piedi per cercare di raggiungere l'Arnor o
    qualche pozza d'acqua nelle vicinanze. Una volta in piedi tuttavia si era
    fermato, la magia che permeava quel luogo era così intensa che non era
    riuscito a trattenersi dall'osservare ciò che gli si era parato davanti: di fronte
    a lui c'era un altare che scavato nella pietra recava una scritta: Homo
    Homini Lupus, una frase di cui però non conosceva il significato.
    Ai lati di questo erano situati due enormi lupi di pietra che con lo sguardo
    attento e le fauci spalancate sembravano proteggere quel luogo da intrusioni
    indesiderate. Dopo essersi avvicinato barcollando fino all'altare Lebur aveva
    notato che su di esso erano posati un coltello e un calice d'argento. Solo
    allora si era ricordato del sogno che aveva fatto durante la notte e
    all'improvviso gli era divenuto chiaro ciò che doveva fare. Aveva già visto
    in cosa consisteva il rituale, si ricordava di ciò che il sacerdote aveva
    eseguito sui giovani adepti ed era pronto a ripeterlo su se stesso. Ormai non
    aveva altre speranze, la morte sarebbe arrivata inesorabile, quindi valeva la
    pena di fare un tentativo. Sforzandosi per non cadere aveva quindi preso il
    coltello e il calice e si era spostato verso il lupo di pietra più vicino. Lì si era
    inginocchiato e aveva affondato la lama sotto la gola della statua, ma nel
    punto in cui il coltello era entrato in contatto con la pietra era comparso del
    pelo lucido e nero, dalla ferita inoltre aveva iniziato ad uscire del sangue che
    il giovane con profondo stupore si era affrettato a raccogliere nel calice.
    Appena il liquido aveva raggiunto metà coppa Lebur si era rialzato e dopo
    essersi prostrato di fronte all'altare, con il coltello aveva aperto una
    profonda ferita lungo l'avambraccio così da poter finire di riempire il calice
    con il proprio sangue. Una volta che questo era colmo l'aveva alzato con
    entrambe le mani verso l'altare e dopo aver pronunciato la frase rituale,
    aveva bevuto tutto il contenuto d'un fiato. Il sapore era orribile, a stento era
    riuscito a trattenersi dal vomitare, ma questo era solo l'inizio. Il dolore era
    arrivato subito dopo, improvviso come un lampo, con una scarica così forte
    e impetuosa da fargli perdere i sensi, il suo corpo però continuava a gridare
    la propria sofferenza contorcendosi in pose disumane a causa dei
    cambiamenti che stavano avvenendo al suo interno. Gli organi, le ossa e i
    muscoli si stavano modificando per meglio adattarsi alla mutazione. Al
    risveglio il giorno successivo Lebur oltre ad un'immane stanchezza aveva
    sentito anche uno strano prurito là dove le cicatrici si erano rimarginate, era
    sfinito sì, ma era vivo e fuori pericolo. Sebbene non riuscisse a sentire alcun
    cambiamento in se stesso era al colmo della gioia, era riuscito a sconfiggere
    la morte e poteva continuare a vivere e cercare in tutti i modi di vendicare il
    fratello e i suoi amici, l'unica famiglia che gli era rimasta e che gli era stata
    portata via.
    Aveva deciso che si sarebbe fermato in quel luogo per qualche giorno, non
    voleva rischiare di finire catturato o ucciso da eventuali pattuglie che
    sicuramente stavano setacciando la zona in cui c'era stato l'accampamento
    della banda. Una sera, al tramonto, dopo essersi avventurato fuori dalla
    grotta per cercare cibo, aveva iniziato a sentirsi male, era caduto in
    ginocchio, mentre il dolore si propagava ovunque in tutto il corpo.
