Capitolo 2

Il Libro

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  1. ShakeUp
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    Luke arrivò al locale, parcheggiando di freno a mano, incurante del cellulare che continuava a squillare.
    "Cazzo, c'è Christina Aguilera in fila!" si disse uscendo dalla macchina. Poi si rivolse al buttafuori urlando a più non posso "Ehi Bob falla passare avanti, che scherziamo?"
    Entrò a fatica, sembrava drogato. E probabilmente lo era.

    "Niente, non risponde" disse David a Silbermann. "Luke non risponde. Proviamo con Manuel".
    Mentre pronunciava queste parole, Luke entrò barcollando nella stanza.
    "Wow Tom Jones" urlò delirante guardando il legale di Ev.
    "Dio mio Luke che ti è successo?" fece David.
    "Quello che sta succendo a suo fratello". La voce di Silbermann tuonò dall'altra parte della stanza. "E' evidente, signor Donnell, che lei o è un ottimo attore oppure non sa molte cose. Starà a me scoprire quali delle due opzioni sia quella giusta.
    Ma ora non c'è tempo da perdere, le spiegazioni le darò strada facendo. Londra ci aspetta. Ma prima, signor Donnel, dobbiamo trovare Mr. Michels. E al più presto"
    David non capiva più niente. E il fatto che l'avvocato di suo fratello avesse cominciato di nuovo a chiamarlo con il cognome non era un buon segno. Ma era veramente un avvocato poi questo signor Silbermann?
    Poche persone sapevano mettere in soggezione David Donnel. E Silbermann era tra queste.
    Preso dalla foga degli eventi, richiamò dalla rubrica del suo cellulare il numero di Manuel, e lo compose.

    In un lussuosissimo attico vicino a Central Park, Manuel Michels era beatamente disteso nella sua Jacuzzi in compagnia di una bellissima ragazza mora.
    Sinceramente non ricordava come ci era finita una bambola così nel suo appartamento: capelli nerissimi, occhi verde rubino, alta un metro e ottanta e con un fisico da modella.
    In realtà Manuel non ricordava molte cose delle precedenti 24 ore. La sera prima aveva cenato in un locale appena aperto di Brooklin con una ragazza della palestra che frequenta, poi il nulla o quasi.
    Tutto quello che sentiva ora era una gioia immensa e un'estasi incredibile. E fame. Tanta fame.
    "Ehi Manuel me la passi anche a me la roba che hai preso? Dai..." disse la ragazza ansimante.
    Il telefono iniziò a vibrare, e poi nell'appartamento risuonarono le note dell'ultimo singolo dei Green Day.
    Sul display un nome, David.
    “Pronto David! Ciao bello sono in Paradiso… Come? … Vuoi che venga al locale?... Ora?... Ma stai scherzando… Qui sono in Paradiso… Ci sentiamo domani, ciao!”

    “Fanculo ha riattaccato” David era visibilmente nervoso. Cosa avevano i suoi amici? Perché si comportavano così?
    “Non vuole venire” si rivolse all’avvocato “ha detto che rimane a casa sua, e che ci si vede domani”.
    “Non credo proprio” disse Silbermann “dobbiamo andarlo a prendere ora. O per lui non ci sarà un domani”.
    Detto questo, tirò fuori dalla valigetta una siringa, si avvicinò a Luke, per iniettargli un qualche composto rosso nel braccio.
    “Cosa crede di fare” David gli aveva afferrato il polso.
    “Salvo la vita al suo amico” gli rispose l’avvocato “o almeno cerco di prolungarla il più possibile”
    David lasciò la presa, e si fidò. L’aveva fatto rare volte, era scettico per natura. Perché si fidava ora di una persona mai vista, che oltretutto sospettava di lui?
    Cos’è che non sapeva David Donnel?
    Perché i suoi due amici e suo fratello erano in pericolo?
    “Si sbrighi, prenda sotto braccio il suo amico e andiamocene” la voce di Silbermann era ferma ed imponente.
    “Dobbiamo arrivare a casa di Michels prima che sia troppo tardi”.

