La leggenda di Redamn di Hel

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  1. galoran
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    La nostra storia comincia all’imbrunire in una piccola vallata dominata da una folta boscaglia ed è lì che il nostro eroe attende.

    La nostra storia s’intitola: LA LEGGENDA DI REDAMN DI HEL

    Nella luce paradossalmente viva della notte, la boscaglia proteggeva un intero universo in movimento. Vita frenetica. Vita notturna. Popolata da un incredibile successione di grandi e piccole ombre. Di creature innocue e di letali predatori. Improvvisa e maestosa, una delle ombre più grandi si alzò in piedi. Alta quasi due metri, robusta e flessuosa al contempo, sembrava essere più scura della notte stessa, come se la luce si rifiutasse di delineare qualcosa in più dei suoi contorni. Due fessure gialle, all'altezza della testa, si spalancarono, mostrando parte della natura di quel ramingo.
    La signora luminosa aveva appena mostrato il suo volto e quegli strani occhi non poterono fare a meno di venirne conquistati. La rimirava col fascino estasiato di un bimbo; mentre lei, esultante e maestosa nella sua pienezza, dominava ed illuminava l’intero firmamento ed il cielo stellato l'incoronava ancora una volta regina assoluta del mondo notturno.
    Pensò curiosamente che tutte le creature viventi di quel nuovo strano mondo la stessero guardando con la sua stessa riverenza, ed improvvisamente si sentì meno solo. Un pensiero non poco confortante per uno straniero in terra straniera.
    Rimase così, immobile, in quella estasi visiva e non si allarmò minimamente quando un'ombra a quattro zampe, sbucata dalla boscaglia, lo sfiorò posando ai suoi piedi la preda che giaceva morta nelle sue fauci. Redamn la carezzò con un gesto più che affettuoso.

    Berit avrebbe potuto essere scambiata per un comune grande felino di quella terra giovane, se non fosse stato per i quattro occhi rossi ed i due grandi denti bianchi che come sciabole le calavano sotto il mento, offrendo un netto contrasto cromatico col suo manto nero così oscuro da rivaleggiare con la tenebra stessa. Era sempre stata la sua compagna più fedele. L'aveva seguito senza esitazioni anche in quel viaggio, come sempre aveva fatto, come sempre avrebbe fatto. Insieme avevano attraversato le terre oscure, affrontato le orde selvagge dei Barduk e degli orchi piumati, fino ad oltrepassare le caverne dimensionali dei mangiatori di cadaveri, e da lì erano risaliti fino a raggiungere quella terra giovane, ricca di speranza. Una terra che alternava luce ed ombra così diversa dal suo oscuro mondo natio. Già, perché Redamn di Hel è un guerriero d’infernale stirpe. Un demone fuggito da una terra lontana che non poteva più comprendere e che non l’avrebbe mai compreso. Lui, che dell'onore e del rispetto aveva fatto una legge, era divenuto ben presto un estraneo nel mondo dominato dal caos da cui proveniva. Odiato e temuto per la sua diversità, si era bandito, cercando nuove strade oltre il buio, oltre il deserto, oltre le grandi montagne, oltre i ghiacciai.
    Adesso che i suoi occhi erano posati sulla verde terra degli uomini, una nuova speranza si era fatta largo nel suo animo anche se ben sapeva che quella terra non aveva altro nome con cui chiamarlo se non “Demonio”.

    Poi impercettibile ed invisibile come il planare di un rapace notturno, una nube oscura offuscò la luna ed il vento portò alle narici di Berit un odore di morte antica.
    Gli strani occhi di Redamn scrutarono la notte, seguendo lo sguardo di Berit.
    Figlio di un mondo oscuro, non aveva nessuna difficoltà ad individuare anche il più piccolo movimento che la notte cercasse di celare nel suo buio ventre. Al suo olfatto giunse lo stesso odore acre di fumo che aveva allarmato la sua compagna e la seguì attraverso la boscaglia, fino a scorgere i primi bagliori di un grande fuoco. Si mossero cautamente. L’odore di morte era sempre più intenso. I sensi di Redamn erano in subbuglio. Percepiva una presenza ostile. Ma il dubbio in lui era ancora predominante, e questo rendeva i suoi movimenti pericolosamente incerti. Non ancora convinto che i suoi sensi fossero pronti a riconoscere, o definire con esattezza, quella nuova realtà, trattenne Berit. Avrebbe voluto conoscere meglio i comportamenti degli uomini, prima di svelarsi ai loro occhi ed era certo che, se si fosse imbattuto in qualcuno di loro, la cosa avrebbe destato non poco scalpore. Quindi frenando la frenesia di Berit avanzarono cautamente fino ai margini della piccola radura, dove lo spettacolo e l'orrore dei millenni sembrava essersi dato appuntamento nelle diroccate vestigia di un antichissimo tempio.

