Luna sull'Appennino

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  1. Nazaleuna
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    (Non è inedito. E' già stato presentato in un concorso locale di scrittura e pubblicato.
    Spero che vi piaccia.)


    Nella tarda sera autunnale, incredibilmente tersa, la luna piena illumina il passo appenninico meglio di un fanale. La strada sale serpeggiando, non vi sono altre automobili oltre la mia. Mi domando ancora una volta perché io abbia deciso di prendere questa strada contorta, buia e solitaria, ma odio le autostrade, e speravo di vedere paesaggi e paesini pittoreschi. Paesaggi suggestivi, dirupi sassosi e prati verdi sparsi di massi bianchi, come greggi pietrificate, certo, ma paesi ... nulla, mai vista una strada più solitaria.
    Una luce rossa si accende sul cruscotto: la temperatura dell’acqua è salita troppo! Ancora! Questa macchina è proprio un catorcio!
    Mi fermo. Scendo nella notte limpida. Mentre aspetto che il motore si raffreddi, osservo i dintorni. La strada sale ancora, più avanti entra in un bosco che appare nero come l’inchiostro. L’aria è fredda; mi stringo nel giaccone.
    Riparto.
    Il motore tossisce, ronza, fa strani rumori. Spero che regga almeno fino alla discesa, ma è una speranza vana: gli alberi del bosco si sono appena fatti più radi quando la macchina si ferma, in uno sfolgorio di luci sul cruscotto che poi si spengono di colpo. Accidenti!
    Sbuffando mi avvio a piedi sotto gli alberi bui. Poco più avanti il bosco termina, e la strada comincia scendere un poco, curvando su un altopiano, tra lievi ondulazioni del terreno, sotto l’immenso, buio cielo trafitto da miriadi di stelle come aghi. Una nebbiolina imbiancata dalla luce della luna ristagna in pigri vortici tra le collinette, che ne sorgono come buie isole di un atollo. Guardando bene, in cima ad una delle collinette si vede una costruzione. Speriamo sia abitata. E’ tutto buio, ma è anche molto tardi, speriamo che mi possano aiutare.
    Mi avvicino con cautela: vuoi vedere che hanno grossi cani da guardia? In un posto così isolato ... Ma non c’è nessun cane, e avvicinandomi vedo ad una delle finestre del piano terra una luce. Per fortuna c’è qualcuno ancora sveglio.
    Sbircio dalla finestra. In una stanza arredata da vecchi mobili scuri, una persona mi volta le spalle, seduta su di una seggiola imponente, di fronte a un camino quasi spento, sotto una lampada che dà una luce rossastra. Allora giro l’angolo della costruzione di pietra, e busso alla porta di legno massiccio. Dopo poco la porta si apre. E’ la persona che stava davanti al camino: è un uomo, piuttosto giovane, pare, e ad una seconda occhiata capisco anche perché ha aperto la porta senza timori o esitazioni: accanto alle sue gambe c’è un grande cane da pastore, grigio e arruffato, e dall’espressione minacciosa.
    - Mi scusi. - inizio un po’ timidamente. Mi impappino con gli occhi fissi sul cane.
    - Non abbia timore. E’ una bestia molto obbediente. - mi tranquillizza l’uomo. Ha una voce bassa e musicale.
    - Sì. Dunque... io ... - riprendo il filo del discorso. Non sopporto i cani! - La mia macchina si è fermata nel bosco e non vuole più ripartire. Mi domandavo se avete un telefono, o se c’è un paese qui vicino ... Non conosco la zona ... -
    - Purtroppo non posso darle aiuto, sono mortificato. In questa casa non c’è telefono, e il paese più vicino è a diversi chilometri da qui. -
    - Oh, accidenti! -
    L’uomo nota il mio disappunto, perché mi fa cenno amichevolmente. - Se vuole accettare la mia ospitalità per un poco, potrà aspettare domani. Sarà più facile raggiungere il paese alla luce del giorno. -