    Edited by ShakeUp - 25/2/2005, 11:11
     
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    Dampyr

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    Gli ultimi riverberi dell’eco dei colpi esplosi andavano spegnendosi lentamente, mentre un fascio di febbrile luce bianca illuminava un tratto d’asfalto su cui giacevano delle forme statiche e indistinte.
    “L’hai preso?”
    Silenzio.
    “Jenkins, cazzo, dobbiamo chiamare..quelle cose sembrano..sembrano..”
    L’agente Franklin si interruppe, in quasi vent’anni passati a pattugliare le strade di New York, questo poteva con ogni probabilità vincere la palma dell’episodio più bizzarro a cui avesse mai assistito, fin qui niente di male, lui non era certo uno di quelli pronti a spianare le armi alla prima occasione, e quello stridulo rumore improvviso l’aveva sì fatto sussultare ma senza che per questo scaricasse in risposta mezzo caricatore, diamine, nemmeno sapeva esattamente a cosa avrebbe dovuto sparare!
    Fottuti ragazzini, prima di armarli e metterli per le strade freschi di accademia dovrebbero pensarci due volte
    Così dopo gli spari di Jenkins aveva svogliatamente estratto il revolver con la destra, mentre la sinistra munita di torcia elettrica permaneva sul quel foro in mezzo alla strada.
    Un foro sospetto..
    Quello che aveva bruscamente interrotto le sue parole e le ciniche considerazioni che andava facendo era stato un altro suono, diverso, meno improvviso, ma in crescita irregolare, quel genere di suono che non ti aspetteresti mai durante un’uscita notturna per un controllo.
    Uova...stanno schiudendo delle uova.

    Edited by DOOOOD_NERO - 7/3/2005, 11:14
     
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    Dampyr

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    Franklin stava perdendo la pazienza: "D'accordo, Jenkins, se non vuoi avvisare la centrale per una cosa come questa, almeno prestami la torcia e coprimi! Provo a vedere meglio cosa c'è lì dentro!" - "Oh... Okay!" gli fece eco il collega...
    Non si palpa mai il silenzio come quando si desidererebbe un rumore che spezzasse l'atmosfera tesa che s'era venuta a creare: in quei secondi sembrava che quel fazzoletto di quartiere newyorkese si fosse spostato in un limbo senza suoni, eccezione fatta per quel lento rumore simile a caramelle che venivano scartate tra le mani... Questa era per lo meno l'immagine che Franklin associava a ciò che sentiva al di là del buco nel muro, verso il quale ora puntava deciso la torcia...
    Fu questione di pochi secondi... Proprio in quell'istante, un breve soffio precedette l'uscita fulminea, dal foro, di un sottile filamento gelatinoso, diretto verso il volto temerario agente, sul quale si aprì leggermente a ventaglio. "Porca...! Che schifo è mai questo!?" sbraitò Franklin, prima che il filamento, fatta presa con la sua pelle, lo trascinò violentemente contro la parete, tramortendolo. "Franklin!" chiamò Jenkins, congelato nei movimenti da quell'evento inatteso. Si rese finalmente conto che DOVEVA chiamare rinforzi...
    Nel frattempo Fraklin aveva trovato un improvviso vigore, e la botta appena presa sembrava un lontano ricordo... Un ricordo, ma di chi? Un carosello di immagini si alternavano innanzi ai suoi occhi: personaggi storici, celebrità, cartoni animati... Interagivano con lui, o almeno così lui credette... finché non notò Jenkins, l'unico realmente presente oltre a lui su quella strada isolata...: "Non... non è possibile... Groucho Marx è morto!" sussurrò, prima che altre immagini gli affollassero la mente...
    Si dice che in punto di morte si riveda il film della propria vita scorrerci davanti; nel caso dell'agente Franklin fu diverso: tutto quel tempo fu affollato da un'immagine che riuscì a cacciare le assurde visioni di pochi secondi prima... L'ultimo, troppo breve, momento di lucidità, fu per sua figlia Dana.
     