    Nonostante i timori di Redamn, lo scenario non lasciava spazio a nessun dubbio di sorta: un cerchio di fuoco, alimentato da una forza misteriosa, circondava cinque altari sacrificali disposti a pentacolo. Quattro piccoli esseri umani, due maschi e due femmine, vi erano legati sopra, mentre al vertice del pentacolo vi era una giovane fanciulla nuda con il corpo coperto di strane iscrizioni. Al centro, un fetido pozzo da cui giungevano immani gorgoglii.
    Improvvisi, quattro lunghi tentacoli gelatinosi fuoriuscirono dal pozzo, avvolgendo e sradicando senza alcuno sforzo il corpo della fanciulla dalla nuda pietra, trascinandolo all'interno del pozzo tra le urla senza fine delle altre quattro vittime. Gli abominevoli gorgoglii si moltiplicarono fino a che, come rinvigorita dall'energia di quel pasto, una creatura indefinita fuoriuscì dal pozzo per terminare il suo osceno banchetto.
    Redamn estrasse la grande spada e Berit spalancò le enormi fauci, quando si gettarono ululanti nella radura. La creatura aveva raggiunto il corpo di una delle piccole femmine di uomo e la stava già inglobando, quando Berit con un balzo sfoderò i suoi terribili artigli retrattili, lunghi e affilati come i pugnali più resistenti... ma la sua zampata finì per immergersi e fuoriuscire da quella gelatina inconsistente e per la piccola non ci fu speranza.

    Subito la creatura sembrò mutare ed assumere sembianze umanoidi. Il gorgoglio mutò e, attraversando una vasta gamma di suoni inarticolati, si schiarì in un linguaggio definito: "Onora il tuo Dio, uomo, ed offrimi la tua carne come fanno tutti gli umani". Con incredibile velocità sradicò il corpo di uno dei maschi da un altare e lo gettò nel pozzo da cui ripresero a fuoriuscire orridi gorgoglii di soddisfazione.
    La voce di Redamn tuonò insieme al fulmine che sconquassò il cielo alle sue spalle, illuminandone la maestosa figura. La pelle, rossa come il fuoco dell'inferno, era attraversata da striature nere simili a fulmini di pece scolpita sul suo corpo, i capelli neri, raccolti in una lunghissima treccia: "Io non sono un uomo". Alzò la spada al cielo e rese schiavo il fulmine, indirizzando la sua devastante potenza verso l'essere che aveva di fronte. La creatura, resa fluorescente dall'energia del cielo, dapprima si scompose, riassumendo le sembianze iniziali, poi si divise in due e mentre una parte rientrava velocemente nel pozzo tra acute grida di dolore, l'altra parte esplose scomparendo nell'aria. Non sembrava affatto finita: dal pozzo, il mostruoso gorgoglio sembrò farsi più intenso; qualcosa stava per riemergere da quelle profondità. Con rapidità ed incredibile delicatezza, Berit liberò i piccoli sopravvissuti privi di sensi e penetrò nella boscaglia, mentre la spada di Redamn si fece incandescente ed il suo terribile fendente squassò il pozzo fino alle sue oscene fondamenta, da cui giunse una strozzata promessa di vendetta. Redamn si voltò di scatto. Un impercettibile presenza poco lontano aveva attratto i suoi acutissimi sensi. Guardò il profondo della boscaglia in attenta attesa poi il suo volto tornò a rilassarsi e con grandi passi si avviò verso la direzione presa da Berit, mentre un'ombra silenziosa ed indistinta si lanciò nella direzione opposta.

