Capitolo 1

Il Libro

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. ShakeUp
        Like  
     
    .

    User deleted


    La sera era calda ed umida e l'autunno il più afoso degli ultimi vent’anni, ma a David questo non importava. “E’ il giorno più bello della mia vita” ripeteva tra sé, mentre usciva dal suo ufficio al settimo piano di Richmond Street.
    Il suo studio commercialista aveva appena acquisito un grosso cliente, la Text, un’importante azienda di giocattoli, con un fatturato di milioni di dollari. Era un altro bel colpo per quello che fino a pochi anni prima era un piccolo studio di periferia, a gestione familiare, con pochi dipendenti e soprattutto pochi clienti “famosi”.
    David si guardò nello specchietto della sua Mercedes; era di bell’aspetto, biondo con occhi azzurri, lineamenti aggraziati e giovanili, che dimostravano almeno sei-sette anni in meno dei trentacinque che invece aveva. “E adesso andiamo a divertirci, Luke e Manuel mi stanno aspettando” si disse.
    La macchina uscì dal parcheggio sotterraneo dell’edificio ed entrò nel traffico caotico di Manhattan.
    La city brulicava di vita; le strade erano intasate da ogni tipo di macchina e nei marciapiedi si faceva fatica a camminare.
    “Ah, Halloween, un altro gran bel motivo per fare festa” guardò l’ora sul cruscotto della sua macchina “sono già le dieci e mezza, sicuramente saranno già dentro provando a cuccare qualche bella ragazza!”
    Quando arrivò davanti al locale notò la lunga fila fuori dalla porta. Ma non si preoccupava, lui non era un cliente qualunque, anzi non era proprio un cliente.
    “Buona sera, capo” gli disse uno dei due buttafuori mentre smontava dalla macchina.
    “Ciao Bob, c’è il pienone stasera eh?” rispose mentre gli consegnava le chiavi ed entrava nel locale, osservato incuriosito da tutta la folla lì fuori.
    Il locale, “Il Metro” era all’altezza della sua fama. Era un posto di gran classe, ed anche se era stato aperto da poco tempo veniva considerato il migliore della città, il posto più “in”, dove non si poteva non andare, anche a costo di aspettare ore fuori al freddo.
    L’aveva aperto in società con Luke e Manuel, due suoi amici imprenditori, appena aveva avuto i soldi necessari per farlo.
    David si diresse immediatamente al bancone del bar, ordinò un martini bianco e chiese a Martyn, il barista, dei suoi amici.
    “Signor Donnell, i signori Wells e Michels non sono ancora arrivati” gli riferì mentre preparava il drink.
    Preoccupato per il loro ritardo, cosa piuttosto insolita, provò a chiamarli al cellulare, ma entrambi erano irraggiungibili.

    Edited by ShakeUp - 15/12/2004, 19:41
     
    .
  2.     Like  
     
    .
    Avatar

    Dampyr

    Group
    Member
    Posts
    11,396
    Reputation
    +1
    Location
    Padova

