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galoran.
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I FRATELLI DELLA COSTA
I suoni della grande sala andarono man mano affievolendosi ed erano gli scricchiolii
del legno umido a farla da padroni. Mentre raggiungeva la stanza di Linch, Ork
barcollò, appoggiandosi per alcuni istanti alla parete. Non amava quel ruolo che
Morrighan gli aveva affibbiato. Non era mai stato un buon diplomatico ma sicuramente
era l'unico ad avere un certo ascendente su Linch. Ruttò sonoramente, poi alzò il
pugno e picchiò con forza alla porta che con suo stupore si spalancò.
Nella stanza il silenzio regnava sovrano. Nonostante il grum ingurgitato la sua
mente tornò
immediatamente lucida. Sguainò la sua inseparabile sciabola ed attraversò deciso la
soglia. Si diresse circospetto verso l'uomo sdraiato sul letto. Non emetteva alcun
rumore e questo gli sembrò alquanto strano vista la quantità di grum che si era
scolato. Tese una mano per dargli una scrollata e solo allora vide il manico del
coltellaccio che sporgeva dal petto di Will Linch.
La sala centrale del "Cigno Nero", la più grande taverna dell'Isola degli squali,
era in
fermento. I filibustieri parlottavano fra loro commentando animatamente la scoperta
del cadavere, ed ogni sguardo finiva inevitabilmente per essere rivolto verso i due
pesanti tendaggi scarlatti che celavano alla loro vista il grande tavolo dove si
erano riuniti i cinque capi.
Seduto al centro c'era Henry Morrighan, a quel tempo sicuramente il più importante
tra i corsari. La sua forza e il suo potere non gli venivano tanto dalle sue quattro
navi, quanto piuttosto dall'essere il miglior cervello della filibusta e dalla
spregiudicatezza
con cui usava amici e nemici, denaro e uomini, per raggiungere i suoi scopi.
Morrighan non era particolarmente apprezzato dai suoi uomini ma molti avevano paura
delle sue spie e dei suoi sicari e dopotutto i bottini conquistati navigando con lui
erano sempre cospicui e questo per un pirata valeva più di ogni altra cosa.
Accanto a lui stava Ork il rosso, sicuramente il più brutale e feroce dei Fratelli
della Costa. Uomo dal fisico possente non si separava mai dalla sua sciabola da
combattimento. Il suo nome era pronunciato con terrore e numerose erano le stragi
che gli venivano attribuite. Nonostante questo era benvoluto dalla sua ciurma e non
c'era da stupirsene visto che considerava ogni suo uomo alla stregua di un figlio e
conduceva ogni arrembaggio alla testa dei suoi uomini esponendosi lui per primo al
furore della lotta.
Il terzo, nervoso e sulla difensiva, era Joseph Stige. Godeva fama di essere un
grande spadaccino e un pericoloso attaccabrighe. Era il secondo di Lynch e adesso
siedeva al tavolo dei capi diffidando di ognuno di loro per la morte del suo
capitano.
D'altra parte lui stesso era oggetto della diffidenza altrui visto che da questa
storia ne aveva ricavato il comando di una nave.
Stige sentiva addosso il peso degli sguardi indagatori dei suoi nuovi soci ma era
determinato a non lasciarsi sopraffare.
I due capitani rimanenti erano diversi dagli altri. Pur essendo temuti pirati
sembravano impegnati in una crociata personale contro i potenti Mercanti di Banghor.
I padroni di un impero che occupava gran parte delle coste civilizzate.
I loro uomini gli erano devotissimi, in maggioranza si trattava di ex-schiavi
liberati o salvati nel corso delle loro incursioni. Si vociferava che la gran parte
dei loro bottini venisse inviata in un misterioso villaggio dove si radunavano i
profughi sfuggiti ai massacri ed alle devastazioni di quell'impero in continua
espansione. Una faccenda questa che faceva infuriare Morrighan, il quale sosteneva
che una crociata del genere era dannosa per tutti (Oltretutto pare che Morrighan
avesse messo addirittura la sua ciurma al soldo dell'impero per alcune scorrerie
volte ad indebolirne gli avversari). Comunque per l'impresa che si era preposto le
loro navi e i loro uomini erano troppo importanti per perderli per colpa di certi
pregiudizi e soprattutto la presenza di uno di quei comandanti era assolutamente
determinante per la riuscita del suo piano.
Uno dei capitani era Syon un grosso barbaro venuto dal nord. Quell'uomo non aveva
niente dell'uomo di mare ma la sua temerarietà durante gli abbordaggi era fonte di
leggenda fra i bucanieri e di terrore per i nemici tanto da procurargli
l'appellativo di Diavolo.
L'unica cosa che lo accomunava a Morrighan era l'astuzia: a quella sottile e cinica
di Morrighan, lui ne contrapponeva una istintiva e animalesca, tanto più efficace in
quanto insospettabile in quel rozzo barbaro.
La quinta seduta al tavolo era Anith la sua compagna. L'accesso di una donna nei
vertici della filibusta era stato accompagnato da una tempesta di obiezioni e da
qualche risata. Ma Anith (e suo fratello Storm che insieme a Syon la scortava
ovunque), era accettata e stimata alle volte persino venerata ed il segno più
tangibile era la sua presenza alle trattative per la spedizione di Caracaibo.
Si perchè proprio di questo si trattava. Quella consulta serviva per accordarsi per
tentare
addirittura un assalto a Caracaibo, la più ricca e difesa città della costa.
La morte di Linch in circostanze così misteriose, anche se fatti del genere non
erano certo nuovi tra i membri della filibusta, rischiava di far saltare la
spedizione, poiché chi avrebbe accettato di condividere rischi e pericoli con lo
spettro di un ignoto traditore e assassino ancora in giro?
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Adesso era Stige ad avere la parola: "...vi ripeto che il mio equipaggio è ancora
disposto a
seguirvi a Caracaibo, ma non posso passare sotto silenzio la carognata fatta al
vecchio Linch.
Non potrò mai essere il loro capitano se non insisto affinchè si trovi il
responsabile."