    Mi guardo intorno. Comincia ad essere tardi. La nebbia si sta infittendo, e si arriccia sinuosa fino alle mura della casa. L’idea di tornare a passare la notte in macchina non mi sorride, e invece l’immagine della sala con il caminetto acceso si fa sempre più invitante.
    - La prego. Entri pure. - L’uomo mi fa strada nell’ingresso buio, fino alla stanza del camino. Ho agio di osservarlo. Sembra un tipo eccentrico, veste abiti di un tipo che mi è familiare ma che al momento non riesco a catalogare, porta i capelli, di un bel castano, lunghi fino alle spalle.
    Mi guardo intorno, e il lampadario che illumina la stanza attira la mia attenzione. Caspita! Ma è una lampada a petrolio. Qui non arriva neppure l’elettricità, altro che telefono!
    L’uomo si siede di nuovo sulla sua seggiola, indicandomi di accomodarmi a mia volta.
    - Mi scusi se ho insistito, ma mi fa piacere avere un po’ di compagnia, ogni tanto. Sono solo, qui, e non vedo molta gente. D’altra parte, non potevo comunque lasciare che lei rimanesse fuori nel bosco per tutta la notte. Non le pare? -
    Il cane si è accucciato di nuovo ai piedi del suo padrone, e si è addormentato. Credo di aver inquadrato il tipo. Un artista, forse un pittore. Gli abiti che indossa sembrano ricalcati pari pari dalla Bohème, ecco dove li avevo già visti. Oppure no, forse un cantante lirico, senti che bella voce, quelli sono tutti un po’ matti. Magari si è ritirato quassù per prepararsi ad un concerto, chissà.
    - E’ un bel posto, qui. - Tento di iniziare una conversazione. - Un po’ isolato, forse. Non avete neppure l’elettricità, vedo. -
    - No. Ma non ha importanza. Se sapesse come le cose cambiano di importanza, viste da qui. Si vive bene anche così. - Sorride pensoso.
    - Mi scusi, posso rimettermi la giacca? - chiedo rabbrividendo, recuperando il giaccone dallo schienale della seggiola.
    - Mi perdoni, anzi. Capisco che lei abbia freddo: questa casa è molto vecchia, e quando soffia il vento non è possibile tenerlo fuori. Io sono abituato. -
    - Non si sente un po’ ... solitario? -
    - Sì, spesso. - risponde sorridendo, con quella sua bella voce. - Ma è necessario. Comunque, finirà presto. -
    Vedi che avevo indovinato! Evidentemente si avvicina la data del concerto.
    - E’ una bella casa. - dico, guardandomi intorno e stringendomi nella giacca. - Anche i mobili sono molto belli, sul serio. - E, ovviamente, niente riscaldamento.
    Il suo sorriso si allarga. - Sono contento che le piacciano. -
    (Perché ho questa vaga sensazione che mi stia prendendo in giro?)
    - Ha un’aria accogliente. - continuo. Ed è vero. Anche se i mobili troppo scuri e vecchi suggerirebbero invece un atmosfera scostante, si ha l’impressione di stare molto bene, lì.
    - Grazie. E’ un bel complimento. - risponde. - Questa casa appartiene alla mia famiglia da molte generazioni. Una volta vi era molta vita, qui. Feste, balli, allegria. - Gli occhi chiari diventano tristi, sono persi in un’immagine lontana. - Si beveva e si mangiava, e i contadini coltivavano i campi qui attorno. Per la mia famiglia questa casa e i terreni attorno sono sempre stati molto importanti. Anche troppo, forse. Lei non ha idea di che cosa si è capaci di fare per la gelosia di possesso. Uccidere, distruggere famiglie e reputazioni ... Oh, - si riscuote. - Ma io sono un pessimo ospite. Mi perdoni, non le ho offerto nulla. Vuole cenare? -
    - No, grazie. - mi schermisco. - Ho già cenato prima di partire. -