    Status
    Offline
    L’espressione di Martyn non cambiò, non sembrava aver colto il fugace gesto di disappunto che aveva compiuto dopo aver abbassato il cellulare; l’africano, forte della sua stazza imponente, vicino ai due metri valutò David, continuava imperturbabile nella sua opera, aggiungendo dell’acqua di Seltz ad un cocktail dal colore verde pallido che stava venendo ultimato, mentre con l’altra mano aveva già preso la bottiglia di Martini bianco.
    “Grazie…anzi, ho cambiato idea, prenderò un Mojito mentre li attendo.” vedere il barista in azione gli aveva fatto sentire chiaro il desiderio di provare uno dei suoi insuperabili cocktail.
    Rimase pensieroso ad osservarlo, mentre Martyn, con un sorriso sul volto che poteva apparire leggermente forzato, versava un cucchiaio di zucchero in un tumbler contenente del ghiaccio a cubetti e preparava con gesti veloci e accurati delle foglie di mentuccia fresche.
    L’amicizia che lo legava a Luke Wells durava ormai da diverso tempo, dai primi anni dell’Università, e si era sempre basata su una accesa competizione. Avevano entrambi militato nella squadra di atletica e avevano gareggiato nelle stesse discipline ottenendo risultati simili, entrambi avevano conseguito la laurea con il massimo dei voti, e con le donne… ormai aveva perso il conto delle volte che avevano assediato la stessa ragazza…era diventato come un gioco, a cui nessuno dei due intendeva più rinunciare.
    David non sapeva come spiegarselo, ma era stata proprio questa continua tensione a rendere saldo il loro rapporto, col passare degli anni attriti e contrasti si erano fatti sempre più sporadici ed avevano finito per accettarsi completamente, senza più mettersi in discussione.
    Forse è perché stiamo invecchiando pensò con un lieve sorriso.
    “Ecco il vostro drink, signor Donnel”
    La voce neutra e professionale di Martyn lo distolse dai suoi pensieri, il gigantesco africano gli porgeva il bicchiere con la bevanda a base di Rum, completo di un rametto di menta decorativo. David ringraziò con un cenno del capo e, tolta la cannuccia, assaporò il cocktail con una lunga sorsata.

    Edited by DOOOOD_NERO - 10/11/2004, 09:27
     
    .
  3.     Like  
     
    .
    Avatar

    Dampyr

    Group
    Member
    Posts
    51,288
    Reputation
    +1
    Location
    Cuore a Bari, corpo a Taranto

    Status
    Offline
    "Solo?" fu quanto si sentì dire David mentre posava il bicchiere sul banco, si voltò e vide sederglisi accanto una giovane donna, sui ventotto anni, dalla pelle chiara ed i capelli ricci e biondi; il clima di Halloween l'aveva convinta ad uscire appesantendo il trucco con forti segni di matita agli occhi e rossetto scuro, tanto che David faticò qualche istante a riconoscerla: "Ciao, Dana! Vedo che intendi festeggiare... Prendi qualcosa da bere?" - "Volentieri... Martyn, per cortesia, lo stesso cocktail di David..." Tra David e Dana non c'era particolare confidenza, si conoscevano appena tramite Manuel, col quale aveva una relazione da un paio di settimane.
    "Allora?" osservò Dana con un tenue sorriso "Non ci sono i tuoi amici? E' raro entrare qui e non trovare 'i tre cavalieri del Metro' riuniti assieme a tarda sera..." David fu incuriosito di quell'appellativo, ma lo trovò simpatico, come manifestò la sua espressione rispondendole che in effetti li stava aspettando e che non riusciva a contattarli telefonicamente, mentre il Mojito per Dana era pronto, e Martyn glielo porse.
    La ragazza fece a David qualche domanda formale circa la sua amicizia con Manuel: "Probabilmente se non ci fosse stato lui" iniziò a dire David "io e Luke avremmo esitato ad aprire 'Il Metro'; ha sempre avuto una certa propensione al rischio, al confronto delle proprie capacità di riuscire nella vita..." Poi iniziò a raccontarle di quando si conobbero, cinque anni prima, partecipando alla stessa puntata di un gioco a quiz televisivo, scoprendosi entrambi imprenditori in cerca di una grande idea, si tennero in contatto, dapprima sporadicamente e poi con una certa frequenza... Siccome poi, era inevitabile essere amico di David senza esserlo di Luke, i tre iniziarono a frequentarsi e progettare, fino a divenire "I tre cavalieri del Metro"...
    Ora toccava a Dana raccontare qualcosa di sè: mentre studiava da infermiera, aveva incontrato un fotografo che l'aveva convinta a lanciarsi nel mondo della moda, realizzando un paio di servizi che le avevano consentito di proseguire gli studi autonomamente, sebbene le promesse di sfilare per grandi stilisti erano andata a farsi benedire... Ora quindi lavorava da infermiera nel pronto soccorso di Manhattan, "... Dopo poche settimane dall'11 settembre..." concluse.