"Già" aggiunse Anith "Gli uomini rischiano la pelle nel seguirci e devono fidarsi
dei loro capi,mentre è chiaro che fra di noi c'è qualche scorpione velenoso che
potrebbe decidere di mandarci tutti all'inferno se questo gli desse un pur minimo
tornaconto".
La frase fu pronunciata con una velenosa sottintesa accusa e rinforzata da un
eloquente sguardo diretto a Morrighan. Ma Anith aveva torto. Sebbene fosse lecito
dubitare di quell'uomo capace di tutto, ed il progetto della presa di Caracaibo ne
era una prova, lei aveva torto. Henry Morrighan era si un vero scorpione ma uno
scorpione già ricco ed ormai una sola fiamma ancora ardeva in lui, era alla fama che
più bramava, la ricerca dell'impresa, la volontà di scrivere a chiare lettere il
proprio nome nella storia dei mari. No, Morrighan avrebbe fatto di tutto per
prendere Caracaibo. Era la sua ossessione da anni, da quando fece il suo ingresso
nel palazzo del governatore per incontrare il generale Falco nei giorni in cui
collaborava con l'impero, ma per farlo aveva bisogno della fiducia di tutti quegli
uomini.
Se avesse tradito non ci sarebbe stata gloria per lui tutt' al più sarebbe diventato
un cagnolino dell'impero e questo non era certo un futuro plausibile per Henry
Morrighan il re dei mari.
Henry sostenne lo sguardo della donna: "Non serve lanciare accuse a casaccio,
occorre riflettere.
A Caracaibo ci sono quattrocento casse di monete d'oro che ci aspettano (per non
parlare di
tutto il resto) e non intendo rinunciarvi! Capite anche voi che sarà importante non
solo
scoprire chi è stato ma anche il perchè lo ha fatto, a seconda dei casi, lo scenario
e i rischi
cambiano...".
Mentre ancora Morrighan parlava Syon continuava a non abbassare la guardia.
L'ambiente oltre i tendaggi era ancora palesemente caldo. I bucanieri di Linch
mormoravano sempre più minacciosi e nonostante alcuni tra i suoi più valorosi
guerrieri sorvegliassero la stanza, non si sentiva del tutto tranquillo. Anith aveva
voluto fortemente quell'incontro ma lui diffidava di quella compagnia. Oltretutto
non erano passate che poche ore da quando Linch si era alzato dal tavolo. E tutti
avevano assistito alla scena che sicuramente agli occhi della ciurma di Linch faceva
di lui il principale sospetto. Il barbaro non era certo geloso ma mal sopportava
certi grossolani apprezzamenti che il pirata aveva riservato ad Anith. E nonostante
ella si fosse più volte irritata di quel suo atteggiamento, Syon non riuscì a
controllarsi con quella spontanea irruenza che contraddistingue tutti i barbari
quando qualcuno invade il loro territorio. Ork aveva preso le parti di Linch così
l'atmosfera aveva finito per scaldarsi e le mani avevano stretto pugnali, sciabole e
scuri... ed era stato proprio Henry con l'aiuto di Anith a riportare la ragione.
Ma adesso tutto sembrava precipitare Morrighan ben sapeva che cercare un capro
espiatorio solo per poter ricompattare la squadra per Caracaibo non sarebbe servito
a niente e se poi un traditore era davvero presente nell'isola l'impresa già
difficile si sarebbe rivelata
un vero suicidio.
"...cerchiamo di procedere con ordine" proseguì Morrighan "...nessuno dei nostri
uomini ha avuto accesso al piano superiore ed è impossibile raggiungere la finestra
dall'esterno a meno di non avere le ali. Quindi o ad uccidere Linch è stato uno di
noi oppure un fantasma ma non credo che i fantasmi usino coltellacci...Oltretutto
non c'erano segni di colluttazione e conoscendo Linch credo sia difficile che si sia
fatto sorprendere nel sonno... No! Linch conosceva e soprattutto non temeva il suo
assassino quindi credo proprio che questo escluda me, Syon e Ork...".
Stige vide in quella disamina un'accusa nemmeno troppo velata "Ah, certo, Henry! Vi
farebbe comodo liquidarmi! Ma chi ci dice che non sia stato proprio Ork a far freddo
Linch? In fondo abbiamo solo la sua parola su come sono andate le cose. Tu pensi che
solo io abbia avuto un movente valido ma non è così. Linch era permaloso e arrogante
e se qualcuno non lo fermava,
dopo quanto aveva dichiarato sulla presenza di questi due (indicando Syon e Anith),
avrebbe
portato via i suoi uomini non appena fosse salita la marea e voi Caracaibo ve la
sareste sognata!"
A queste parole Ork stava già tirando fuori la sua sciabola, grugnendo nel liberarsi
dalla presa del suo secondo Big Jonas, ma fu fermato dalla voce di Morrighan. "Non
credo sia stato tu. Linch ti avrebbe temuto forse più di noi...pensi che non sapesse
da quanto tempo meditavi di soffiargli il comando della "Dreamland".
"Allora non rimango che io..." inruppe Anith "...sicuramente Linch mi avrebbe fatto
entrare ed
avrei potuto coglierlo di sorpresa. E' questo che vuoi dire Henry?"
Henry Morrighan cominciò ad arricciarsi i baffi pensieroso con lo sguardo fisso su
Anith. Aveva
parlato seguendo il filo dei fatti adducendo le motivazioni che gli erano sembrate
più logiche.
Non credeva che Anith avesse commesso quell'omicidio. Per quale motivo poi? Non
certo per ciò
che era successo ne per salvare l'impresa, dopo tutto non aveva ancora accettato.
Però su una
cosa Anith aveva ragione il ritratto che aveva appena dipinto era quello di una
donna. Se
qualcuno poteva sorprendere Linch quella era sicuramente una donna, il suo punto
debole. Così
ordinò al suo nostromo Willy "Fishleg" Boone di radunare tutte le donne della
locanda.