    - Allora un bicchiere di vino. E’ molto buono, glielo garantisco. Locale. -
    Mi guarda speranzoso, e io annuisco.
    - Un attimo. Torno subito. -
    Esce dalla porta, e dopo poco rientra con una bottiglia sporca e polverosa e due bicchieri.
    - Ecco. A lei. - Con abilità pulisce la bottiglia, la stappa e versa il vino. E’ rosso rubino.
    - Grazie. - Prendo il mio bicchiere, pesante e spesso, pare di cristallo. Assaggio il vino. Buono! - Molto buono, davvero. Forse ... un po’ liquoroso, non trova? - aggiungo, dopo il secondo sorso.
    - E’ un vino molto invecchiato. Una riserva speciale, della mia famiglia. -
    - Permette? - Prendo la bottiglia e la osservo meglio. Deve essere un vino veramente speciale: tappo sigillato con ceralacca, l’etichetta riporta solo un nome scritto a mano, in caratteri svolazzanti, e le due ultime cifre di un anno. E sì! Piuttosto invecchiato!
    - E’ il suo cognome? - chiedo indicando l’etichetta.
    - Sì. - Sorride ancora, centellinando il suo vino.
    Restiamo per un po’ in silenzio, bevendo. Caspita, questo vino è proprio buono. E sorso dopo sorso sta scacciando un po’ del freddo che mi sento addosso.
    - Posso averne ancora un po’ ? -
    Sembra piacevolmente sorpreso dal mio entusiasmo. - Ma naturalmente! Tenga. - Mi riempie di nuovo il bicchiere. - Mi fa piacere trovare qualcuno che apprezza questo vino almeno quanto me. Mi permetta di regalargliene qualche bottiglia, quando ripartirà. -
    - Oh, no. La ringrazio, ma non è il caso ... Non si deve disturbare. Un riserva così ... così ... particolare ... -
    - Nessun disturbo, mi creda. Anzi, mi farebbe molto piacere. La prego, accetti. -
    Parla seriamente, e questo vino mi tenta molto. - D’accordo, se insiste tanto ... -
    - Però mi deve promettere una cosa. E’ importante. -
    - Dica pure. -
    - Non dovrà venderlo, o conservarlo. Lo beva alla prima occasione, la prego. Me lo promette? -
    Certo, questo vino è già così vecchio che invecchiando ancora rischia di rovinarsi del tutto.
    - Se è solo questo, prometto volentieri. -
    - Allora, d’accordo. Quando ripartirà, le darò quattro bottiglie. - Sembra davvero contento che io abbia accettato.
    Il vino mi ronza nelle orecchie, e mi fa tornare in mente gli accenni del mio ospite alla storia della casa. Adoro le storie di famiglia! Mi accomodo meglio sulla dura seggiola di legno, e lancio l’idea. - Parlava dei tempi in cui la sua famiglia era proprietaria della terra qui attorno, vero? Mi racconti qualcosa, la prego. Trovo queste storie sempre molto interessanti. -
    Lui ne sembra felice. Comincia a raccontare, appassionatamente, e io subito mi perdo nella narrazione. Ho l’impressione di vedere con i miei occhi tutto quello che accadde lì, come in un film. Vedo le luci e le feste, sento le voci, l’abbaiare dei cani, l’animazione per il raccolto d’estate, la neve e i fuochi invernali ...
    Non capisco quanto tempo sia passato. Alla fine del racconto mi ritrovo in quella stanza dai mobili antichi e ne provo un po’ di delusione. Santo cielo, che cosa incredibile! Sarà il vino? No, ecco. Ho capito. Non è un cantante lirico: è un attore.
    - Lei racconta molto bene. - mi complimento . - E ora? La casa ora è sua, immagino. -
    Mi guarda con uno sguardo un po’ obliquo, triste. - “...Ora tutto è finito, e rovine sono coloro che ...” Mi scusi, è solo una citazione. Ora non resta quasi più nulla. I campi sono stati venduti, non sono più coltivati, e quando anche questa casa non ci sarà più, neanch’io tornerò più qui. - Sospira.
