L'Alfiere Bianco

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  1. Zargoth
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    Non chiedetimi come mai ma mentre la scrivevo avevo in mente le atmosfere di Incubo Fiammingo :P

    L’Alfiere Bianco

    Il fuoco scoppiettava allegramente nel caminetto, e a conti fatti era l’unica parte di tutto l’arredamento, statico o in movimento, che emanasse un minimo di positività. Il pendolo saliva, scendeva, saliva, scendeva da più di 5 secoli e la casa in se non sembrava poi tanto più giovane. Eppure per il suo inquilino appariva come appena costruita, appena arredata e poco vissuta.
    Nonostante al di fuori del portone si fossero alternate 500 primavere e 500 inverni, innumerevoli temporali o giorni di sole, l’interno era sempre in penombra e se un passante avesse avuto la somma sfortuna di essere davanti alla porta nei rari momenti in cui veniva aperta, avrebbe giurato di vederne uscirne buio e freddo. Forse nella sua malinconica tinta bianca, ormai scrostata dalle intemperie, non attirava tanto l’attenzione dei turisti, ignari di essere passati di fronte a un edificio tanto importante, per la città, per loro e per tutti.
    La sua monotonia e la sua “invisibilità” giovavano al padrone che, se non fosse stato sicuro di attirare qualche curioso o appassionato, avrebbe appeso una lastra con scritto: “Qui, nell’anno del MAI, non vi soggiornò nessuno!”
    Dalle finestre non era mai entrato un filo di luce, tutto era illuminato tramite delle candele accese da 5 secoli, anno più anno meno, come pensava l’abitante di quella casa, ogni volta che le vedeva e magari ci giocava un poco con la fiamma.
    In una delle tante notti silenziose apparse sul pianeta dall’inizio della sua “roteante” vita la porta della casa si aprì, giusto qualche secondo, giusto il tempo di far entrare…un’ombra.
    Una volta richiusa, in maniera totalmente silenziosa, come voleva la tradizione di monotonia e qualunquismo, nessun rumore parve più in grado di vagare per il quartiere, quasi che tutti i suoni, dai pianti dei bambini attraverso i vetri delle case, ai cani randagi, alle rare macchine di chi aveva il permesso di passare per il centro storico, si fossero allontanati timorosi di dar fastidio a qualcuno di veramente importante, a qualcuno che nel pieno della notte entra ed esce a piacimento da qualsiasi posto, aperto o chiuso che sia.
    Quando la porta si chiuse nessun alito di vento andò a indispettire le secolari fiamme generate dalla cera delle candele, e nessun saluto fu pronunciato. L’ombra superò l’entrata, non osservo il quadro di un Napoleone rampante, nemmeno quello di una tempesta impegnata a giocare con qualche guscio di noce umano. Passo dritta addirittura davanti allo splendido candelabro con 17 candele accese a formare una lettera di una lingua ormai persa. Appena vide l’ombra di una porta girò a destra e si ritrovò (non a sorpresa ovviamente) nel soggiorno. Quello che poteva essere definito un volto osservò per qualche secondo il fuoco che abbassò i toni e decise di non apparire più allegro del necessario, che in pratica equivaleva al nulla.
    “Sei in ritardo” disse pacatamente una voce proveniente da una poltrona direzionata verso un piccolo tavolino rotondo, chiunque avesse pronunciato quella frase stava dicendo una cosa innegabile, una sentenza, una legge e nel tono non si sentiva ne rabbia ne allegria… nemmeno la paura. Assente, monotona e eterna la voce riprese il suo quieto parlare:
    “Eppure sono stato di manica larga, rallentando, solo per te ovviamente, le mie operazioni quotidiane”
    “Forse non abbastanza lentamente hai compiuto i tuoi ripetitivi ed eterni gesti” rispose l’ombra
    “La tua è forse una lamentela o uno sberleffo ai miei danni?” chiese la poltrona, o meglio, il suo occupante “ricordati che sono l’essenza del tuo lavoro, il tuo informatore (quando perdo), l’enorme invenzione che ti gira intorno…”
    “Il Tempo non è l’essenza di nessuno! E in quando alla tua, diciamo presunta, inesistenza…bhè” l’Ombra si avvicinò alla sedia e sposto la sua mano verso un braccio appoggiato sul bracciolo del seggio. Nel momento in cui la mano si avvicinò all’arto avvenne una cosa in grado di far impazzire qualsiasi umano normale, qualsiasi discendente di Adamo o chi per lui. L’ombra parve spostarsi come se fosse un vestito di nera seta, un dito scheletrico ne uscì e andò a toccare il braccio. Tutto nella casa si fermò: il pendolo decise che era giunto il momento di sfidare Newton e arrestò la sua corsa in pendenza, in un’irreale pendenza a dire il vero; il fuoco raggelò e non si mosse più, come impegnato in un eterno e siberiano “oooo” di stupore; le candele… si spensero.
    “Posso assicurarti che sono accuse infondate…al tatto almeno. Calcolando poi che ti vedo e sento e che non ho mai mangiato nella mia esistenza, direi che ci siamo, quod erat demostrandum”