Fu facile trovare la colpevole, ed i suoi lividi non lasciavano alcun dubbio sul
perchè l'avesse fatto. La ragazza era in lacrime ma nessuno poteva salvarla dal suo
destino. Anith l'avrebbe fatto ma non aveva nessun diritto di prendere una decisione
che spettava alla ciurma della Dreamland. Forse Henry avrebbe potuto fare qualcosa
in quanto signore dell'Isola degli squali, ma tutto quello che a lui importava era
l'impresa e l'aver scoperto che non vi era nessuna spia aveva già distolto il suo
interesse dalla vicenda. Anzi adesso aveva anche qualcuno da dare in pasto alla
irrequieta ex-ciurma di Linch. Così si rivolse a Syon,che aveva assistito
impassibile alla scena."Stige ha già dichiarato di essere d’accordo con il mio piano
per cui, Syon, manca solo la vostra decisione".
"Ne abbiamo già parlato..." rispose laconico il barbaro "...per noi la spedizione si
fa."
Morrighan si alzò in piedi, le mani sulle due sciabole ed esclamò:
"Era ora! Non perdiamo altro tempo. A Caracaibo!"
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Il piano di Henry sembrava un buon piano. Le ultime notizie che aveva ricevuto dalle
sue spie lo spinsero ad accelerare i tempi e superato quel fastidioso problema che
rischiava di mandare all'aria tutto, impartì gli ordini necessari per prendere la
città.
Caracaibo, per la sua posizione, era uno degli snodi più importanti delle ricchezze
dirette verso la capitale. In città era giunto da qualche mese un nuovo governatore
Pedro Ruiz de Avilar che da subito si era distinto per la sua dissolutezza e per gli
orridi rituali a cui era dedito. Grandi feste ed enormi sprechi avevano avuto come
normale conseguenza un aumento della tassazione del popolo e delle merci a questo si
unirono gli omicidi rituali che gettarono nello sconforto numerose famiglie. In
breve il malcontento era dilagato e sempre più spesso nascevano focolai di rivolta
sempre sedati nel sangue. Per evitare che le voci sulla sua condotta giungessero
alle orecchie dei Triumviri dell'impero, il governatore aveva fatto in modo di
mantenere nella città solo un certo numero di soldati a lui fedeli inviando gli
altri comandanti a presidiare le fortezze della costa. La mossa non destò più di
qualche sospetto visto che comunque la baia in cui sorgeva la città era ben difesa e
l'impresa di espugnarla veniva ritenuta impossibile. Duemila soldati erano rimasti
in città per difenderla da eventuali attacchi ma soprattutto per mantenere l'ordine
interno.
Morrighan poteva contare su circa 800 uomini, trecento erano invece gli uomini di
Anith. Complessivamente un numero del tutto insufficiente per un assedio ma più che
sufficiente se la città fosse insorta. Per questo aveva tanto bisogno di Anith.
Le sue spie lavoravano da mesi all'interno delle mura minando il potere di Banghor e
promettendo l'arrivo di colei che più di tutti rappresentava la speranza nella lotta
contro l'impero. Così molti a Caracaibo cominciarono a pensare che fosse meglio
trattare con i pirati piuttosto che sottostare a quel terrore. Ma solo di fronte ad
Anith i portali della città sarebbero stati aperti. La sua presenza avrebbe
garantito a quegli uomini che una volta preso il bottino la città sarebbe stata
abbandonata dalla feccia dei mari.
Anith fu da subito molto interessata alla proposta di Henry. Oltre all'oro che ne
avrebbero ricavato quell'impresa così eclatante rappresentava una grande opportunità
per la loro causa. Sarebbe stato un messaggio di rivolta diretto a tutte quelle
popolazioni che vivevano sottomesse alle dure leggi di Banghor. Così aveva convinto
Syon a partecipare all'incontro nell'isola degli squali. La diffidenza del barbaro
portò all'elaborazione di una variante al piano progettato da Morrighan. "Se le tue
spie fallissero o la rivolta interna fosse sedata questa impresa rischia di finire
prima ancora di essere iniziata" aveva detto il barbaro "...e non intendo esporre i
miei uomini ad un simile rischio. La presenza di Anith può scaldare l'animo della
povera gente ma per quanto perverso possa essere il nuovo governatore sarà difficile
che i ricchi mercanti di Caracaibo si mettano contro l'impero e senza il loro
appoggio una rivolta interna è impensabile".
Morrighan non ammetteva di essere contraddetto e Linch non perse l'occasione di
provocare il barbaro creando nuova tensione. Ma la stupida arroganza di Linch trovò
un ostacolo proprio in Morrighan che invece fu molto interessato alle parole del
barbaro. Fu così che Linch lasciò quella sala andando incontro al suo destino. Syon
proseguì : "Tra i miei uomini ve ne sono alcuni della guardia personale del vecchio
Re della città e conoscono il modo per entrare di nascosto all'interno delle
mura...sfruttando la confusione creata dal vostro attacco io ed Ork potremmo
aiutarli a liberare la figlia del Re prigioniera nel palazzo del governatore questo
ci assicurerà l'insurrezione della città".
La proposta fu accettata da tutti i capitani per il resto il piano rimase quello
elaborato da Henry che prevedeva un attacco dal mare ed uno da terra dal lato della
foresta lungo l'unica via che conduceva le carovane alla città.
Il suono del corno, che annunciava l'ingresso nella baia di navi nemiche, sarebbe
stato il segnale per l'insurrezione.
Fu così che le spie di Morrighan cominciarono a diffondere la notizia. Il Nome di
Anith e della principessa Savannah cominciarono a diffondersi per la città ed
immancabilmente finirono per giungere alle orecchie del Governatore.
"E così questi luridi straccioni dei miei sudditi pensano di ribellarsi alla mia
autorità. E credono che ad aiutarli sarà la feccia dei mari...davvero divertente.
Hanno passato anni tremando al solo pensiero di incontrare anche il più innocuo di
quei bucanieri ed adesso ne chiederebbero addirittura l'aiuto...Yaga, mia dolce
strega, cosa ne pensano gli astri di tutto ciò..."
"Il futuro non è mai così certo mio signore...ho visto un'ombra che minaccia il tuo
potere...non sono tranquilla c'è come un velo che incombe sulla cerimonia".
"E tu Manlio che ne pensi?"