    Edited by Gas75 - 9/11/2004, 23:26
     
    .
  4. Ray of Darkness
        Like  
     
    .

    User deleted


    Già, un bel giorno da dimenticare quello. Non che a che a David fregasse particolarmente del terrorismo o della politica, ma dopo il disastro delle Torri Gemelle gli affari per almeno un mese avevano preso una brutta piega per il loro club. La gente aveva paura di muoversi di casa, figurarsi raggiungere il loro esclusivo club in mezzo all’area del disastro, mentre le terribili polveri sollevate della macerie rendevano impossibile l’accesso. David si ricordava ancora come stupidamente, due giorni dopo, si era ritrovato a casa davanti al suo schermo ultrapiatto, nel suo attico arredato secondo una stile vagamente anni ’70, munito addirittura di bancone e sedie bar, e guardando l’onnipresente immagine dell’arabo barbuto che tutti i canali passavano, con un Martini dry in mano si era ritrovato a brindare abbozzando: “Alla tua, stronzo”
    Ma poi lentamente gli affari avevano ripreso la piega giusta e la vita di Manhattan aveva ripreso il suo corso frenetico e il “Metro” si era di nuovo ritrovato gremito di gente, di tutte le razze. A David non gliene fregava nulla se gli arabi entravano nel suo locale, in fondo erano paganti come tutti gli altri.
    “Sembri un bambolotto” sentì in sottofondo, la voce di Dana: si era incantato perso nei suoi tortuosi pensieri. “Beh, abbiamo già finito la conversazione? Non pensavo di annoiarti così tanto”
    “No, scusami Dana, dicevi del fotografo…”
    “Lascia perdere” disse alzandosi e prendendo la direzione del salone “Sarà per un'altra volta, magari quando avrai il tempo di ascoltarmi” e così dicendo gli volse le spalle e se ne andò ancora prima che David potesse aprir bocca. Né tentò di fermarla, sapeva che quando una donna come Dana prendeva una decisione, soprattutto dopo che era rimasto lì come un baccalà immerso nei suoi pensieri, non c’era nulla che potesse fare concretamente…
    La osservò dunque mentre prendeva l’uscita per immergersi nell’oscurità della notte.
    Si rigirò quindi verso il bancone e il suo Mojito, guardando dentro il bicchiere pensieroso quando sentì una voce estranea chiamarlo
    “Il signore David Donnel?”

    Edited by Ray of Darkness - 11/11/2004, 21:12
     
    .
  5. CarDestroyer
        Like  
     
    .

    User deleted


    []
    Il cono di luce blu scivolò oltre la ferita tra i palazzi sbreccati e viscidi di muffa, dilungandosi sul muro interno del cortile, alto il doppio di un uomo e con nel mezzo un'apertura dai bordi butterati e friabili grande quanto un pugno. il cono illuminò di viola una serie di linee e curve, che racchiudevano al loro interno altre linee e curve: due ovoidi e una mezzaluna seghettata dentro un cerchio perfetto dalla cui sommità nascevano lunghe linee intrecciate; un tubo raggiato congiungeva il cerchio ad un cilindro rigonfio con due puntute appendici cascanti.
    L'oscurità ricadde nel vicolo.
    Sull'asfalto, sotto il foro, il cadavere di un cucciolo ribolliva di vita, e i liquidi evaporavano lentamente quasi come fumo oleoso succhiato dal cemento.
    Il cono blu tornò ad accarezzare l'intonaco: dall'alto del cilindro si dibattevano immobili due corde di vernice terminanti in un cerchio e cinque segmenti nocchiuti ciascuna; in basso, attorno all'apertura, crescevano altre due corde simmetriche, arcuate e senza appendici. Dentro il foro, l'opilionide sussultò tenendosi avvinghiato al cemento umido.
    Un'ombra scacciò la luce blu.
    Dall'alto, oltre le finestre inchiodate dei due palazzi sbreccati, piovevano le note rauche di "Suffer" degli Staind.
    «Spero di non trovare niente.»
    «Sta zitto Jenkins e vedi di non pestare qualche prova.»
    «Parla per te Franklin... E non puntarmi quella torcia... Merda, ora sì che non vedo un cazzo.»
    «Allora fermati, perché il muro che stai palpeggiando finisce qui.»
    Il cono di luce bianca strappò il lenzuolo nero dal muro in fondo al cortile, soffermandosi sulle lucenti linee e curve rosse.
    L'opilionide stava immobile, attorniato da alcune piccole uova.