    “Non farlo mai più” e dopo quelle parole tutto riprese la sua secolare corsa, con le candele che tornarono alla vita da sole.
    Dopo qualche secondo di silenzio il braccio, appartenente ad un proprietario in costante penombra, indico una secondo poltrona:
    “Siediti”
    “Ma…”
    “Si so che non puoi farlo ma almeno proietta nella mia, diciamo mente, la sensazione che tu ti sia seduta… o seduto dipende quale nomignolo ti garba di indossare in questo preciso, e mio, istante”
    “Sei tu che crei gli istanti e li lanci nel Tuo fiume. Non pretendere di darmi un nome costante, da tenere legato a te e alle tue minuscole e molteplici emanazioni”
    “Ma c’è chi ti immagina come una signora di falce munita, chi come un drago, un cavallo, un serpente, un ombra, un uomo, uno scheletro e molte altre masse organiche e non…”
    “Io sono un’ombra, io sono L’Ombra… quanti nomi vuoi attribuirmi se non il mio? D’altronde anche te non scherzi in quando ad indentità”
    “Chiamami nella maniera più corta possibile, risparmi il mio duro lavoro” rispose il figlio ribelle dell’Eternità.
    “Direi che non ti chiamo e basta, risparmio tempo e non do fastidio a te… il tuo lavoro, il tempo appunto, non può essere usato o fatto scorrere nella tua dimora, o forse sei dimentico di questo?”
    “Non posso dimenticare nulla, e lo sai, sono gli uomini che dimenticano…usano darmi particolari abilità nei lavoro…dicono che riparo ogni cosa”
    “Lasciali credere…”
    Per un poco nessuno dei due parlò, il pendolo batte l’ora piena, il fuoco chiese se potesse aumentare la sua gioia, ma a mancata risposta si placò nuovamente.
    “Bhè, direi di cominciare” disse il proprietario dell’edificio “Carte umane, carte del Basso, dell’Alto, scacchi?”
    “Facciamo scacchi, ho passato del tempo a meditare qualche truc…diciamo mossa” rispose L’Ombra indicando la scacchiera nera e bianca, con venature arancioni dovute al riverberò del fuoco.
    “Non trovi faccia freddo?” chiese L’Ombra
    “Se è per vantarti dell’angoscia che porti non sei divertente, se è un’osservazione ti rammento che non posso sentire nessun calore, nessuno soffio, nulla”
    “Lo so, e vale anche per me, ma gli uomini dicono sempre queste cose mentre preparano la scacchiera… come sta tua moglie?;… come va il tempo?;…ti è passato il male alla spalla? Magari porta fortuna o fa parte di qualche copione a noi sconosciuto”
    A quelle parole il braccio che stava disponendo i pezzi sulla scacchiera si fermò. La poltrona scricchiolò e nel cono di luce entrò un volto senza tempo, o meglio: se qualsiasi uomo l’avesse visto avrebbe detto che si trattava di un amabile vecchietto, ma se avesse perso tempo ad osservare meglio gli occhi, vi ci sarebbe perso. Eterni e immensi, conferivano al volto uno sguardo duro e stanco. Chi ha visto troppo e deve continuare comunque a fare il suo lavoro non può portare uno sguardo fiero e orgoglioso senza risultare falso.
    Ora quel volto stava esprimendo una sorpresa incredule, un “Ma che stai dicendo?” implicito nel silenzio appena nato.
    “Si lo so che non sappiamo ogni cosa, ma a volte mi ritrovo a sperare, uhm…buffa parola per me.”
    “Nere o bianche?” chiese l‘Inarrestabile
    Questa volta fu il turno dell’Ombra a creare il silenzio e a parlare con…
    “Si, va bene, nere come sempre”
    “Vorrei ben vedere, ma quelle bianche, fatte d’avorio non si sporcano mai?”
    “Non qui, non qui..”
    La partita incomincio in silenzio, l’unico rumore veniva prodotto la muoversi di fanti e cavalli, torri e regine. Sono una pedina non si era ancora mossa, una pedina bianca: l’Alfiere.
    “Lo tieni sempre protetto il tuo alfiere, perché ti piace così tanto? Può andare solo in diagonale e sullo stesso colore…sempre e solo…non lo trovi monotono?”
    “No, pensa che taglia tutto, non segue le linee, va sempre di traverso e può tornare indietro…lo invidio quasi”
    “Bhè io ho la mia regina, va ovunque e in qualsiasi modo, o quasi” rispose la Figlia del Nulla con un certo tono impregnato di un sottile orgoglio.
    Per qualche ora la partita proseguì senza particolari colpi di scena se non un arrocco. Ma ad un certo punto si mosse l’Alfiere e solo una frase poté descrivere la situazione creata: “Scacco Matto”
    L’Ombra sembro ritirarsi in se stessa, balbetto qualcosa risentita e poi disse: “Devo andare, hai avuto fortuna e molto tem…vabbè senti, ti saluto. Per questa volta non muoverò un dito… o falce, ma la prossima volta vincerò io e allora sulla terra dovrai spezzare parecchi fili umani”
    “Sarà per la prossima volta” rispose la voce tornata nel buio della poltrona
    Nessuno quella notte vide uscire l’ombra e la porta chiudersi. Tutti dormivano, e l’Ombra si dileguò nella notte senza provocare nessuno rumore, e senza portarsi via qualche filo, che rimase gelosamente custodito dalla Parche e dal giocatore della casa Bianca; che dopo un’estenuante partita diresse lo sguardo verso il fuoco, che rinvigorito dall’assenza dell’Ombra aveva ripreso il suo scoppiettante monologo.