Manlio era il primo consigliere del governatore sospettoso e prudente per natura mal
sopportava il modo sprezzante con cui il governatore amministrava la città ed i
commerci. Come ogni buon primo ministro era corroso dalla voglia di prendere il
posto del suo padrone ma fino a che egli avesse goduto della fiducia dei Triumviri
questo era impossibile. Così cercava continuamente di mettersi in buona luce con i
ricchi mercanti di Caracaibo affinchè sostenessero la sua candidatura al momento
opportuno: "Anche se la città è in grado di respingere un attacco di quegli
straccioni dei mari credo che sia più prudente richiamare le guarnigioni della costa
e..."
"Non dire idiozie" lo riprese de Avilar "la presenza dei graduati di Banghor
rimanderebbe la cerimonia e niente adesso è più importante".
"Governatore le ricordo che il generale Falco non sarà contento dell'uccisione della
principessa..." fece osservare Manlio.
"Storie...di Falco non mi interessa ci penserà Memeth a tenerlo a bada e comunque
presto la principessa sarà sacrificata ed il nostro Dio saprà ricompensarmi a
dovere. Non dovremo più temere niente e nessuno. Yaga assicurati solo che a Grog non
manchi mai la carne".
Yaga abbandonò il salone procedendo verso le segrete del palazzo che conducevano
direttamente al tempio...là dove sinistri gorgoglii riecheggiavano tra le buie
gallerie.
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"Carlos, sono ore che ci barcameniamo per queste gallerie ormai è quasi l’alba. Sei
sicuro che questa sia la strada giusta".
"Non tema capitano. Conosco bene questi passaggi. E' da qui che feci uscire la
principessa dalla città anche se la nostra fuga non durò poi molto...Tra poco
raggiungeremo lo snodo che ci porterà alla porta di cui ti ho parlato. Da lì potremo
accedere direttamente alla galleria che collega il tempio alle segrete del palazzo
del governatore dove è rinchiusa la principessa".
"Sarebbe un bel colpo avere la gola del Governatore sul filo della mia sciabola"
bofonchiò Ork.
"Dobbiamo attenerci al piano" gli rispose Syon "...se non liberiamo la principessa
durante l'attacco, le nostre navi ed i nostri uomini faranno una ben misera fine.
Piuttosto mano alle armi e nervi saldi signori, non sarà facile portare la
principessa fuori dal palazzo".
Nel buio dei cunicoli Syon, Ork ed altri quattro compagni erano ormai prossimi alla
loro meta
mentre i loro uomini, i più adatti ad attaccare da terra, attendevano nei boschi ai
lati della pista carovaniera il segnale convenuto per l'attacco. Grazie al prezioso
lavoro delle spie di Morrighan infiltratesi nelle file dell’esercito di Caracaibo
tutte le vedette erano state sostituite cosicché i dispacci dai posti di controllo
lungo la pista carovaniera erano già sotto controllo. Quando l’attacco sarebbe
iniziato la sorpresa, determinante nei piani i Morrighan, sarebbe stata completa.
Intanto un'agguerrita flotta si stava avvicinando alla città, coperta dalle tenebre
di una notte senza Luna. A farne parte erano alcuni tra i più famosi vascelli di
quei mari. Oltre all'Arpia di Syon comandata da Storm ed alla Tigre Nera di Anith,
vi erano: la Dreamland di Stige, la Medusa di Ork seguita dai tre agili vascelli dei
luogotenenti di Morrighan. Alla testa della flotta vi era naturalmente la Jolly
Roger sul cui ponte stava immobile Henry Morrighan in attesa che nascesse il nuovo
giorno. Il suo giorno.
OOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOUUUUUUUUU.....
Il corno posto sul promontorio ad est della città emise il suo lungo, cavernoso
ululato di allarme. La città si svegliò intorpidita e si scoprì sotto assedio. Come
fantasmi emersi dal mare le navi uscirono dalle tenebre della notte per mostrare le
loro sagome terribilmente vicine alle mura della città. Manlio assunse il comando
delle truppe che si attestarono lungo i bastioni che davano sul golfo. Dall'alto del
suo riparo osservò l'avvicinarsi delle navi e vide il fiero cipiglio dei loro
comandanti in bella vista sui ponti. Sembrava che il fior fiore dei "fratelli della
costa" si fosse riunito per quell'impresa. "Cosa sperano di fare. Sono quattro
gatti. Non hanno nessuna possib..." ancora una volta la frase di Manlio rimase
troncata,
"Signore! Macchine d'assedio in avvicinamento lungo la pista carovaniera. Un
esercito mercenario ben preparato è emerso dalla foresta. Abbiamo urgente bisogno di
rinforzi nel lato sud." La battaglia cominciò proprio a sud della città mentre i
pirati da nord si avvicinavano minacciosi. Ma la città era lungi dall'essere presa.
Al suono del corno la situazione di Ork e Syon era alquanto drammatica.
Penetrati nei sotterranei del palazzo del governatore avevano trovato la cella della
principessa vuota. Sgozzata una guardia Ork aveva avuto buon gioco a far parlare
l'altra sotto la minaccia della sua sciabola. "La principessa è stata condotta al
tempio per essere sacrificata!". Fu allora che udirono il segnale atteso. La
reazione fu immediata i sei uomini si precipitarono lungo i bui passaggi sotterranei
facendosi largo a colpi di sciabola e scure contro la guardia personale del
governatore. Lo scontro fu cruento bagliori di acciaio scintillavano nel buio
cunicolo illuminato dalle torce. Fortunatamente gran parte dei soldati erano accorsi
sulle mura al suono del corno ma nonostante la sorpresa anche tre compagni di Syon
caddero prima di giungere nell'ampio salone dove davanti alla troneggiante statua di
Mur stava l'altare su cui era incatenata la principessa Savannah. Il volto del
governatore di Caracaibo, Pedro Ruiz de Avilar divenne ceruleo quando vide la barba
rossa di Ork e l'ascia insanguinata di Syon. La fama ed il volto di Ork erano
tristemente conosciute dal governatore mentre del giovane che gli stava accanto
bastava scorgere gli occhi indemoniati per desiderare di essere lontano mille leghe
da quel luogo.
"Yaga compì il sacrificio" ululò de Avilar.
"Ancora non è il tempo. Il sole deve essere in posizione affinchè la lancia di Aton
renda stabile il varco, o saremo tutti risucchiati nell'abisso. Devi prendere altro
tempo."
