"Scale"

raccontino

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  1. AdrianLeverkühn
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    L’appartamento di Giulia era al terzo piano: soltanto sei rampe da dodici gradini l’una separavano la sua dimora dal portone del palazzo. Giulia stacca dal lavoro come ogni mercoledì alle quattro del mattino. I suoi ventisette anni le hanno insegnato che cantare in una cover band non paga le bollette, quindi oltre al lavoro diurno in un affolato bar del centro, ogni mercoledì e venerdì prende e serve ordinazioni in quella bettola che tanti ancora si ostinano a chiamare pub: il Grace.
    Quel mercoledi ferma il motorino accanto al palo della luce a pochi metri dal suo portone e, dopo averlo assicurato con la catena, apre il portone d’ottone. Un ultimo sguardo verso l’esterno, mentre l’uscio si chiude e lentamente Giulia comincia a salire le scale.
    Le gambe sono indolenzite dalle ore passate in piedi a scattare tra i tavolini del pub e il suo passo è svogliato e pigro. Si ferma un momento sull’ultimo gradino della prima rampa di scale, sporgendosi appena e alzando lo sguardo verso il sesto e ultimo piano. La scarsa luminosità dell’ambiente permette di intravedere appena la sagoma delle rampe che raggiungono il tetto, mentre il respiro di Giulia si amplifica quando ricomincia a salire verso il suo appartamento. Le fitte ai reni la tormentano ad ogni passo e il respiro si fa ogni gradino sempre più affannoso, mentre il peso del corpo è oltremodo aggravato dallo zaino sulle spalle e il casco integrale nella mano destra, al cui interno sono appoggiate le chiavi di casa e quelle del suo motorino. Ogni articolazione del corpo di Giulia sembra dover cedere all’improvviso sotto il macigno implacabile della stanchezza, che sovrasta la mente della giovane donna.

    Lentamente e impercettibilmente la mano destra si apre lasciando che il pesante casco scivoli via, andando a cadere con impeto sul penultimo gradino della seconda rampa. Il rimbombo provocato dall’impatto con il suolo è fragoroso. Giulia scatta come una bomba ad orologeria, accennando un gridolino, che viene rapidamente soffocato dalla sua mano destra, ormai priva dell’oggetto che prima custodiva. Il casco rotola rimbalzando sugli altri gradini e si ferma dopo poco sul pianerottolo antecedente la seconda rampa, roteando ancora per un po’, capovolto su se stesso.
    Uno... due... tre respiri profondi per Giulia... chiude gli occhi un istante soltanto e, con una smorfia di disappunto sulle labbra, discende la seconda rampa, per andare a raccogliere l’accessorio caduto.
    Allarga le pupille tentando abituarle nell’oscurità dell’ ambiente e, chinandosi sul pianerottolo a tentoni, cerca l’oggetto. La fronte, segnata da quella notte di stremante lavoro, si corruga in pochi attimi in preda ad un dubbio: il casco non sta sul pianerottolo! Eppure aveva sentito che si era fermato proprio lì!
    Si rialza di scatto guardandosi attorno. Con movimenti isterici volta attorno a sé lo sguardo, aguzzando il suo udito per cercare di scorgere ogni minimo rumore. Ferma... immobile... statica su quel pianerottolo, mentre infantili ricordi le ritornano in mente: racconti... paure... manie... tutto ciò che le ha sempre fatto paura ora le scorre rapidamente nelle vene, accompagnato da scariche rabbrividenti di adrenalina.

    Meno di un minuto per convincersi che nessuno può esserci. Ridiscende la prima rampa ora in fretta: forse il casco è rotolato fino nell’atrio e l’udito l’ha ingannata. La luce del lampione, che da fuori illumina l’ingresso del palazzo, mostra però con certezza che il casco non è neanche lì!
    Giulia sbuffa ora adirata per questa strana situazione, a quest’ora e con tutta la stanchezza che ha in corpo. Ferma appena dopo la fine della prima rampa, si porta le mani ai fianchi, continuando a guardarsi attorno e battendo annoiata e indispettita il piede destro. Avanza dunque lentamente verso il portone e, dopo aver appoggiato entrambe le mani al freddo ottone, sporge il proprio volto a guardare attraverso il vetro dell’ingresso: nessuno, a parte due gatti, si intravede per quella via... Giulia scuote il capo, sempre più angosciata e indignata da tale avvenimento. Con lo sguardo ancora rivolto verso l’esterno del palazzo sussurra tra sè: “E ora dove vado? Non ho le chiavi di nulla!”. Con una lenta e sconsolata rotazione del corpo, si volta di nuovo verso le scale e gli occhi si spalancano all’improvviso di acuto terrore: soltanto un rapidissimo istante per riconoscere un’ombra che rapida risale la prima rampa, attraversa lo stretto pianerottolo e corre sulla seconda fila di gradini!
    Giulia retrocede di un passo, andando a sbattere la testa contro il portone. Una fitta di dolore la costringe a portarsi una mano alla nuca, massaggiandosi la parte lesa, mentre la ragazza non distoglie lo sguardo dalle scale.
    Chi...? Cosa...? Come...? Perché...? Una valanga di dubbi e domande attraversano i suoi pensieri e il petto le batte sempre più rapido, ansimando in preda ad angoscia e curiosità. Per un istante le balena l’idea che la sua vista si sia ingannata, o che l’ombra non appartenga per forza ad un essere umano... Con ritrovato coraggio si muove verso le scale, ma il suo corpo sembra opporsi ai suoi pensieri: i movimenti sono lenti e tremanti come a dissuaderla dal risalire di nuovo le rampe. Ma Giulia si ostina, convincendosi sempre di più che in fondo non è nulla, e che nulla potrebbe succederle. Le sue scarpe da ginnastica si posano su ogni singolo gradino, mentre il suo sguardo sbircia verso l’alto per una possibile, ma per lei forse improbabile, sorpresa. Finita la prima, inizia a risalire la seconda rampa e tutto sembra tornato tranquillo e silenzioso.