    Luna era figlia di Re ed ormai unica erede al trono di quelle terre. La sua stirpe fu la prima ad essere trucidata dagli adoratori degli antichi dei. Un giorno, non lontano nel tempo ma ormai perso nelle nebbie di una memoria sconvolta dall'orrore, tre sacerdoti giunsero da una terra dimenticata del sud. Furono accolti in pace, con gli onori spettanti agli uomini di preghiera, ma un'ombra oscura aveva viaggiato al loro fianco. Era il sordido inganno di cui si svelarono supremi propagatori. Il seme della discordia trovò ben presto il suo terreno più naturale nelle deboli menti degli uomini, sempre pronti a credere alle false promesse. I più valorosi vennero trucidati con l'inganno dai loro stessi fratelli resi folli dalle promesse che l'oscurità mai mantiene. Così avvenne che il potere dei re passò ai preti che di Zurg portavano il nome.
    Due di loro abbandonarono subito quelle terre ormai soggiogate e si diressero verso altri regni a diffondere il seme del male, la fede nell'inganno. Uno restò ad officiare il rito degli antichi... a nutrire gli insaziabili... ad accrescerne il potere.

    Luna aveva sei anni: fu scelta per il sacrificio insieme a sua sorella maggiore, la cui bellezza era nota in tutti i regni del nord e le cui ossa adesso marcivano nelle profondità più oscure.

    Dagon aveva appena raggiunto i tredici anni e ricordava ancora la sfida con il vecchio capo dei lupacchiotti di strada, quando la sua agilità gli aveva permesso di trionfare ed essere il nuovo acclamato boss. Il suo fisico già sviluppato e la sua mente sveglia l'avevano reso protagonista di innumerevoli imprese eroiche agli occhi degli altri orfanelli che lo additavano come esempio.
    Non aveva mai conosciuto i suoi genitori, non aveva mai posseduto nulla, eppure le misteriose vie del fato lo avevano condotto ad una morte fianco a fianco con due principesse.
    Quando riemerse dall'oblio, vide la piccola principessa coccolata da una donna dai lunghissimi capelli, neri come la tenebra più scura, neri come la sua stessa pelle.
    "Probabilmente proviene dal sud" ipotizzò Dagon, ricordando i racconti uditi alle fiere "...ed in questo caso, potrebbe essere alleata dei preti...". Immerso in quei pensieri, avvertì un brivido correre lungo la schiena notando gli occhi della donna: due fessure rosse come il tramonto e rischiò di svenire di nuovo quando si accorse che i suoi capelli nascondevano un altro paio di occhi, che lo spiavano dalle tempie. Voleva urlare, scappare lontano, in preda ad un orrore senza fine. Quel mostro era sicuramente uscito dal fetido pozzo dei sacrifici ed adesso stava per consumare il suo pasto. Ma non mosse un passo. Non per il terrore che pure lo avvolgeva, ma per l’incredulità nel vedere la piccola principessa stringere avidamente la mano della donna-demonio, come ogni bimba fa per cercare protezione in una persona adulta. La bimba sembrò percepire il suo terrore e gli fece cenno di avvicinarsi. Quegli occhi spaventosi, stranamente, non sembravano incuterle timore... anzi, lui stesso avvertì in loro una grande nobiltà d'animo, sembravano gli occhi protettivi di una madre. Uno sguardo che lui aveva da sempre cercato.

    Una voce ferma e possente lo fece trasalire: "Se mia sorella adesso ti spaventa, dovresti vedere quando si trasforma!".

    "Io non ho paura di nulla" ribattè Dagon, ma alla vista di Redamn non potè fare a meno di sgranare gli occhi, tale era l'affascinante paura che quella figura emanava.

    "Allora ci siamo imbattuti in un grande guerriero sorellina. Io sono Redamn di Hel e lei è Berit, mia sorella e compagna. Berit non può parlare, quindi parlerai con me, piccolo guerriero. Tante sono le cose che vogliamo sapere da te, cominciando proprio da cosa ci facevi su quell'altare".

    Il tempo trascorse tranquillo, mentre i quattro facevano conoscenza. L'ambiente pareva avvolto da una serenità ed un senso di protezione che Dagon non aveva mai provato. Quelle due figure, così diverse da loro, erano eccezionalmente limpide, come nessun essere umano lo era mai stato ai suoi occhi. Il racconto di Dagon si unì a quello di Luna, mentre Redamn si limitava ad ascoltare in silenzio finchè… fu ancora l'odore di morte antica a destare i sensi di Berit che, avvolgendosi in un turbine nero, nello spazio di un battito di ciglia, tornò ad essere pantera.