    Cade il silenzio. Deve essere molto tardi. Il cane guaisce e sospira nel sonno, si agita. Cerco di trattenermi, ma mi sfugge uno sbadiglio. Il mio ospite si alza premuroso.
    - Venga. Le cedo il mio letto, per questa notte. Deve dormire, altrimenti come farà a ripartire, domani? A proposito, cosa l’ha spinta su questa strada? -
    - Avrei dovuto arrivare a P***, stasera. E invece ... - Sbadiglio ancora.
    - Bel posto, P***. Ci sta andando per lavoro? - Mi guida attraverso un’altra porta in una stanza più piccola, sullo stesso piano. C’è un tavolo, un armadio e un letto di legno. Arredamento francescano. E un piccolo camino acceso. Ma che freddo!
    - Un po’ e un po’. Spero di fare anche una bella vacanza. - Mi spiace rubargli il letto, ma in questo momento ho talmente sonno che non riesco a reggermi più in piedi. - Le chiedo ancora scusa per il disturbo. -
    - Di nulla. Buonanotte. -
    Il mio ospite esce dalla stanza, e io cado in un sonno di piombo appena mi appoggio sul letto, senza neppure togliere il giaccone.
    Mi risveglia il cinguettio di uccellini e la luce del sole sul viso. Non connetto molto bene, e per un attimo ancora oscillo tra sonno e veglia. Poi sbarro gli occhi e mi drizzo di scatto.
    DOVE DIAVOLO SONO?
    Attorno a me, spuntano dalle erbacce mozziconi di mura diroccate e coperte di rovi. Subito, ho il pensiero assurdo che la casa sia crollata durante la notte. Poi mi guardo intorno e mi correggo: quelle sono rovine antiche. Pare che abbia dormito accanto ad un pezzo di muro più alto che mi ha protetto dal freddo della notte. Mi sento un gran mal di testa e le ossa rotte: non è indicato per il buon riposo dormire sui sassi!
    Mi guardo ancora intorno, con perplessità. La casa, il cane, il mio ospite ... Tutto un sogno? Un incubo? La luce della luna che mi ha dato alla testa?
    Un sole basso, pallido, illumina un cielo pallido. Intorno, una distesa di sterpaglie secche coperte di guazza. Però il bosco c’è, vedo la strada e riesco ad orizzontarmi. Mi passo una mano tra i capelli e scuoto la testa. Santo paradiso! E dire che non avevo neppure bevuto molto, a cena. O almeno, così credevo. Penso con inquietudine a ciò che potrebbe significare ciò che ho fatto questa notte. Dovrò dirlo al mio medico, o lascio perdere? Forse un buon psicoanalista ...
    La macchina è ancora dove l’avevo lasciata. Fa piacere ritrovare di nuovo qualcosa di concreto, reale. Per scrupolo, provo a metterla in moto, e parte! Forza, bella. Ancora un ultimo sforzo, e poi è tutta discesa.
    Dopo una serie interminabile di curve e tornanti mi appare finalmente un paese, abbarbicato al pendio come se fosse sul punto di scivolare a valle da un momento all’altro. C’è la piazza, la chiesa, il bar, tutto normale. Vedo perfino l’insegna di un meccanico.
    Faccio colazione con un cappuccino, molto caldo, sento ancora l’umidità addosso, poi mi reco a sentire cosa ne sarà del mio povero catorcio.
    Il meccanico scuote la testa, impossibile ripartire, è già un miracolo che la macchina sia arrivata fin lì. Per fortuna un servizio di corriere collega il paesello con la pianura. Da lì, prenderò un treno.
    Mi metto d’accordo col meccanico per le riparazioni, poi con rassegnazione recupero dal portabagagli la borsa da viaggio, e dal cruscotto i documenti dell’auto. Mi sto già allontanando, quando il meccanico mi richiama.
    - Un momento, sta dimenticando queste. -
    Guardo sul sedile posteriore. Quattro bottiglie impolverate. Quattro bottiglie dall’etichetta disegnata a mano. E mentre le guardo, sento ancora come un eco lontana quella voce musicale.
    E un sorriso che svanisce.