Alle parole di Yaga, de Avilar, riprese il controllo di se. Estrasse la spada e
gridò quello che Ork scambiò per un grido di guerra "Grooog attacca!!". Ork
sogghignando fece un passo verso di lui pregustando lo scontro tanto atteso, quando
la mano di Syon gli serrò la spalla. L'irata espressione di Ork il rosso si eclissò
in un grottesco ghigno. Anche l'arcigno pirata dovette sgranare gli occhi difronte
alla mostruosa creatura che l'osservava sbavando dall'altro lato del salone. Ma fu
solo un istante breve come la distanza tra la vita e la morte, poi l'istinto di
sopravvivenza prese il sopravvento ed ogni suo nervo fu pronto allo scontro. Il
mostro con quattro balzi attraversò l'intero perimetro fino a tentare di chiudere le
enormi fauci sul collo di Ork. Con insospettabile agilità, vista la stazza, il
pirata si spostò di lato mandando a vuoto l'attacco della creatura che finì per
incastrare la mostruosa testa nel passaggio da cui erano arrivati.
"Carlos occupati della principessa devi fare insorgere la città o tutto sarà
perduto".
Sentiti gli ordini del suo Capitano Carlos non perse tempo e si diresse verso
l'altare. De Avilar si frappose tra lui e Yaga mentre un meraviglioso fascio di luce
penetrò da una invisibile fessura del tempio inondando con un cerchio luminoso
l'altare dove Savannah giaceva inerme.
"Il tempo è giunto" gridò Yaga. La strega gridò una invocazione che riempì l'intero
tempio e la dimensione oscura si manifestò attraverso il varco che si spalancò alle
sue spalle. Protetta dalla luce del sole Yaga sollevò il pugnale rituale calandolo
con decisione sulla vittima.
Fu un attimo di silenzio assoluto poi il grido della strega proruppe assordante
mentre indietreggiò di alcuni passi con la scure di Syon piantata nella testa. Yaga
scomparve nel nero varco richiuso dal suo stesso sangue. De Avilar vistosi ormai
solo con un rapido movimento aprì un varco segreto ai piedi della grande statua di
Mur e scomparve nel nulla.
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Il mostro liberò la sua testa portandosi via gran parte del passaggio. Morta Yaga,
scomparso de Avilar, nessuno era più in grado di controllare la sua spaventosa furia
ed il futuro di quei pirati si presentava alquanto gramo. Syon ed Ork cercarono in
ogni modo di attirare verso di loro l'attenzione della creatura dando il tempo a
Carlos di portare a termine il suo compito.
La principessa e Carlos si conoscevano fin da fanciulli ed il suo impeto in
quell'impresa nascondeva qualcosa di molto profondo. Liberò velocemente la
principessa ed ancor più velocemente spalancò il misterioso passaggio e scomparve
insieme a lei.
"Bene, è fatta!! Adesso vieni a me brutto muso." Syon staccò una delle tante lance
ornamentali che decoravano le colonne del tempio e la scagliò con grande potenza
verso Grog centrandolo in pieno torace. Il mostro non ne fu minimamente infastidito,
si staccò la lancia dal petto quasi si stesse spolverando una spalla e la scagliò
con noncuranza di lato.
"Non so cosa intendi per "fatta" ragazzo. Ma è bene che ti fai uscire qualcosa di
meglio dalla zucca o tra qualche attimo saremo cibo per vermi".
La porta del tempio era sigillata dall'esterno, l'ingresso delle segrete era
crollato ed il passaggio utilizzato da Carlos restava per loro un mistero. Così i
due continuarono a prendere tempo sfuggendo agli attacchi di Grog e colpendolo
quando possibile sempre con gli stessi mortificanti risultati. Niente sembrava
scalfirlo mentre invece lui stava demolendo l'intero tempio con i suoi attacchi
furiosi. Nonostante ciò la maledetta porta restava ancora in piedi e forse era un
bene visto quello che avrebbe potuto combinare quella creatura una volta libera.
Stavolta Ork si ritrovò chiuso in un angolo. Syon colpì il mostro alle spalle con
una grossa mazza ferrata che aveva fatto bella mostra di se nelle mani di una
argentea armatura. Anche stavolta il colpo non sortì effetti se non quello di
distogliere l'attenzione del mostro da Ork. Grog si voltò di scatto colpendo Syon
con il braccio duro e nodoso come una quercia. Il suo corpo fu scaraventato con
violenza contro una delle colonne del tempio che crollò facendo cedere parte del
tetto visto che dopo l'urto un fascio di luce mattutina riuscì a penetrare nel
salone. Ork si posò davanti al compagno sciabola alla mano freddo e determinato come
se davanti a se non vi fosse una creatura invulnerabile ma un qualsiasi avversario
capace di cadere sotto il suo acciaio. La creatura emise un gorgoglio di
soddisfazione ed avanzò pesantemente. Le sue mascelle grondavano di una bava
pregustante e quella breve inattesa resistenza del suo pasto non era per lui altro
che uno stimolo al suo infinito appetito. Altre macerie caddero dall'apertura nel
soffitto ed il tenue fascio di luce andò allargandosi in maniera più netta e nella
sua parte inferiore colpì il braccio destro del mostro. Sotto gli occhi di Ork ed a
quelli ancora appannati di Syon l'arto cominciò a tramutarsi in pietra tra i mugugni
di dolore del mostro. Come gli orchi delle leggende Grog poteva essere sconfitto
dalle potenti lance di Aton. Subito i due pirati cominciarono a scagliare ogni
genere di oggetto verso l'apertura provocando nuovi crolli che irradiarono per
intero il corpo di Grog.
"Che l'alba ti prenda e che sia di pietra per te mostro" esclamò Ork mentre colpì
violentemente con la sciabola quella statua di pietra mandandola in frantumi.