    Quando alla fine era riuscito ad alzarsi non era più Lebur il bandito, era
    Lebur il lupo. Nella sua mente la fame e il sangue lo incitavano ad uccidere
    qualunque creatura sul suo cammino, la caccia era diventata la sua più
    grande eccitazione e il suo ululato verso la luna era un segnale di future
    sventure per tutti i suoi nemici.


    La notte dei Guerrieri

    Resoconto di Son Bowman ex soldato della corte di re Haran – ora sua
    guardia personale
    Sono passati poco meno di tre mesi da quando il villaggio è stato attaccato.
    In questo periodo sono successe innumerevoli cose: Akire dopo un giorno
    intero di viaggio era giunta alla corte di re Haran, lì in preda alle lacrime
    aveva raccontato del massacro a cui aveva assistito. Sebbene all'inizio
    nessuno le avesse creduto riguardo alle creature che avevano massacrato la
    sua famiglia e i suoi amici, tutti avevano concordato che era necessario fare
    qualcosa per attuare un maggiore controllo in quella zona. Quello scempio
    poteva essere stato compiuto da una banda di predoni e non era improbabile
    che la ragazza, sconvolta dalla perdita, li avesse descritti come mostri
    assetati di sangue.
    Re Haran aveva quindi concordato con i suoi consiglieri di organizzare una
    veloce ricognizione con diversi di noi esploratori, che provvisti di piccioni
    viaggiatori, avremmo dovuto segnalare quante truppe era necessario inviare
    per rinforzare la nostra presenza nel territorio.
    Quando però eravamo arrivati al villaggio ci eravamo subito resi conto che la
    ragazza non aveva esagerato con il proprio racconto. I corvi erano intenti a
    banchettare con i cadaveri e i brandelli di carne sparsi per la strada mentre il
    fetore nauseabondo della morte aveva impregnato l'aria.
    Avevamo quindi iniziato la nostra indagine. Osservando accuratamente le
    tracce che erano rimaste sul terreno e dai segni lasciati sui corpi avevamo
    avuto la certezza che ciò che era accaduto non era dovuto ad una qualche
    banda di predoni. La furia con cui era stata perpetrata quella strage non era
    umana, c'era qualcosa di animalesco e selvaggio nelle ferite degli abitanti,
    erano inoltre fin troppo evidenti segni di lacerazioni e morsi per non parlare
    del fatto che alcuni dei corpi erano anche divorati. Nonostante ciò avevamo
    comunque deciso di entrare nelle varie case per vedere se era stato operata
    una qualche forma di saccheggio. Ma quando vi eravamo entrati lo
    spettacolo era ancora più raccapricciante, tanto che una giovane recluta,
    Eorl, aveva perfino perso i sensi dopo aver trovato un corpo parzialmente
    divorato e con entrambe le braccia strappate. Ma non avevamo trovato
    nessun segno di furto.
    Nessuno di noi avrebbe voluto trascorrere la notte in un luogo come quello,
    la morte permeava l'aria e ogni soffio di vento portava con se l'odore del
    sangue e della decomposizione.
    Appena conclusa la nostra indagine avevamo deciso di bruciare i morti in
    un'unica pira e di ripartire immediatamente alla volta del castello.
    Il re dopo aver sentito il nostro resoconto sulla missione aveva dato ordine
    di formare un drappello di una quarantina di veterani guidati dal Capitano
    Rannyn. Noi soldati ci si saremmo dovuti occupare di fortificare il villaggio
    e di organizzare un fitto pattugliamento in tutta l'area, con l'obiettivo di
    eliminare qualsiasi minaccia potesse costituire un pericolo per gli altri
    villaggi più a sud.
    Al nostro drappello si era unita anche Akire che, animata da una forte senso
    di vendetta, avrebbe aiutato nelle ricerche grazie alla sua profonda
    conoscenza dei luoghi.
    Nell'arco di tre settimane avevamo fortificato il villaggio con una palizzata
    di legno, di forma rettangolare, che assieme ad un piccolo fossato ci avrebbe
    permesso di organizzare una migliore difesa in caso di nuovi attacchi.