    Edited by CarDestroyer - 12/11/2004, 19:43
     
    .
  6. AChangeOfSeasons
        Like  
     
    .

    User deleted


    “Jenkins, cos’è quella roba?”
    “Non ne ho idea, mai visto niente di simile... e che puzza! Sembra che un intero esercito di topi si sia dato appuntamento qui per morire!”
    L’odore era quello della putrefazione ormai avanzata, un odore che in genere non si sente in una città, neanche in una zona malfamata come quella.
    “Jenkins, guarda... quello schifo si... si muove!”
    “Mio Dio, sembra... sembra vivo!” Jenkins estrasse la 38 (avevano un regolare mandato, dopotutto), sollevò il cane e la puntò verso l’ammasso di linee e curve.
    Proprio in quel momento un suono lacerante, come lo stridere dei freni di un auto prima di un impatto, attraversò l’aria.
    []
    “Sì, sono David Donnel. Piacere di conoscerla signor....”
    “Paul Silbermann. Sono un amico di suo fratello.” Silbermann doveva avere intorno ai 45 anni: I suoi capelli erano crespi, tendenti al grigio e un po’ radi sulle tempie, gli occhi azzurri erano vispi e mobili, incorniciati da occhiali tondi alla John Lennon, decisamente old-fashioned. Sembrava agitato.
    “Sono molto preoccupato per suo fratello, sig. Donnel. Possiamo parlarne in privato?”
    “Certamente, mi segua. Martyn, se mi cercano sono nel retro.” Avevano approntato un piccolo ufficio nel retro, con tutte le comodità, che usavano anche come sala riunioni.
    Suo fratello Everett aveva sei anni più di lui ed era nato da un precedente matrimonio del loro padre. La madre di Ev era morta quando lui aveva poco più di due anni, ma suo padre si era risposato quasi subito.
    Everett era un biologo marino piuttosto bravo. Era evidente fino dalle elementari che Ev stravedeva per la scienza ed era molto portato, anche se la sua abilità nel sezionare rane aveva fatto sperare al padre che si desse alla chirurgia o comunque a qualche scienza più redditizia, e non erano mancate discussioni anche accese sull’argomento. Ma nonostante tutto papà era fiero di lui e ne aveva ben donde: Ev vinceva premi e borse di studio fin da bambino, al punto da riuscire a pagarsi quasi interamente il college da solo e a mantenersi anche dopo grazie alle sue ricerche, e alle pubblicazioni.
    A causa della differenza di età, lui e suo fratello non avevano mai avuto un gran dialogo, tuttavia gli voleva bene, era fiero di lui e tutte le volte che Ev tornava a New York Dave faceva sempre in modo di passare la serata con lui e con i loro genitori.
    L’ultima volta era stato sei mesi prima. Ev era molto eccitato per il nuovo progetto appena iniziato, che lo avrebbe portato sulle coste dell’Inghilterra per almeno sei mesi.
    Cosa poteva essergli successo?
     
    .
  7. figlio di musuraka
        Like  
     
    .