Il piano di Morrighan era congeniato in modo che la maggior parte degli uomini del
Governatore si attestasse sulle mura del lato sud. Voleva in tutti i modi che le
navi corressero il minimo rischio possibile. Ben sapendo di non poter tenere
Caracaibo una volta conquistata, il mare sarebbe stata la loro unica possibilità di
sfuggire all’impero. Ma perché tutto andasse come aveva previsto era necessario che
i comandanti di Caracaibo rincorressero il miraggio dell’aggressione da parte di un
grosso esercito terrestre. Sotto il comando di Raven l’esercito di Anith, insieme
agli uomini di Ork, si erano dati da fare nel costruire false macchine d’assedio e
vari fantocci con l’unico scopo di creare quel bluff visivo. Il delicato lavoro
delle spie avrebbe fatto il resto creando l’improvvisa apparizione di un grande
esercito, un’apparizione esasperata poi dall’arrivo delle navi dei pirati più
crudeli e famosi di quei mari. In questo modo Morrighan sperava di indurre così al
caos ed all’errore i suoi avversari.
E come ogni buon piano audace ed avventato dette i suoi frutti.
Affacciandosi dai bastioni sud Manlio vide le possenti torri d’assedio.
“Comandante Manlio come può vedere i nostri nemici sono ben organizzati. Le vedette
riferiscono che quella è solo l’avanguardia di un grande esercito, non meno di
cinquemila uomini.”
“Imbecilli come avete fatto a non accorgervi di quelle torri d’assedio sono visibili
da miglia e miglia” . Gli occhi di Manlio erano increduli di fronte a quello
spettacolo e alle notizie che stava ricevendo.
“Signore le vedette non hanno riferito di nessun strano movimento fino a stamani.
Non so come sia stato possibile ma…”
“Adesso non ha più importanza…” rispose Manlio “…dobbiamo prendere tempo, non
possiamo permettere che quelle torri raggiungano le mura fai uscire la cavalleria e
vai ad informare il Governatore della situazione dobbiamo richiamare le truppe dalla
costa”.
Si aprirono le porte di Caracaibo e non meno di trecento cavalieri fuoriuscirono al
galoppo pronti a travolgere qualunque ostacolo. Erano reparti della famosa
cavalleria di Bangor, cavalleria pesante che faceva tremare il suolo ed il cielo
stesso al suo passaggio ma non quei rudi guerrieri che disposti a cuneo in
protezione delle macchine d’assedio attendevano lo scontro.
Il terremoto di zoccoli continuò a salire d’intensità e non diminuì neanche quando,
dopo un invisibile segnale, il sole fu oscurato da uno sciame particolarmente
pungente. Le frecce piovvero sui cavalieri dai due lati della pista scoccate da
archi appena visibili tra la vegetazione lussureggiante.
Uomini ed animali caddero a terra ma questo non frenò l’irruenza della carica che
continuò decisa ad infrangere quella muraglia di scudi che l’attendeva. Ma non ci fu
lo scontro atteso, la formazione a cuneo si aprì improvvisa lasciando defluire i
cavalieri fino alle false sagome. Davanti agli occhi dei soldati di Caracaibo si
palesò il tranello e la sorpresa fu grande. Le frecce continuavano a spazzolare le
loro schiere. Il cuneo si riformò alle loro spalle tagliandogli la ritirata. Il
vantaggio della cavalleria era venuto meno. Tentarono di rompere le file nemiche con
una nuova disperata carica ma il cuneo resse e fu battaglia dura.
Intanto il governatore aveva raggiunto il suo palazzo. La fronte imperlata di sudore
l’occhio furente.
I suoi piani erano andati in fumo, Yaga era morta senza che il potere degli oscuri
avesse potuto benedirlo. Si scosse da quello stato di trance che lo aveva reso come
impotente e sicuramente incapace di una nitida visione delle cose. Improvviso tornò
alla sua memoria il suono del corno che sembrava aver scordato nel turbine di quegli
ultimi avvenimenti. A dispetto della sua condotta dissoluta e fanatica De Avilar non
era affatto uno stupido si era distinto in numerose campagne militari dell’impero ed
era motivato da un forte spirito di vendetta. Con ansia opprimente raggiunse il
grande terrazzo che dominava la baia e vide le navi in avvicinamento. Anche da
quella distanza riusciva a vedere il ghigno satanico di Morrighan che pregustava il
saccheggio. Fu in quel momento che la sua attenzione fu distolta dal soldato che
inviato da Manlio lo ragguagliò sulla situazione del lato sud. “…così il comandante
Manlio sta ordinando l’uscita della cavalleria. Signor Governatore il comandante le
chiede di richiamare le truppe della costa”. De Avilar si volse a guardare la
lentezza con cui le navi procedevano. Non era logico. L’attacco era già cominciato e
non era possibile che un uomo come Morrighan conducesse un attacco così scriteriato
senza concordare un intervento sincronizzato da terra e mare. Ancora più strano che
le macchine d’assedio avessero preceduto il grosso dell’esercito…no! Qualcosa non
quadrava e poi… la lentezza esasperante di quelle navi come…come se attendessero
qualcosa…solo allora la mente di de Avilar si riprese completamente e fu in grado
di mettere insieme tutti gli avvenimenti “…devi fare insorgere la città o tutto sarà
perduto" questo aveva detto quel barbaro. Era stato avvertito i pirati volevano
liberare la principessa ma lui non aveva creduto a quelle voci, dopotutto perché
quei tagliagola avrebbero dovuto soccorrerla. Ma adesso tutto gli appariva chiaro.
Morrighan voleva usarla per i suoi scopi perché senza un insurrezione della città
non sarebbe mai riuscito a mettere piede dentro le mura tutto il resto era solo un
bluff. Cosi si precipitò verso le mura sud.
De Avilar giunse alle mura sud mentre la battaglia stava infuriando la sua
cavalleria aveva decisamente la peggio. Contemplò in lontananza le macchine d’
assedio e sorrise. Nonostante tutto era ancora in tempo per rimediare. Aveva ancora
gli uomini necessari a respingere l’attacco di quegli straccioni ma era stato perso
anche troppo tempo. Manlio gli si fece avanti col volto stravolto: “Governatore la
cavalleria è stata spazzata via, gli assalitori sono in numero preponderante
dobbiamo subito richiamare le truppe dalla costa o la città è perduta”. La risposta
del governatore fu nel gelido acciaio che fece penetrare nello stomaco del suo ormai
ex-consigliere. Questa era la moneta con cui de Avilar soleva ripagare gli errori
dei suoi sottoposti e Manlio si era dimostrato un inetto. “Capitano!!!” ordinò il
governatore “…non c’è nessun esercito la fuori. Mantenga sulle mura solo il minimo
di uomini indispensabile a tenere a freno quell’orda. Le mura terranno ma forse la
principessa è libera e deve essere trovata ad ogni costo”. L’ordine giunse
velocemente agli uomini del governatore ma molti non ebbero bisogno di essere
avvertiti. La città era insorta. Ed a Nord i grandi portali erano già aperti.