    Edited by Nazaleuna - 22/8/2008, 00:17
     
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  2. CarDestroyer
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    Hmm, racconto interessante. La scelta della prima persona, tempo presente, è sempre un azzardo, ma tu sei riuscita a tenerla a bada. Non capisco se è stata una scelta consapevole non dire niente del (o della!) protagonista. Ingegnoso il mascheramento dell'evento sovrannaturale della macchina che si ferma, con la scusa che aveva già dato problemi molto prima. Anche il significato delle bottiglie di vino, sottolineato dalla richiesta del fantasma.

    Adesso però, mi devi dire quale passo appenninico è, lo devo sapere! :wecar: E perché hai censurato il paese P***? È Palazzuolo sul Senio? Predappio? Premilcuore? Dimmelo dimmelo! :leather:
     
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  3. Nazaleuna
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    CITAZIONE (CarDestroyer @ 22/8/2008, 21:31)
    Hmm, racconto interessante. La scelta della prima persona, tempo presente, è sempre un azzardo, ma tu sei riuscita a tenerla a bada. Non capisco se è stata una scelta consapevole non dire niente del (o della!) protagonista.

    Sì. E sapessi che fatica utilizzare aggettivi, pronomi e participii ne' maschili ne' femminili! ;) Sono felice che tu te ne sia accorto. :love:
    CITAZIONE
    Ingegnoso il mascheramento dell'evento sovrannaturale della macchina che si ferma, con la scusa che aveva già dato problemi molto prima. Anche il significato delle bottiglie di vino, sottolineato dalla richiesta del fantasma.

    Adesso però, mi devi dire quale passo appenninico è, lo devo sapere! :wecar: E perché hai censurato il paese P***? È Palazzuolo sul Senio? Predappio? Premilcuore? Dimmelo dimmelo! :leather:

    Non è un passo appenninico specifico. Mi sono ispirata un po' ai valichi minori tra Emilia e Toscana. Inoltre l'altopiano con le collinette e la costruzione deve qualcosa anche ai paesaggi tra Volterra e il mare.
    Per quello ho censurato il paese. Inizialmente l'idea era vagamente Parma, ma ho deciso che sarebbe stato fuorviante.


    OT: Beeeelliiiii i micini. Verrei a trovarti solo per vedere i gatti. :lol:

    Edited by Nazaleuna - 23/8/2008, 00:24
     
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  4. CarDestroyer
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    CITAZIONE (Nazaleuna @ 23/8/2008, 00:04)
    CITAZIONE (CarDestroyer @ 22/8/2008, 21:31)
    Hmm, racconto interessante. La scelta della prima persona, tempo presente, è sempre un azzardo, ma tu sei riuscita a tenerla a bada. Non capisco se è stata una scelta consapevole non dire niente del (o della!) protagonista.

    Sì. E sapessi che fatica utilizzare aggettivi, pronomi e participii ne' maschili ne' femminili! ;) Sono felice che tu te ne sia accorto. :love:

    Dal comportamento è forse più maschile, ma lascia il dubbio. È un buon lavoro, ma cerca di non abusarne in futuro: i personaggi sono l'anima della letteratura, più sono definiti e meglio è! ;)
    CITAZIONE
    CITAZIONE
    Adesso però, mi devi dire quale passo appenninico è, lo devo sapere! :wecar: E perché hai censurato il paese P***? È Palazzuolo sul Senio? Predappio? Premilcuore? Dimmelo dimmelo! :leather:

    Non è un passo appenninico specifico. Mi sono ispirata un po' ai valichi minori tra Emilia e Toscana. Inoltre l'altopiano con le collinette e la costruzione deve qualcosa anche ai paesaggi tra Volterra e il mare.
    Per quello ho censurato il paese. Inizialmente l'idea era vagamente Parma, ma ho deciso che sarebbe stato fuorviante.


    OT: Beeeelliiiii i micini. Verrei a trovarti solo per vedere i gatti. :lol:

    Conosco l'Appennino Tosco-Romagnolo perché ci abito e perché, con la moto, ho segnato parecchie curve come i cani (io ci ho lasciato diversi pezzi :wecar: ). Tu abiti nel lato emiliano?
    N.B.
    Per chi non lo sapesse c'è un po' d'astio tra Emilia e Romagna, ma io sono toscano puro :nonno:
     
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  5. Nazaleuna
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    CITAZIONE (CarDestroyer @ 23/8/2008, 13:32)
    Dal comportamento è forse più maschile, ma lascia il dubbio. È un buon lavoro, ma cerca di non abusarne in futuro: i personaggi sono l'anima della letteratura, più sono definiti e meglio è! ;)

    E' stata una scelta precisa, volevo che il fulcro del racconto fosse l'altro, e poi era anche per fare sì che ognuno potesse immedesimarsi il più possibile nel personaggio narrante.


    Io abito in Veneto. Per quello non sono così informata sul conflitto emiliano/romagnolo ... ^_^ . Sinceramente pensavo che Parma fosse in Emilia e che la Romagna fosse più a sud-est.
    Cmq la sorte mi porta spesso a valicare l'Appennino (ultimamente molto meno di quanto vorrei).
     
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  6. CarDestroyer
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    Parma È in Emilia, la Romagna parte da sotto Bologna (da Ravenna in giù), io intendevo dire che conosco meglio l'Appennino Tosco-Romagnolo di quello Tosco-Emiliano, la Linea Gotica per intendersi ;)
     
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5 replies since 21/8/2008, 22:50   162 views
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