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galoran.
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I "DONOS"
Non ci sono parole per descrivere Ginos, un ometto piccolo che appare così debole ed
indifeso in questa epoca pazza dove la guerra e la sopraffazione sembrano essere
l'unica opzione di vita possibile. Ho conosciuto Ginos numerosi anni fa in zona di
guerra. Mentro ero intento a dispensare morte lui si dannava invece per regalare
vita, curando le ferite delle vittime innocenti di quei territori sconvolti
dall'odio e dalla violenza. Divenimmo amici io e Ginos. Fu lui ad insegnarmi che ci
sono modi diversi di combattere e che lottare per un ideale rende la vita di altro
sapore. Mi parlò di Lula. E fu grazie a lui che lasciai gli eserciti mercenari per
cercare la "Tigre Nera". Ritrovarlo qui nella taverna è stato una vera gioia e come
al solito abbiamo tirato tardi tra bevute e racconti. Già! racconti e risate su
vecchi amici. Ma le vecchie storie che avevamo in comune portavano in se il ricordo
di drammi indicibili. Ginos mi mostrò allora un "Tablos" che portava nella sua
bisaccia. Un tablos è una pittura su pelle, tipica dei luoghi da cui Ginos
proveniva. Mostrava dipinta la violenza quotidiana sopportata dai pacifici contadini
di quelle regioni. Le loro mani incatenate formavano lunghi filari che venivano
trascinati via da soldati in uniformi nere. Le figure erano circondate da campi di
grano, alto e dorato pronto per una raccolta che probabilmente mai sarebbe avvenuta.
Sopra le spighe stormi di "Donos", grandi farfalle nere con due occhi rossi
dall'aria rapace disegnati sulle ali. "Vedi Syon per i nostri contadini - mi disse
Ginos raccontandomi il tablos - queste farfalle simboleggiano la violenza di coloro
che comandano i soldati. Per questo le chiamano Donos che nella nostra lingua vuol
dire: "padroni". Arrivano, si prendono il raccolto o si prendono gli schiavi, spesso
uccidono, violentano, poi se ne vanno e tutto per il loro DOnos che svolazzano
tranquilli su tutto e tutti".
Ginos mi raccontava la miseria di quella genta, le sofferenze e la rassegnazione per
la violenza sistematica che erano costretti a subire. Malediva gli Dei Ginos per
questo mondo che senza dubbio era il peggiore tra tutti i mondi dell'universo.
Ma non c'è limite al peggio. Così gli raccontai di altre farfalle, che mi aveva
mostrato un Asha. Gli spiegai che gli Asha sono soldati della luce al servizio
dell'Equilibrio che combattono nei diversi piani dell'esistenza l'eterna lotta
contro l'oscurità. Gli raccontai di come in una recente avventura avessi conosciuto
uno di essi, un'Asha decaduto che aveva scelto di non schierarsi nella guerra
servendo ugualmente a modo suo l'equilibrio; di come questo essere mi avesse salvato
la vita donandomi parte della sua essenza, e come con essa riuscissi ad accedere ad
alcuni dei suoi ricordi che attraversavano i mondi ed il tempo. Ebbi cosi`modo di
vedere altri mondi ed uno in particolare mi colpì in profondità. Un mondo in cui gli
esseri umani avevano imparato a concentrare la potenza del fulmine ed il fragore del
tuono in delle scatole, da prima enormi poi con il passare degli anni sempre più
piccole. Potetti vedere gli ultimi ritrovati della magia di quel mondo il cui nome
naturalmente non aveva alcuna importanza per noi ma importante era la sua forma.
Sembrava proprio una farfalla che scendeva dal cielo insieme a molte altre sorelle,
riflettevano i raggi solari luccicando come piccole stelle cadenti e si posavano
sparpagliandosi su un ampio spazio di terreno senza alcun criterio logico. Gli occhi
di Ginos mi seguivano increduli. Le sue labbra si aprivano in segno di sorpresa o
forse volevano interrompere quel carico di stupidaggini che aveva disgregato nella
sua mente le scene drammatiche che attraverso il Tablos mi aveva descritto. Allora
gli serrai la mano donandogli un frammento delle immagini che Enoch mi aveva
trasmesso, un dono di cui ancora fatico a spiegarmi la natura. Prima Ginos vide
l'esplosioni e la potenza di quelle scatole poi vide un campo di feriti, tutti
rigorosamente bambini. E poi vide il modello Pfm-1 di cui gli stavo parlando. Era
costituito da un cilindro dai colori vivaci e due alette laterali a differenza di
altri cilindri gettati dal cielo da incredibili macchine volanti, non esplodevano
subito e non esplodevano neanche se qualcuno le colpiva, come altri tipi
sapientemente nascosti nel terreno. No, ci voleva un po' di tempo. Bisognava
prenderle, maneggiarle ripetutamente, magari schiacciarne le ali. Chi le
raccoglieva, insomma poteva portarle a casa e giocarci nel cortile con gli amici
lanciandole in aria e osservandone i volteggi acrobatici. Fino a che non
esplodevano. Boooom!!!Così, improvvisamente ed inaspettatamente. L'immagine seguente
era quella di un libro che ne spiegava il funzionamento "per accumulo successivo di
pressione" il risultato erano bimbi senza una gamba, senza un braccio, ampie ustioni
su tutto il torace e molto spesso quella che per loro era la cosa peggiore: la
cecità. Perchè niente è più insopportabile che svegliarsi nel buio. Le farfalle nere
li trascinavano nel buio.
Lasciai il polso Di Ginos ed egli mi guardò con la consapevolezza che quelle
immagini erano tristemente reali. Guardò il Tablos e pensò al messaggio che
raccontava: la tragedia dei contadini, il desiderio di ribellione. Poi il suo
pensiero tornò improvvisamente a quelle immagini, alle farfalle nere che scendevano
dal cielo e scosse la testa. E la rabbia lasciava il posto alla tristezza, quella
che ti riempie la mente quando non è più possibile capire, quando la ragione non ha
più un perchè da offrire e tutto è solo follia.
Così siamo tornati a vedere altre immagini evocate ancora dall'essenza di Enoch.
Vedemmo o immaginammo, sapendo che tutto era maledettamente vero, un uomo qualunque
seduto nel suo ufficio a cercare una nuova idea da disegnare. Ed un altro che
rendeva il meccanismo ancora più efficiente. Uno che ne giudicava l'efficacia. Ed
altri che ne costruivano enormi quantitativi. Tutti esseri umani che alla fine del
lavoro tornavano a casa a raccontare fiabe ai loro figli prima di addormentarsi e li
invitavano a stare attenti insegnandogli a diffidare degli sconosciuti con amorevole
paternità. Poi il giorno seguente si risvegliavano e ricominciavano il loro lavoro
per essere sicuri che quelle scatolette funzionassero bene e che altri bambini non
si accorgessero del trucco. Perchè più bambini le raccoglievano più il nemico
soffriva, e più il loro lavoro era premiato. E guardando gli occhi di Ginos capii
che anche per lui i "donos" del tablos sembravano apparire diversi...quasi più
umani.
(Adattamento Fantasy di un racconto tratto da "Pappagalli Verdi" di Gino Strada). -
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Già... Pappagalli Verdi, le mine anti-bambino.
è incredibile quanto la facilità con cui ignoriamo la nostra coscienza sia direttamente proporzionale alla distanza che ci separa dal male che causiamo.
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galoran.
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...sono cose che non riesco a comprendere ed hanno il coraggio di definirlo un mondo CIVILE ... si per dei .