    L'accesso al forte era stato assicurato grazie a due portoni di legno, posti alle
    due estremità della strada principale, che sarebbe stato sempre sorvegliato
    da alcune di noi guardie armate.
    Durante le tre settimane avevamo effettuato delle ricognizioni a cavallo nei
    boschi circostanti, per piazzare trappole e per trovare una qualche traccia del
    passaggio di quelle terribili creature. La ragazza, Akire tuttavia si aspettava
    che non sarebbe successo nulla fino alla prima notte di luna piena,
    ricordandoci infatti le storie che le venivano raccontate dai genitori sulle
    persone che erano morte o scomparse diversi anni prima. Inoltre era l'unica
    che avesse già visto quelle creature lottare e aveva il fondato timore che per
    quanti soldati fossimo e per quanto molti di noi fossero esperti non
    sarebbero stati in molti quelli che sarebbero riusciti a sopravvivere allo
    scontro con quelle creature.
    La luna piena era arrivata quando era passato poco meno di un mese dal
    massacro e avevamo da poco concluso la costruzione delle difese. Quando
    dalla montagna erano arrivati i primi ululati il Capitano Rannyn aveva
    ordinato a dieci di noi di salire a cavallo e di andare a perlustrare la foresta
    per vedere se avvistavamo alcune di quelle creature. Si era raccomandato
    tuttavia di limitarsi ad osservare per poi tornare a riferire senza iniziare
    alcuno scontro. Avevamo deciso di prendere direzioni diverse per cercare di
    individuare da dove provenivano quegli ululati. Dopo aver lanciato il
    cavallo al galoppo avevo proseguito per la foresta cercando di seguire i
    richiami di quelle creature. Infine, dopo diverso tempo di fervida
    perlustrazione, ero riuscito a vedere uno di quei mostri intento a ululare alla
    luna. Dopo averne memorizzato la posizione ero ritornato indietro al
    villaggio dove erano già tornati altri quattro della mia squadra, eravamo
    subito andati dal Capitano Rannyn a fare rapporto e, tra noi cinque, tre di
    noi erano riusciti a vedere un lupo. A poco a poco erano tornati anche altri
    quattro nostri compagni, che avevano anche loro avvistato alcune di quelle
    creature. L'unico a non aver fatto ancora ritorno era Bleon. All'alba, quando
    gli ululati erano cessati e ci stavamo accingendo ad andarlo a cercare,
    avevamo visto una figura emergere dalla foschia mattutina. Era Bleon che
    avanzava barcollante verso il forte. Quando lo avevamo raggiunto per
    soccorrerlo lo avevamo trovato febbricitante a causa di una ferita che gli
    correva lungo la schiena, fortunatamente però non sembrava troppo grave.
    Nonostante all'inizio sembrava stare molto male a causa di fortissime
    convulsioni, Bleon era riuscito a riprendersi in pochi giorni e ci aveva
    raccontato di come uno di quegli esseri lo avesse aggredito piombandogli
    addosso nell'oscurità. Era riuscito a salvarsi solo grazie al fatto che il cavallo
    aveva attirato l'attenzione della creatura. I giorni dopo erano trascorsi nella
    perenne attesa di qualche novità, ma eccetto che per la visita di un paio di
    pescatori e qualche carovana di mercanti che passava di lì non era successo
    nulla di nuovo. Akire si allenava con noi veterani, partecipava ai
    pattugliamenti e collaborava con alcune delle donne addette ai
    vettovagliamenti che ogni settimana ci rifornivano. Nonostante la
    tranquillità in quel luogo fosse assoluta il capitano Rannyn ci aveva dato
    ordine di rafforzare le difese, di raddoppiare i turni di guardia e di creare, sui
    tetti delle abitazioni, delle postazioni di tiro per arcieri e balestrieri. I
    racconti degli esploratori lo avevano messo in allerta. Ero sicuro che se solo
    avesse avuto più uomini avrebbe organizzato una caccia serrata per
    eliminare quella minaccia, il reame tuttavia non poteva dislocare altri
    uomini in quella posizione perchè era troppo impegnato a fronteggiare la
    minaccia dei barbari provenienti da ovest.