    User deleted


    Entrato nell’ufficio, quel Silbermann non prestò la minima attenzione al ricercato e studiato arredo di quell’ambiente, frutto soprattutto del gusto di Luke, e la cosa si deve dire non gli fece una bella impressione, anche perché ormai era un’abitudine ricevere complimenti da chi per la prima volta vedeva quell’ufficio così personalizzato e ben tenuto. Niente, sembrò non vedere né l’acquario di pesci tropicali che occupava l’intera parete di fondo e parte delle due laterali, né il tavolo di vetro trasparente con strutture nere, poco ingombro ed estremamente lucente, né la moquette azzurrognola di costosa fattura. Si soffermò per un attimo al centro della stanza e da dietro le sue spalle, ancora nei pressi della porta, David non poteva non fare caso all’imponenza di quella sagoma nera, avvolta in quel cappotto lungo di pelle lucente sfumato dalla bluastra luce dei neon, che era fissà là, immobile, e che destinava cinque sei occhiate velocissime tutt’intorno, rapidi movimenti di collo e di viso che comunicavano senso di indifferenza e probabilmente di superiorità. In quei pochi attimi in cui si concentrava ad osservarlo e a studiarlo, istantaneamente sentiva dentro di sè sostituirsi al senso di preoccupazione con cui era nato quell’ incontro uno stato di fastidio dovuto all’estrema prepotenza di quel corpo: voleva ben dire, era nel SUO ufficio, e tutto sembrava meno che quello era il suo territorio, la sua situazione favorevole, come credeva da sempre. Quel Paul, così superiore ai pesci tropicali e alla pulizia, assumeva in quel momento l’aspetto del più temibile inquisitore, e David così disagiato e fuori controllo della situazione era la versione più misera di inquisito a rischio di tortura, pronto a vendere tutto e tutti pur di tornare alla normalità, pur di tornare al cocktail di Martyn. Aveva timore, timore di dover rispondere di qualcosa che non poteva controllare o, peggio ancora, sapere.
    - Posso, vero?- ruppe così il suo disagio e i suoi interrogativi il tale Paul Silbermann, senza voltarsi e prendendo tra le labbra una Wild Wind direttamente dal pacchetto, e andando con due passi brevi a gettare nervosamente la prima nuvola di fumo sul vetro della cornice che stava sul tavolo (e che adesso era nelle sue mani), quella che conteneva la foto dei tre proprietari del Metro nel giorno dell’inaugurazione del locale: sinceramente non una bella foto, ma David non credeva che la qualità dell’esposizione fosse ciò che lo interessava. La rimise al suo posto, come se non ci fosse stato niente che valesse la pena di notare, e non che lo cercasse, con quell’indifferenza che ormai si collegava indissolubilmente con il suo carattere. Si sedette sulla poltrona girevole, sempre incurante di guardarlo o di considerarlo, e David fece lo stesso, sedendosi dall’altra parte del tavolo. L’inquisitore lo fissò un attimo dopo, quando gli domandò con la faccia più avida di risposte che un volto possa disegnare:- Signor Donnel, lei sa cosa è la “Biocom corporation”?

    Edited by figlio di musuraka - 9/12/2004, 11:59
     
    .
  8. JohnnyDark
        Like  
     
    .