     
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  2. CarDestroyer
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    CITAZIONE
    E in quando alla tua

    CITAZIONE
    in quando ad indentità

    Hai fatto due volte lo stesso errore, magari è un caso, ti sei affidato al correttore ortografico, però te lo segnalo lo stesso :P .

    Devo dire che l'ho letto volentieri, scorre bene e sembra permeato da un messaggio, però stonano e parecchio i vari:
    CITAZIONE
    D’altronde anche te non scherzi in quando ad indentità

    CITAZIONE
    a meditare qualche truc…diciamo mossa

    CITAZIONE
    hai avuto fortuna e molto tem…vabbè senti, ti saluto.

    Sono colloquiali, va bene, però per tutto il resto del racconto usi una costruzione più "alta", col risultato di trasformare l'Ombra in una macchietta :D . A voler fare le punte alle alabarde :D , hai voluto chiarire alcune cose a parole anziché per immagini.
    Comunque mi è piaciuto davvero, soprattutto il finale con il fuoco che simboleggia la risatina del Tempo per la vittoria sull'Ombra ^_^ .
     
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  3. Zargoth
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    La mia intenzione iniziale era di tenere totalmente nascosta l'identità dei due giocatori se non in qualche citazione, e doveva scoprirla il lettore. L'Ombra non vuole apparire una macchietta, la terza frase è un controsenso. Il tempo non può avere tempo, è come se morisse la morte. Quindi dire al Tempo che ha avuto tempo è impossibile visto che è lui a crearlo... un errore del genere sommato alla sconfitta fanno andar via di fretta la morte.
    L'idea di tutto il testo era di proporre, anche se poi è diventato marginale, una nuova idea di come la Morte scelga le sue vittime. Quando vince il tempo deve dare dei nomi, o delle situazioni, favorevoli alla Morte, quando perde è il tempo ad ottenere una tregua nel lavoro dell'avversario. Infatti avrei potuto scegliere la vita ma mi piaceva di più l'idea del tempo in quanto con una vittoria otteneva altro tempo per le persone.
    Ehm gli errori di battitura sono mie e non di word, a volte scrivo troppo veloce e sbaglio :P
     
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  4. CarDestroyer
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    CITAZIONE
    L'Ombra non vuole apparire una macchietta, la terza frase è un controsenso. Il tempo non può avere tempo, è come se morisse la morte.

    È come lo dice che la fa apparire caricaturale. Almeno, io l'ho intuita come una figurina febbrile e curva, tipo strega nascosta in un saio :) .
    L'idea del racconto è chiara, ed è anche piacevole ;) .
     
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  5. Zargoth
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    Grazie, apprezzo molto il tuo senso critico; trovo che le persone che leggano e commentino come fai te siano poche purtroppo. Comunque ognuno e libero di interpretare come vuole il racconto, e in una situazione fuori dal normale anche gli atteggiamenti possono apparire... grotteschi, come in questo racconto
     
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4 replies since 30/9/2006, 16:38   299 views
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