    "Ferma Berit! Sono già qui!" esclamò Redamn "...qualche potere misterioso deve averli nascosti ai tuoi sensi".
    Nello stesso istante la radura si popolò di umani che in un cerchio di carne attorniarono i quattro amici, maledicendoli a gran voce. Improvviso calò il silenzio, la folla si aprì e dal suo ventre un vecchio con una tunica nera e una candida barba bianca gli si fece incontro.

    "Demonio! Tornatene nel tuo mondo! Ho visto il tuo potere malefico: hai osato contrapporti al grande Zurg. Zurg il nero, Zurg il cannibale, colui che presto siederà sul trono del mondo."

    La folla prese ad ululare a gran voce il nome del dio"Zurg! Zurg!" ma un cenno del prete riportò il silenzio. "Consegnateci le vittime ed andatevene, mostri! Non c'è posto per voi su questa terra!".

    Redamn guardò il prete, penetrò i suoi occhi, mentre Berit si era già schierata, protettiva, davanti ai due ragazzi. E con assoluta tranquillità parlò: "Prete, sarai tu a scacciarmi da questa terra?"

    “No! Non io.” Fu la risposta del prete che alzate le braccia al cielo, iniziò ad intonare una strana nenia. Il cielo prese ad oscurarsi, l’aria a rarefarsi, mentre la folla si guardava intorno circospetta in preda ad un orrore indefinito. Il vecchio scattò in avanti, conficcando il suo bastone nella terra con insospettabile tremenda forza: "Vieni Zurg. Vieni signore oscuro. Dio della pestilenza. Supremo cannibale. Vieni a reclamare il tuo regno".
    Dalla ferita nella terra, aperta dal bastone magico del prete, degli osceni gorgoglii presero a risalire le tenebre. Un'impalpabile massa incorporea cominciò ad espandersi, fagocitando la terra stessa e dirigendosi lenta ed inarrestabile verso Redamn.
    Il guerriero delle tenebre non perse tempo. Con la calma dei forti, estrasse la lunga spada e la indirizzò al cielo; ancora una volta, il fulmine rispose al suo richiamo, inondandolo con la sua tremenda forza. L'energia fluì nel suo corpo come un fiume in piena, gonfiando le nere striature del suo corpo, come se in loro si accumulasse il potere distruttivo della folgore. La lunga treccia si sciolse improvvisa, liberando i neri capelli del demone che si lanciarono verso il cielo. Poi, con una smorfia ed un tremendo urlo liberatorio, conficcò l'arma nella terra, proprio davanti alla creatura: "Tu non passerai!".
    Una incredibile barriera di energia pura sorse dalla terra, circondando Redamn, Berit ed i due ragazzi. La creatura sembrò impazzire, famelica e furiosa s’innalzò da terra. Non potendo passare, tentò di inglobare la barriera, avvolgendola con il suo essere. Fu come stringere un ferro rovente nella mano. I mostruosi gorgoglii assunsero i connotati del dolore. La massa gelatinosa si eresse improvvisa rifuggendo da quell’energia luminosa e ricadde, folle di dolore, avventandosi sulla folla consumandone carne ed ossa. La creatura, che era parte del Dio stesso, reclamò il suo tributo di sangue. Zurg il cannibale concesse ai suoi seguaci il dono supremo. E fu il panico tra la folla, che si rifugiò tra gli alberi.