    User deleted


    “E’ la multinazionale per la quale sta lavorando Everett se non sbaglio…” Alla prima domanda era sopravvissuto, pensò David, d’ora in poi sarebbe stato tutto in discesa.
    “Esattamente signor Donnel. Suo fratello le ha detto altro sulla Biocom?”
    “Che si occupa dello studio di nuove specie marine geneticamente modificate, nulla di più. Già io ed Ev ci vediamo poco, quel tempo non vogliamo certo sprecarlo annoiandoci con questioni di lavoro”
    “Ancora una volta ha fatto centro David. Posso chiamarla David vero?” Odiava le persone che prima fanno una cosa e poi ne chiedono il permesso, ma saggiamente David decise di non farlo notare a Silbermann. Anzi, sperava che il loro colloquio si concludesse in fretta, quella sera lui, Manuel e Luke avevano cose ben più importanti di cui doversi occupare…
    “Io sono qui in qualità di rappresentante legale e amico di suo fratello. Circa sei mesi fa è partito per conto della Biocom per l’Inghilterra. Per quattro mesi tutto bene, poi suo fratello ha smesso di informare il suo superiore riguardo gli sviluppi delle sue ricerche ed è scomparso. La Biocom pensa che abbia scoperto qualcosa di grosso e stia facendo spionaggio industriale. Lei sa quali problemi comporti al giorno d’oggi una cosa del genere, soprattutto in questo campo”
    “Posso immaginarlo…” Non ci voleva! David estrasse nervosamente il suo portasigarette d’argento dalla tasca interna della sua giacca di Armani. Ne accese una aspirando profondamente. Everett non gli aveva mai dato dei problemi, forse a causa della scarsa confidenza che c’era tra loro. Fissando la lampada a fibre ottiche (qui il gusto di Luke non era stato all’altezza) all’altro capo dell’ufficio meditò il da farsi. Qui il problema sembrava serio, doveva assolutamente avvisare Luke e Manuel del contrattempo.
    “Everett mi ha contattato tre giorni fa dopo circa un paio di mesi di silenzio. Non mi ha spiegato nulla, mi ha semplicemente detto di occuparmi della Biocom e di avvisarla che si sarebbe messo in contatto con lei. Qui si esula dal semplice procedimento legale David. La voce di Everett tremava, sembrava nervoso ed impaurito” Le mani di David cominciarono a sudare, sia per la sorte del fratello quanto per il suo “appuntamento” serale.

    Edited by JohnnyDark - 15/12/2004, 20:03
     
    .
  9. Tsam
        Like  
     
    .

    User deleted


    Plic, plic, plic. Inesorabili le gocce d'acqua continuavano a sfumare i sogni distorti di Everett. Buio. Plic, plic, plic, un'ombra confusa e un unico bagliore di luce illuminavano la triste stanza bianca. Flash. La pioggia batteva insistente sugli oblò della sua nave-studio. Erano due mesi che viveva in quel piccolo angolo di Gran Bretagna studiando quella che sembrava una nuova specie di alga. Dalle sue ricerche risultava che quell'alga aveva contaminato le fogne di Dulville e inquinato parte delle acque del porto; le ultime analisi avevano rilevato un'alta percentuale di allucinogeni naturali contenuti all'interno delle sue spore, i cui effetti dovevano risultare senza dubbio devastanti sulla mente umana. Plic, plic, plic. Un rumore soffocato di un respiro, acqua sul volto. Buio. Plic, plic, plic. Ancora luce, ora più potente, due cerchi enormi davanti a lui. No. Non ancora. Flash. Aveva deciso di provare su se stesso gli effetti di quelle alghe: una minima dose, sarebbe stata la scoperta del secolo. Il dna della pianta era stato chiaramente alterato: mutazione naturale o mano senza senno dell'uomo?Plic, plic, plic. Un fischio sommesso. Ancora il dolore lancinante alla testa. Le mani sporche di sangue. Fame. Era stato colto da una fame improvvisa appena ingerita l'estratto di quell'alga. La porta della nave si era spalancata. Due uomini. E... lui. Si ricordava del suo ultimo viaggio in Italia. Suo cugino adorava vedere una strana trasmissione. Lo Zecchino D'oro. E quel pupazzo. Era un pupazzo? Topo Gigio. E ora era davanti a lui. Più alto, sicuramente con caratteri antropomorfi. Ma era lui. I due uomini si avvicinarono seguendo le istruzioni dell'essere. Improvvisa paura, ma Everett non riusciva a muoversi. Era immobile. Prima che... buio. Plic, plic, plic. Voleva riposare. Smettere di sentire urlare le proprie membra. E aveva fame. David. Suo fratello. Il sole picchiava sulla finestra opacizzata. Un altro fischio acuto. Buio.
     