    Eravamo giunti alla vigilia di una nuova notte di luna piena, si sentiva una
    certa tensione nell'aria, i ragazzi erano irrequieti e il capitano aveva deciso
    di concederci quella giornata di riposo. Quella notte forse si sarebbe
    combattuto e sarebbe stato necessario essere al pieno delle forze. Nel
    pomeriggio avevamo controllato le armi, in particolare le lance, che in caso
    di attacco ci sarebbero servite per tenere a distanza quei terribili esseri. A
    cena avevo mangiato con Bleon, dopo la sua brutta avventura il ragazzo era
    cambiato, il trovarsi faccia a faccia con uno di quei mostri lo aveva
    profondamente sconvolto. Non era più il ragazzo allegro e solare di prima.
    Sperai che una volta finita quella missione sarebbe potuto tornare normale.
    Ormai il sole stava per tramontare ed era il mio turno di montare la guardia
    al cancello sud, con me c'erano Dydoc, Rhenyk e Blomir mentre sopra le
    nostre teste dai tetti delle case c'erano otto dei nostri migliori tiratori. Il sole
    era ormai calato, quando vidi Bleon entrare in una casa appoggiandosi allo
    stipite non ci feci molto caso, il ragazzo era teso e visto ciò che aveva
    passato era comprensibile. Appena la luna comparve dietro una coltre di
    nubi sentimmo i primi ululati, troppo vicini al margine della foresta,troppo
    vicini al villaggio. In quel momento il capitano uscì da una casa e venne di
    corsa verso di noi a darci l'ordine di puntellare il cancello, mentre agli
    arcieri ordinò di tenersi pronti e di avvisare in caso di movimenti sospetti.
    Ma in quel momento si sentì un ruggito provenire dalla casa in cui era
    entrato Bleon, ero sul punto di precipitarmi dentro quando ne vidi uscire di
    scatto una figura enorme. Questa si lanciò verso il cancello nord. Non
    credetti ai miei occhi, come era possibile che uno di quei mostri fosse
    entrato nel nostro perimetro? Una delle guardie a nord cercò di frapporsi fra
    la creatura e il cancello ma ne fu travolta. Io e il capitano scattammo verso
    la porta opposta alla nostra posizione per dare manforte ai nostri compagni.
    Ma ormai il villaggio era nel il caos, gli altri soldati erano usciti dalle case e
    si erano riversati in strada pronti a prendere posizione ritardando così il
    nostro intervento. Mentre il capitano si era fermato a coordinare i rinforzi io
    avevo continuato la mia corsa ritrovandomi però davanti al cancello
    sfondato, due compagni morti e uno ferito. Il lupo era poco distante e
    nonostante gli innumerevoli dardi che lo avevano trafitto riusciva ancora a
    combattere contro l'unico soldato rimasto in piedi. Mi avventai con la lancia
    spianata sul mostro, lo colpii al petto ma mentre stavo estraendo l'arma
    questo mi diede una zampata scagliandomi a terra. Persi coscienza per
    qualche istante, ma quando rinvenni, mi resi conto che i lupi erano entrati
    nel perimetro dal cancello aperto. La creatura che mi aveva attaccato era
    morta, ma altre cinque erano riuscite ad entrare. I soldati in strada erano
    poco meno di una ventina, stavano formando un muro di scudi con le lance