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Carlos e la principessa Savannah raggiunsero i sinistri cunicoli da dove aveva
trovato la fuga lo stesso governatore De Avilar. Carlos procedeva circospetto
conducendo per mano Savannah. I sensi tesi nella ricerca di un eventuale pericolo.
La sua missione era estremamente importante per la riuscita del piano di Morrighan
ma nella sua testa e soprattutto nel suo cuore c'era molto di più.
Le contorte gallerie emanavano ancora un orribile tanfo di morte figlio degli avanzi
degli osceni banchetti di Grog, le pareti trasudavano di una fredda umidità
illuminata a sprazzi dalle rare torce. Non era certo il posto più romantico del
mondo ma in fondo non esiste posto sbagliato per una passione troppo a lungo sopita.
Savannah trattenne la mano del suo accompagnatore che con stretta paterna la
conduceva verso la luce. Carlos si volse allarmato sciabola alla mano pronto a
saettare nella convinzione che un nemico li stesse sorprendendo alle spalle. Ma
l'unica cosa che gli venne incontro furono le labbra della principessa e tutto
l'ardore guerriero si sopì nel calore di quell'abbraccio. I due giovani si fissarono
negli occhi per alcuni lunghi istanti e senza proferire parola si giurarono eterno
amore.
"Andiamo, ora!!!" il volto di Carlos tornò ad assumere l'arcigna concentrazione che
la situazione richiedeva. Ogni suo pensiero tornò ora più che mai ad un unico fine:
il compimento della sua missione, e dopo pochi minuti i due tornarono a respirare
l'aria pura del mattino.
Attraversarono le vie della città profittando del caos generato dal segnale
d'attacco fino a raggiungere il luogo del randez-vous. Nell'osteria del "Guercio"
Carlos trovò ad attenderlo alcuni dei compagni della guardia del vecchio re assieme
ad i più ricchi e potenti mercanti della città. Potenti signori che attendevano
trepidanti la conferma che i pirati avrebbero mantenuto la loro parola. Da tempo
infatti avevano deciso che il prezzo reclamato dai pirati era più conveniente
rispetto alle perdite provocate dalla tirannia di De Avilar. Ma fino a che non
avessero avuto una controprova concreta non avrebbero mai dato il loro supporto
all'insurrezione della città.
La liberazione di Savannah e la presenza della "Tigre Nera" di Anith tra i vascelli
nella baia fu ritenuta garanzia sufficiente anche per i più diffidenti e timorosi
tra loro. Ma non era tutto, a quel punto erano già troppo compromessi e nessuno
avrebbe osato negare l'appoggio alla principessa Savannah, ben sapendo che dopo la
rivolta lei sarebbe stata la più forte e comunque l'unica che avrebbe potuto
giustificare l'insurrezione agli occhi del generale Falco una volta che le sue
truppe sarebbero giunte a ristabilire l'ordine a Caracaibo.
Avidi e programmatori avevano scelto come sempre il male minore per i loro affari
come Morrighan aveva ben previsto. Il loro appoggio fu quindi incondizionato e ben
presto la rivolta si sarebbe scatenata per le vie della città.
Assicuratosi della sicurezza di Savannah, Carlos si mise alla testa di un manipolo
di uomini la sua missione non era finita. Syon gli aveva affidato un altro
importante compito adesso doveva assolutamente aprire le porte della città che
davano sulla baia.
Anche se gran parte degli uomini erano accorsi sul lato sud, la' dove la pista
carrovaniera entrava in città, il lato nord che dominava la grande baia di Caracaibo
rimaneva comunque ben presidiato. Fortunatamente la maggioranza dei soldati di
Banghor era schierata sugli spalti ed una sortita per spalancare i portali di Namor
sembrava possibile.
Il meccanismo che azionava l'apertura dei portali si trovava su una torretta in alto
a sinistra posta a metà strada tra il piazzale e la cima delle mura. L'unico accesso
alla torretta era costituito da una stretta scalinata ripida e facilmente
difendibile. Presidiato da due soldati al riparo da eventuali attacchi dalla
distanza la torretta era dannatamente difficile da prendere. Poi il piazzale
antistante l'ingresso cominciò a riempirsi di una folla ululante guidata dagli ex
compagni di Carlos e dalle spie di Morrighan. La folla prese a scagliare ogni genere
di oggetto verso i soldati sugli spalti, travolgendo quelli che presidiavano il
piazzale. I rinforzi non tardarono a giungere sguarnendo le mura e fu scontro
cruento ma intanto nel caos Carlos raggiunse la scaletta insieme ad un altro
guerriero. Da subito però le cose non si misero per il meglio. I due soldati posti a
presidio del congegno di apertura erano ormai allertati, due lame sguainate erano lì
ad attenderlo da una posizione di assoluto vantaggio. Altri due soldati, accortisi
della manovra, presero a salire la scala stringendo Carlos ed il suo compagno Kios
in una morsa di morte. Una morsa che lenta ma inesorabile si stava chiudendo sui
due, Kios scalzò Carlos e prese a salire gli scalini velocemente...la sua corsa
urlante terminò sulla lama di una delle due guardie che però lo raggiunse subito
dopo colpita dalla mazza del ribelle. I due corpi volarono giù per alcuni metri fino
a crollare abbracciati sul piazzale. Seguendoli con lo sguardo Carlos notò come
anche dabbasso la situazione stava volgendo al peggio, i soldati ricevuti nuovi
rinforzi dagli spalti stavano avendo la meglio...non c'era tempo da perdere. Decise
di tentare il tutto per tutto ed incurante del pericolo alle sue spalle si diresse
verso la torretta. Due...tre...altri quattro scalini con le lame sempre più vicine
alla sua schiena quando dall'alto una enorme figura piombò sugli aggressori. La
rossa barba di Ork travolse i due uomini gettandone uno nel piazzale ed infilzando
l'altro con la sciabola
"Vai ragazzo adesso hai le spalle coperte. uack, uack, uack"
Carlos fu colto da nuovo vigore e liberatisi a rischio della vita dell'ultimo
ostacolo azionò il meccanismo di apertura.