    .
  10. jedimaster
        Like  
     
    .

    User deleted


    “No!!!” Ev si alzò di soprassalto, ansimando. Guardò attraverso l’oblò che era sopra il suo letto, proprio alla sua sinistra: pioggia. Ancora pioggia. Che tempo del cazzo. Quando spunta il sole che faranno gli inglesi, stappano una bottiglia per festeggiare? Si strofinò l’ampia fronte sopra l’occhio sinistro, appoggiando il gomito sul ginocchio. Merda, aveva ancora il fiatone; da giorni sempre lo stesso fottuto incubo. Ormai era a pezzi.“Buongiorno sir Donnel.” Ev guardò stanco verso la scrivania, da dove proveniva la voce. “Church” disse, salutandolo con lo stesso tono di rassegnazione di chi entra nella toilette di un bar vedendo che l’ultimo cliente ha sganciato senza tirare lo sciacquone. Ev andò alla dispensa. Aveva una fame orrenda, ma non doveva toccare cibo, tuttavia un caffè se lo poteva permettere: almeno questo lo avrebbe distratto dalla presenza nella stanza. Quell’orrida vecchia spugna! Perché non poteva esserci Britney Spears al suo posto? “Questo lo sai solo tu zietto.” L’occhio rosso e trasparente sull’elsa rifletteva la sua immagine; era spettinato e con la barba di una settimana almeno.“I tagliacarte non parlano” borbottò sovrappensiero Ev. Excalibur stava davanti a lui, bellissima e splendente come un coro di angeli in una cattedrale barocca, mentre il rubino sul pomolo continuava a fissarlo. Galleggiava in verticale dentro un cono di luce profumata come il giardino dell’eden. “Cosa vorresti che facessi allora? Al momento il trono d’Inghilterra non è vacante…”. Era terribile; le allucinazioni peggioravano sempre più, e anche se finora era riuscito a celare agli altri il suo problema, avrebbe potuto tradirsi alla prima occasione. Magari insultando un termosifone texano per la sua visione fascista della vita. A volte si chiedeva chi glielo aveva fatto fare a sperimentare su di sé la quarta coltura; poi si ricordava della quantità di lavoro castrante che aveva fatto, e l’esaltazione che lo aveva travolto quando aveva visto i risultati dei test. Era riuscito in tre mesi in quello che gli altri non avevano fatto in cinque anni! Doveva provarne gli effetti! Beh, eccoli lì gli effetti, una spada leggendaria di quasi due metri con un’insospettabile verve, e un vecchiaccio ubriacone con quell’insospettabile flemma inglese! Certo, c’erano anche gli effetti positivi, e oggi li avrebbe testati, se non gli andava il cervello in pappa prima. Mentre sorseggiava il caffè pensava a David: non era sicuro di fare la cosa giusta dicendogli tutto. Forse sarebbe meglio dirgli solo quello che gli serve sapere, ma poi? Come avrebbe potuto guardarsi allo specchio? Posto che un poi ci sarebbe stato, certo. Avrebbe riso in faccia a chiunque gli avesse posto questi dubbi solo un mese prima. Ma dopo la fuga di trenta giorni fa, le pietre angolari su cui si poggiavano le sue idee stavano diventando sempre più fragili: come una trave di ferro lasciata ad arrugginire. “stia attento a cosa beve sir.” Lo avvertì Winston Churchill, distogliendolo dai suoi pensieri. Ev guardò i minitrolls galleggiare nel suo caffè. Pensieroso continuò a scrutare il cielo plumbeo dall’oblò.