    rivolte in avanti pronti a sostenere l'assalto. Fu in quel momento che lo vidi,
    scendeva lentamente dalla collina, era il più grosso tra i lupi. L'aria era
    immobile in quell'attimo di attesa, sguainai la spada e mi posi dietro ad un
    mio compagno in prima linea. Con la coda dell'occhio vidi degli arcieri
    arrivare dalla porta sud per portare copertura al muro di scudi. Quando il
    lupo più grande giunse al cancello sfondato gli altri si lanciarono contro di
    noi. L'impatto fu brutale. Non ci aspettavamo una forza così potente contro
    una falange schierata. Due delle creature caddero quasi subito, trafitte dalle
    lance. Ma il loro attacco aveva scompaginato le fila della nostra difesa,
    trasformando così il combattimento in uno scontro di poche unità contro i
    singolo. Non riuscii a capire quanti dei nostri erano ancora vivi, so per certo
    che eravamo sicuri della vittoria. Un altro dei lupi era caduto trafitto da un
    nugolo di dardi e da diverse ferite da taglio. Io e altri due compagni stavamo
    fronteggiando un altro che nonostante le numerose ferite che gli erano state
    inferte continuava incessantemente a lottare. Con un artigliata aprì in due la
    gola di uno dei soldati che mi fiancheggiavano mentre con l'altra zampa
    abbattè l'altro. Quindi si era rivolto verso di me pronto ad attaccare, quando
    due dardi lo avevano trafitto al petto e alla schiena facendogli perdere lo
    slancio. Decisi di sfruttare la situazione a mio vantaggio e attaccai con la
    spada protesa in avanti. Il lupo scartò di lato schivando il mio attacco e con
    una mezza torsione del busto mi mandò a terra con una zampata. Appena
    girai la testa lo vidi torreggiare sopra di me, con una zampa sollevata e
    pronto a calpestarmi. Rotolai di lato ma lui impedì la schivata afferrandomi
    con entrambe le zampe anteriori e sollevandomi di peso. Ma in quel
    momento sentii la sua presa svanire, dal suo addome era spuntata la punta di
    una lancia. Era Akire che era scesa dai tetti assieme agli altri tiratori per
    darci una mano nel combattimento corpo a corpo. Il lupo mi lasciò cadere a
    terra per fronteggiare la nuova minaccia, nonostante le innumerevoli ferite
    continuava a combattere con un'aggressività mai vista. Mentre l'animale
    infuriava contro Akire e gli altri impugnai una lancia spezzata e la conficcai
    nella gamba del mio avversario che dopo essere caduto in ginocchio venne
    trafitto al petto da diverse spade.
    Mi guardai attorno per rendermi conto della situazione: dei quaranta uomini
    che facevano parte del drappello eravamo rimasti poco meno di una ventina,
    di cui diversi erano feriti.
    Fortunatamente però erano rimasti solo due lupi da abbattere, stanchi e
    feriti.
    Quando il capitano diede l'ordine di riformare la falange in modo da
    ricacciarli indietro, raccolsi una lancia e uno scudo e mi unii a loro. Tuttavia
    quando ci stavamo preparando al contrattacco il capobranco lanciò un
    secondo ululato che venne seguito da un frastuono dalla porta a sud.