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  4. CarDestroyer
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    Manuel galleggiava a pelo d'acqua, occhi e bocca chiusi. Il cuore rallentava di un battito al secondo: novanta e scendeva. "The Dope Show" di Marilyn Manson picchiava piano dalle casse in salotto, mentre l'acqua satura di umori gli carezzava i timpani. Solo, dentro una vasca spenta, tra l'odore di vaniglia e un sapore acido in bocca. «Per dio, qui ci affogo!» credette di dire. Uscì dal bagno senza asciugarsi o rivestirsi.
    La mora era sdraiata per terra, avorio al centro del tappeto. Il tavolino di cristallo, rovesciato su un fianco come il relitto di una portaerei, copriva lo specchio e la lametta naufragati sulla moquette blu, lì accanto. Lei stringeva ancora la cannuccia presa da un succo di frutta in brik. Le migliori: corte, strette, usa e getta; la roba sale su poco alla volta uscendone nebulizzata come la benzina da un iniettore. La mano libera sostava sul pube liscio, formando con le dita il gesto dei rapper in erba. Sbuffava nel sonno.
    Manuel vide le linee scure della trama del tappeto serpeggiarle sotto la schiena nuda, sotto le gambe, unirsi ai capelli corvini scossi da brevi tremiti. La scavalcò con un piede e rimase lassù ad osservarla socchiudendo gli occhi. L'immagine del corpo bianco come il latte e del tappeto marrone e nero si sfalsarono ondeggiando; le linee presero volume e scivolarono sul ventre piatto, girarono attorno ai seni e sbirciarono dentro l'ombelico. Lei si inarcò e ridiscese, in un respiro, formando un basso ponte, verso di lui. Manuel sentì tornare un vago senso dell'equilibrio e una forte agitazione.
    Guardò giù. Vide, e si compiacque.
    Crollò in ginocchio, barcollò, poi aiutandosi con le mani scansò quelle più piccole di lei. Dana. Si aprì una valvola e il testosterone defluì via. Sfiorò l'ovale del volto passando le dita ancora umide tra le ciglia e le sopracciglia dove dormivano quegli occhi verdi, valutando la consistenza del velo di trucco con i polpastrelli; curvò seguendo il pronunciamento delle labbra socchiuse; scese vicino ai seni piccoli e puntuti, da modella, e sorrise. Ritornò con le mani giù in fondo.
    Il campanello lacerò l'aria, Manson finì di blaterare.
    Manuel rimase fermo come i neuroni dentro il cranio. Il campanello suonò ancora, più dolcemente. «Chi...» Si alzò faticosamente e raggiunse il citofono. «...cazzo è?» finì.
    «Manuel, sono David. Dobbiamo parlare.» Silbermann lo fece spostare.
    «Signor Michels, è una questione di vita o di morte. La sua, in effetti.»
    «No no, è questione di privacy! David, ti avevo detto che ero in paradiso accidenti a te! In paradiso!»
    «Manuel...»
    «Fanculo David, fanculo!» e riattaccò. Corse in salotto, o almeno pensava di correre, afferrò la ragazza sotto le ascelle e la trascinò in bagno. Recuperò l'accappatoio e rimise in piedi il tavolino di cristallo, gettando lo specchio sotto il cuscino del divano.
    Prima di aprire la porta, si stropicciò la faccia e respirò a fondo. «Salve David!»
    «Ciao Manuel.»
    Ci fu un minuto di nulla.
    «Buona sera signor Michels,» Silbermann mise un braccio sulle spalle di Manuel e lo riportò dentro, «deduco che neanche lei sia a conoscenza del problema
    «Ehi, bell'appartamentino Manuel, con tutti i confort.» Luke gironzolava per la stanza toccando qua e là soprammobili e finiture.
    «Cosa me ne frega del "problema"? Sparate quello che dovete e poi andatevene» gesticolò.
    Luke si buttò sul divano. «Oops!»
    «Tu sta' fermo.» Manuel puntò il dito contro l'amico. «E tu dimmi...» Tornò a fissare Silbermann.
    La porta si aprì di nuovo. L'uomo in accappatoio sbarrò gli occhi, e sul momento non riconobbe la donna sotto il pesante trucco con forti segni di matita agli occhi e rossetto scuro. «D... Dana?»
    «Si può sapere che cosa ci fate qui tutti quanti?» Si strinse le braccia al petto. «Che cosa sta succedendo?» Studiò il legale, visibilmente seccato. «E' una delle tue solite orge, Manuel?»
    «Ma quale orgia, siamo tutti maschi qui!»
    La porta del bagno si aprì lentamente, a metà. Un corpo femminile, tornito con cura, rabbrividì nell'oscurità.
    «Chi è?» sibilò Dana.
    «E' la Biocom.» Affermò Silbermann.