    La signora Bonosangro dorme già da parecchie ore nel suo appartamento al quinto piano e nulla quella notte potrebbe farle immaginare un suo possibile improvviso risveglio: infatti quella signora è l’unica custode delle copie di ogni signola chiave dei dodici appartamenti dell’intero condominio, ed è proprio da lei che Giulia si sta dirigendo, per farsi aprire casa.
    Raggiunto il primo piano, la ragazza si ferma un attimo, per sospirare osservando i portoni dei due appartamenti, per poi incamminarsi ancora sulla terza e quarta rampa, che portano al secondo piano. Man mano che sale, la luce esterna che illumina l’atrio viene a dileguarsi piano, facendo piombare i piani superiori in un buio sempre più pesto. Giulia faticosamente percorre la rampa antecedente il secondo pianerottolo a testa bassa, cercando di non inciampare sui gradini. Sull’ultimo scalino alza lo sguardo serenamente e ormai rassicurata, quando una figura nel buio si palesa ai suoi occhi a pochi passi di distanza! La ragazza cerca di pensare che è tutto solo frutto della sua immaginazione e che in realtà l’ombra che vede è solo percepita come tale dai suoi occhi.
    Giulia distoglie lo sguardo ed un secondo dopo riporta la sua attenzione ancora sul punto in cui ha visto la figura: quella sagoma è ancora lì, fissa, rivolta verso di lei. Molto lentamente e non levando gli occhi da quel punto, discende all’indietro i primi gradini. Solo tre gradini di tempo per notare che la figura si muove improvvisamente e rapidamente verso di lei. Affretta dunque il suo passo, Giulia, ma sul il sesto gradino posiziona male il piede sinistro e perde equilibrio, rotolando sul pianerottolo prima della rampa che dà sul primo piano.
    Un fortissimo calore al ginocchio sinistro le fà distorcere le labbra di dolore, mentre cerca di rialzarsi, per continuare, più rapidamente che può, a scendere le rampe. Zoppicando avanza gradino dopo gradino, voltandosi dietro a tratti, notando che l’ombra la segue inesorabilmente.
    Giulia riesce ad arrivare in cima all’ultima rampa e un forzato mezzo sorriso le si palesa sul volto, mentre, piegata su se stessa a sorreggersi il ginocchio mancino che le duole per la caduta, comincia a discendere l’ultima rampa che la separa dall’atrio. La lancinante fitta al ginocchio ha la meglio sul terz’ultimo gradino: la gamba di Giulia cede, facendola crollare a terra nell’atrio, a quasi tre metri dal portone. La ragazza si massaggia per un momento la gamba voltandosi poi di scatto in alto verso le scale. L’ultima cosa che riesce a vedere è il suo casco che le viene sbattuto violentemente sul volto.
     
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  2. Nergal
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    Azz... Adrian! Sono rimasto allibito.

    Ma sei sempre così macabro?
     
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  3. Tsam
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    Bello anke questo come racconto Adrian!ci sono solo rimasto male xkè nn ho capito ki era l'ombra....complimenti cmq..ciao
    tsam
     
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  4. CarDestroyer
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    I tuoi racconti sono, invero, traslucidi come una dolce visione demoniaca: prima ti incuriosisce, poi ti terrorizza!
    Buon racconto (lo preferisco a "Sigarette"), però potresti togliere qualche informazione ridondante, come quando ripeti che la ragazza è stanca.
     
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  5. Ray of Darkness
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    Dark, noir, come definirlo? Mi è piaciuto molto, Adrian. Generalmente questo genere di racconti mi ispira parecchio. Complimenti!
     
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4 replies since 23/10/2003, 12:04   118 views
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