    Quando mi girai vidi emergere dai battenti altri due lupi che erano stati
    tenuti in disparte durante tutto l'arco della battaglia. A quella vista la
    disperazione si impadronì di noi, ma il capitano resosi conto della nuova
    minaccia ordinò di formare due schieramenti in modo da contrastare la
    duplice avanzata del nemico. Mi ritrovai così al suo fianco ad attaccare il
    capobranco. Questo aveva diverse ferite lungo tutto il corpo, le più
    provocate dai dardi e dagli affondi delle lance. Il lupo di prima tuttavia non
    era nulla in confronto a questo, il suo ringhio faceva rabbrividire e neglio
    occhi iniettati di sangue si poteva sentire tutta l'eccitazione per la morte che
    aveva portato tra di noi. Guardò il capitano dritto neglio occhi e gli disse:
    <<i miei complimenti capitano, non mi aspettavo una così strenua
    resistenza. Non avete ceduto nemmeno quando uno dei vostri si è
    trasformato e ci ha aperto il cancello>> in quel momento realizzai di non
    aver visto Bleon uscire dalla casa nè di averlo visto durante la battaglia. Il
    lupo proseguì << siete degli ottimi combattenti non lo posso negare, ma è
    giunto per voi il tempo di morire>> Quelle parole ci scosserò nel profondo
    ma, il capitano con un semplice ordine riportò gli schieramenti in
    formazione. Avevamo affrontato numerose battaglie, se questa doveva
    essere l'ultima allora avremmo combattuto fino alla morte per poter
    eliminare il più possibile di quella pericolosa minaccia. Nel frattempo alle
    nostre spalle i due lupi avevano iniziato la loro corsa, pronti a caricare sulla
    falange che si era formata. Mi concentrai sul nemico che avevo di fronte,
    che si stava abbattendp su di noi con una forza inaudita. Sembrava
    impossibile che nonostante tutte quelle ferite potesse continuare a
    combattere con quella furia. Attaccava principalmente il capitano, sapeva
    che se fosse riuscito ad ucciderlo la nostra resistenza sarebbe stata più
    fiacca. In tutta risposta attaccai con la lancia, il mio affondo lo colpì alla
    gamba. Lui in tutta risposta indietreggiò facendomi perdere l'arma e
    trascinandomi in avanti, afferrò la lancia e la estrasse dalla ferita. La
    impugnò con entrambe le zampe iniziando a lanciare affondi verso la mia
    testa. Ero disarmato, l'unica difesa era lo scudo, ma fortunatamente
    arrivarono in mio soccorso il Capitano e Rhenyk, che lo tennero a distanza il
    tempo necessario per farmi di rientrare in formazione. Blomir cercò di
    attaccare il lupo sul fianco ma venne trafitto al petto dalla lancia che
    l'animale brandiva con immane potenza. Il capitano approfittando
    dell'attacco di Blomir si lanciò in avanti menando un fendente verticale
    lungo la zampa protesa, che ruggì di dolore quando si ritrovò l'arma
    conficcata nel braccio. Io abbandonato lo scudo e raccolta la lancia di
    Blomir sfruttai lo slancio e colpii dal basso verso l'alto l'addome aprendo un
    enorme squarcio verticale. Cercai di rialzarmi ma il capobranco ebbe il
    tempo di ferirmi alla gola con i suoi artigli aprendomi una lunga ferita di
    striscio. Il suo sangue mi inondò e l'ultima immagine che ricordo prima di
    cadere a terra fu quella del Capitano che estratta la spada dal braccio si
    accingeva a decapitare il lupo.
    Ma questo mio re lo sa bene, i cantori narrano ormai le gesta del Capitano
    Rannyn di Lady Akire e dei prodi soldati che combatterono con forza e
    ardore contro i lupi delle tenebre. Quello che ancora non sa mio sire è come
    mai io, la sua nuova guardia personale, l'ho rapita e condotta quì in questa
    grotta.
    Ebbene deve sapere che dopo aver assorbito il sangue del lupo dalla mia
    ferita, ho iniziato a sentire una voce che mi ha condotto fin quì. In questo
    luogo ho assistito al rituale in cui Lebur, il capobranco di cui ha voluto la
    testa come trofeo, aveva ottenuto come promessa, da un'antica divinità, la
    vendetta su colui che aveva sterminato la sua famiglia. Sa com'è maestà, una
    promessa è una promessa, inoltre quando completerò il rituale sarò il nuovo
    campione della Distruttrice, e avrò un potere pressochè illimitato.
    La luna piena sta per sorgere e lei, Re Haran, si metta pure comodo a vedere
    la trasformazione.
     
    .
10 replies since 9/11/2014, 12:01   106 views
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