    Edited by CarDestroyer - 16/4/2005, 15:22
     
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  5. JohnnyDark
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    David sobbalzò a quelle parole. Che diavolo voleva dire Silbermann?
    "Vi presento Monica Fuentes, la figlia di Roberto Fuentes, proprietario della Biocom ma ora in coma probabilmente irreversibile. Quando i medici avranno dichiarato la morte cerebrale del padre tutto sarà immediatamente suo".
    Appena terminate queste parole Monica si accasciò sulle ginocchia portandosi la mano al naso che perdeva copiosamente sangue.
    "A...aiuto" ansimò.
    "Presto David mi passi la mia valigetta" urlò Silbermann. Estrasse una siringa tale e quale a quella iniettata a Luke poco prima e la svuotò nel collo di Monica, ripetendo l'operazione con Manuel che era troppo debole per opporre resistenza. E l'effetto combinato di "veleno e antidoto" gli impedì di capire da chi provenisse un sonoro schiaffo che sentì infrangersi contro la sua guancia... Ma pure in quelle condizioni non gli era difficile immaginare che l'autore non poteva essere che Dana, infuriata per aver visto la mora completamente nuda aprire la porta della sua stanza.
    "Credo che lei debba dirmi che sta succedendo signor Silbermann" disse David mantenendo, nonostante la situazione, il suo caratteristico aplomb.
    "Si, credo che ora abbiamo un paio d'ore per parlare, questi tre dovrebbero starsene buoni per un po' adesso. Certo, staranno molto male, sempre meglio che morire direi in ogni caso". Accompagnarono, o firse la parola giusta è trascinarono, uno dopo l'altro Luke, Manuel e Monica in tre diverse, lussuosissime, stanze da letto, nel pieno stile Manuel Michels, e poi si accomodarono sui triclini del salone.
    "Credo che la signorina non dovrebbe ascoltare questa conversazione" sibilò Silbermann. Non l'avesse mai detto.
    "Come??? Trovo il mio uomo strafatto di non so cosa tra le cosce di una puttanella mora miliardaria e ora non posso avere nemmeno una spiegazione? Sta scherzando vero?" inveì Dana "Ora lei ci dice tutto e subito".
    "Mi creda, è un qualcosa di più grande di lei. Prenda un taxi e torni a casa".
    "David cazzo dì qualcosa!" Dana, come prevedibile, cerco il suo aiuto. Ma David aveva già i suoi pensieri e non aveva prestato attenzione alla discussione.
    "Meglio che fai come dice lui" le parole gli uscirono senza che se ne rendesse conto.
    Dana furiosa prese la sua borsetta di Gucci e se ne andò sbattendo la porta e imprecando contro i due.
    "Grazie. Ora veniamo a noi e a questa spiacevole situazione di cui pare lei non sappia nulla. Ah, se sente gemiti o urla lasci perdere, è il siero che fa effetto, non potrebbe in alcun modo aiutarli".
     
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  6. Tsam
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    Jenkins cercò di trovare quella maledetta radio, doveva avvisare la centrale..doveva avvisare la centrale..dovev.... Un rumore sordo mise fine alla sequenza di pensieri che attraversava la sua mente e l'ultima immagine che rimase impressa nell'iride scura fu il movimento furtivo di alcune zampe, di un ragno forse. Che strano, il suo eroe preferito era sempre stato Spiderman.

    Dana guidava veloce cercando di correre più veloci dei suoi pensieri, cercando di dimenticare quello che i suoi occhi avevano visto. Il suo ragazzo, ex ormai se nn trovava una scusa molto ma molto convincente, quella ragazza che non aveva mai visto e poi David e quell'altro uomo di cui non conosceva niente. Troppe emozioni in una serata . Forse per questo non si accorse del semaforo rosso nella 22esima strada. E fu probabilmente per sfortuna che l'autista del camion che incrociava quella strada stava sbadigliando in quel momento e non fece in tempo a sterzare. Quella sera, alle 23 43 ora locale, nello stesso momento un'intera famiglia veniva spazzata via. Padre e figlia morirono lungo lo stesso intreccio di quel filo sottile che si chiama destino.

    Le urla continuavano incessanti mentre Silbermann sembrava abbastanza incurante delle grida d'aiuto. "Abbiamo poco tempo per agire, probabilmente se non ci muoviamo di qui approfittando della notte non saremo vivi per poter vedere il prossimo tramonto." David guardò con insistenza il suo intelocutore. Cercava nei suoi occhi una rispostaai mille dubbi che si affollavano nella sua testa. Nel frattempo il ventilatore a pale seguitava con il suo ritmo incessante portando un po di freschezza su quella situazione bollente. Alla fine David sputò fuori il rospo: "Chi sei tu?"
     
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5 replies since 23/2/2005, 16:03   317 views
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