Non appena i grandi portali si spalancarono le navi ebbero un sussulto ed
approdarono in men che non si dica, vomitando i loro equipaggi ululanti sui pontili
e sulla spiaggia di Caracaibo.
Anith si mise alla testa dei suoi uomini e fu tra i primi a pentrare in città
affiancata dai giganteschi gemelli Zago e Giva con le loro terribili mazze. Subito
dopo veniva Storm, mai troppo lontano dalla sorella, e l'equipaggio dell'Arpia, via
via le altre ciurme. Morrighan attese dal ponte della sua ammiraglia l'esito della
battaglia.
I Pirati affiancarono gli insorti ed i soldati di Banghor ebbero ben presto la
peggio.
Intanto a sud Raven, dopo aver spazzato via la cavalleria di Banghor, si spinse
sotto le mura di Caracaibo badando bene di rimanere a distanza di freccia fino a che
i portali non fossero stati aperti, come aveva ben previsto De Avilar il numero
degli assalitori non era tale da poter prendere i possenti bastioni di Caracaibo. Ma
l'animo del governatore non poteva certo esultarne. Travolto dagli avvenimenti, reso
ceco dall'ambizione, aveva finito per assecondare il piano di Morrighan. Adesso non
gli restava che ingoiare il boccone amaro, liberare i messaggeri alati e resistere
fino a che le truppe della costa non fossero giunte in suo aiuto. Ma grande fu la
sua rabbia nel constatare che anche quell'ultima risorsa gli era stata preclusa.
Ancora una volta Morrighan era stato più in gamba di lui. Da tempo doveva aver
infiltrato delle spie nel suo regno. Uomini abili e scaltri che avevano finito per
occupare i punti nevralgici della città, gestito le informazioni ed al momento
giusto sterminato i messaggeri. Tornò a volgersi verso le mura, dove tra i suoi
soldati il panico e la confusione erano ormai padroni. Presi tra la rivolta interna
e l'incomprensibile comportamento degli assalitori, privi di una guida decisa i
soldati di Banghor reagirono nell'unico modo che conoscevano, combattendo.
Cominciarono ad abbandonare le mura per contrastare la rivolta interna. Il caos fu
totale. De Avilar osservava con sguardo assente quella bolgia di uniformi in
movimento ancora una volta il suo spirito arrogante era incapace di sorreggere quel
turbinio di eventi che l'aveva condotto in poche ore dal pregustare l'onnipotenza
allo spettro della disfatta più completa. Poi i suoi occhi si soffermarono su una
singola uniforme. Un grosso soldato che stava armeggiando con il pesante sostegno
che manteneva chiusi i portali della città.
I muscoli di Syon si tesero fino allo spasimo ma sembrava che la pesante trave non
ne volesse sapere di muoversi. AVeva tolto l'uniforme ad un soldato per potersi
avvicinare al portale e adesso tentava di rimuovere l'ultimo ostacolo che impediva
ai suoi uomini di penetrare in città. Poi un impercettibile movimento annunciò il
prossimo cedimento che inesorabile giunse alcuni istanti dopo con il sordo tonfo del
legno sulla nuda terra.
Ansimante Syon afferrò uno degli anelli dello spesso portale quando il suo istinto
di barbaro l'avvertì di un pericolo imminente. Si volse di scatto imbracciando
contemporaneamente la spada ed il fendente mortale di De Avilar anzichè centrarlo
nella schiena riuscì solo ad aprirgli un profondo squarcio nel fianco sinistro. Il
sangue zampillò fragoroso dalla ferita. Syon guardò l'uomo negli occhi, e vide lo
strafottente sogghigno del governatore pregustare una parziale vendetta. Troppe
volte in quelle poche ore De Avilar aveva visto il volto di quel barbaro guastargli
i suoi piani. Ma il suo fu un sorriso effimero che in breve si spense difronte alla
ferocia dell'animale ferito che gli stava davanti. Con gli occhi sbarrati Syon si
avventò contro di lui con una serie di possenti fendenti che disarmarono De Avilar e
posero fine alla sua vita. Spento l'ardore dello scontro Syon sentì le forze
venirgli meno. Afferrò dinuovo l'anello del portale e crollando all'indietro
trascinò la porta verso di sè fino ad aprirla e rimase lì ansimante, appoggiato al
legno mentro un velo trasparente già gli copriva gli occhi rendendogli tremendamente
confuso lo scenario antistante. Negli ultimi istanti di lucidità vide una lama
farglisi incontro poi un ombra enorme che oscurò tutto udì la voce di Raven e niente
più.
Non appena la porta si fu aperta Raven si gettò con i suoi uomini dentro la città.
Incuranti delle frecce, con la brama della conquista travolsero ogni ostacolo
arrivando appena in tempo per salvare Syon. Di lì a poco Caracaibo sarebbe caduta.
Il giogo di De Avilar fu spezzato e Morrighan fece il suo ingresso in città da
conquistatore. Syon si riprese molte ore dopo e seppe da Anith come le cose erano
andate e che ogni patto era stato rispettato per la soddisfazione di tutti.
L'oro promesso impedì il saccheggio della città e Morrighan aveva già ripreso il
mare con ghigno soddisfatto ben sapendo che sarebbe stato ricordato come l'uomo che
in un giorno aveva preso Caracaibo.
Anith era raggiante per quella vittoria riportata su Banghor. Entrambi sapevano che
le truppe avrebbero ripreso la città ma una forse flebile fiamma era stata accesa
quel giorno a Caracaibo adesso cominciavano i giorni di Savannah e Carlos ed il
resto...be' il resto restava in mano al fato.
(ispirato ai maestri Howard e Lovecraft)
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