    Redamn osservava con distacco la scena, limitandosi a proteggere le persone che gli stavano a cuore, come tante altre volte aveva fatto nella terra dei demoni. Luna si avvicinò a lui e cominciò a supplicarlo di intervenire in difesa di quella gente che aveva voluto mandarla a morire. La piccola mostrava già i segni di quello che sarebbe stato il suo regale futuro. Redamn la guardò e vide la regina ferma e compassionevole che sarebbe divenuta. La barriera scomparve in un attimo e la voce di Redamn riecheggiò nella radura "Vai Berit!!".
    E Berit scattò, potente e sinuosa, decisa e letale, verso il prete che ancora immobile manteneva aperto il varco con il putrido mondo sotterraneo di Zurg. Un balzo, l'apertura della possente mascella, ed i lunghi denti frantumarono il cranio del prete che crollò in un lago di sangue.
    La creaturà gridò, di un grido che fece tremare la terra e crollare in ginocchio ogni uomo presente. Poi si dissolse nell'aria, ormai morta. Distrutto il tramite, non poteva più sopravvivere in quel mondo e questo Redamn l'aveva intuito da subito, quando nel tempio del sacrificio aveva avvertito la presenza del prete.
    Luna saltò al collo di Berit, tornata ad essere donna e Dagon si strinse al fianco di Redamn, dal cui volto scaturì un sorriso. Così inconsueto in quella figura demoniaca.
    Era un sorriso che conteneva la sensazione di aver trovato finalmente una casa. Aveva salvato molte vite e forse guadagnato la riconoscenza di quegli uomini. Ma gli uomini non hanno riconoscenza. Provati da mesi di dipendenza da quel culto oscuro. Soggiogati dalla mente immensamente forte dei preti di Zurg e terrorizzati dall'orrore cui avevano assistito, cominciarono a guardarlo con odio.
    Gli lanciavano insulti, inveivano contro i loro salvatori: "Siete voi la colpa di tutte queste morti! Adesso la vendetta del Dio ricadrà su di noi! Uccidiamoli!".
    Qualcuno cominciò a tirare delle pietre "Lapidiamoli!!". Una colpi Dagon al petto, facendolo accasciare dolorante. Un'altra partì diretta verso la testa di Luna, ma Berit frappose il suo corpo, lasciandosi colpire da quel proiettile di pietra che le strappò un ringhio.
    Dalla bocca di Redamn, scaturì un tremendo grido. Un grido di guerra, con tutto il furore della sua ira. Gli occhi fiammeggiarono come non lo avevano fatto neanche quando aveva affrontato i mostri più aberranti; e quegli uomini meschini fuggirono in un attimo.
    Ancora una volta, si sentì un estraneo, come si era già sentito nella sua terra natale. Un ramingo senza patria ne un posto dove andare. Pronto a lasciar fluire il suo odio, la sua natura demoniaca che non era mai riuscito ad accettare. Si sentì temuto ed odiato, da quella folla preda della superstizione e delle apparenze; si sentì ancora una volta un estraneo. Ma improvvisamente Luna gli si fece incontro e con occhi umidi chiese scusa per quella gente. Chiese scusa per persone che per ben due volte avrebbero voluto ucciderla. I suoi occhi limpidi ed innocenti scaldarono l'animo del demone. In fondo, quel mondo era capace di creare persone come Dagon e Luna!

    Così partirono insieme, alla scoperta di quel nuovo mondo. Promettendo a Luna che un giorno, quando sarebbe stata pronta, sarebbero tornati a reclamare il regno che le spettava.


     
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  2. CarDestroyer
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    Noto una seppur velata :D accusa contro la religione :lol: .
    Usi un tono roboante che a me non piace, ma credo che si adatti bene al genere (fantasy) :) .
    Magari non sottolineare troppo le particolarità di Berit e Redamn come
    CITAZIONE
    Un impercettibile presenza poco lontano aveva attratto i suoi acutissimi sensi.

    Ci sono alcuni punti dove hai spezzato troppo le frasi e la scorrevolezza, ma in generale il racconto mi è piaciuto ^_^ . Perché non provi a partecipare al contest sul forum di scrittura che ho pubblicizzato nell'altro topic :) ?
     
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  3. galoran
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    no, non ho niente contro le religioni, per dirla con Castro la religione diviene oppio solo quando è imposta e recepita come un dogma. La comprensione del messaggio religioso e la sua accettazione fanno parte di un sistema di valori che va di pari passo con l'istruzione di un paese, con la conseguente capacità critica del suo popolo. Un messaggio imposto diviene uno strumento di potere nelle mani di chi lo promulga. Un abile manipolatore in questo senso può far credere qualsiasi cosa...e questo resta argomento ben noto nella storia e nella scienza della politica (dal "Principe" ad oggi).

    Per il resto credo che non parteciperò...non penso che Mullawa mi avrebbe permesso di essere benedetto da Kyazaar...perchè se forse ho il seme del creatore nella mia testa...non ho quello del narratore tra le mie mani...eh,eh :D :lol:










     
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2 replies since 2/2/2007, 14:55   237 views
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