    Edited by jedimaster - 26/1/2005, 01:28
     
    .
  11. Funes
        Like  
     
    .

    User deleted


    Fame... Cosa lo stava bruciando dentro? Cosa lo stava costringendo a vagare come un allucinato appoggiandosi alle pareti? Era tardi ormai, x cosa però?
    Barcollava, anzi rollava mentre si perdeva nel caffè nero e torbido come ciò che non vedeva a 2 passi da sè... Decisamente sarebbe stato meglio andare a riposarsi ma quel... quel... quel non so cosa che chiamava dal suo stomaco e che gli faceva sentire solo fame e fame e poi ancora fame...

    Era tardi, doveva darsi una mossa se voleva arrivare in tempo ma chiaramente non poteva presentarsi all'appuntamento senza i suoi occhiali da sole, un vero e proprio feticcio x lui. “Settantamila dollari di macchina e quel marmocchio sullo skate mi sta dando merda... Maledetto traffico e schifosa città! Se non fosse x il Metro me ne sarei già andato da un pezzo!”, non aveva finito di pensarlo che un'ambulanza gli passò di fianco a sirene spiegate... Come non approfittare dell'occasione, in fondo gli bastava accodarsi a quel comodo apripista fino al prossimo isolato, poi si sarebbe disimpegnato e in un attimo sarebbe arrivato a casa... Freccia e gas, “Fanculo!”

    “Sono proprio a pezzi” disse... Incredibile! Era riuscito a parlare... Da quando Fame (xchè non si trattava + solo di un'esigenza fisica, di un dolore, di un imperativo: era diventata una creatura, era diventata lui!) lo aveva preso... Quando lo aveva preso? Quando era iniziato il suo calvario? “CHURCH!!!” urlò ansimando, cadendo a terra. Era stordito, non capiva e soffriva il mare, tanto che vomitò + volte; alla fine, sdraiato a terra, stava peggio di prima... Fame chiamava sempre, era quasi tentato di riprendersi quello che incautamente aveva lasciato scivolare fuori dal suo corpo... “Stia attento a cosa beve sir”... “Ma vaff!”... Un momento, chi l'aveva ammonito? Va bene che non si reggeva in piedi ma mettersi anche ad insultare uno che lo chiamava sir... sì, ma dove stava 'sto tizio... e xchè aveva urlato quel nome? Era solo, solo con il suo maledetto caffè... a proposito, che fine aveva fatto il caffè?

    A una trentina di metri da casa pigiò il piede sul pedale del freno, facendo stridere le gomme così forte da dare fastidio persino a lui; aveva fatto togliere l'ABS proprio x potersi divertire meglio ma a volte si faceva paura da solo. Quasi si catapultò fuori dall'auto e si mise a correre verso il cancelletto della sua villetta... Doveva fare presto, il Metro era lontano e il tempo aveva ben + di 240 CV sotto il culo!
    Quel fischio -il flashback della sua mano che impugnava una pistola lo abbagliò!- quello stridìo lacerante l'aveva fatto scattare come una molla. I nervi erano acciaio che straziava il suo corpo come solo Fame era in grado di fare; non capiva, non sentiva... L'impasto di sangue e bava che aveva in bocca non lo lasciava respirare! Ansimava, si contorceva... non capiva... non era!
    “Cazzo di chiave di merda! Dove cazzo sei!!!?” Finalmente le sue dita si strinsero sulla pelle lavorata del portachiavi e riuscì a tirarlo fuori dalla tasca destra dei pantaloni... “Palle!”
    Infilò la chiave nella serratura, il freddo metallo girò squarciando le carni e la porta si aprì... Entrò nel cortiletto con un lieve tonfo.
    Il display del cellulare, comodamente disteso sul cruscotto dell'auto, si illuminò x la chiamata di David.

    Edited by Funes - 8/2/2005, 00:41
     
    .
10 replies since 30/10/2004, 12:43   419 views
  Share  
.